C’è che una mattina ti svegli, fa freddo, c’è ghiaccio ed è grigio. Talmente grigio che non sai neanche dove possa essere finita la luce del sole. Così grigio che ti metti a pensare che magari si è fermata la terra e ha smesso di girare, proprio lì in quel grigiore che resterà per tutta la vita. Con quel freddo. Quel ghiaccio. E quelle ragnatele cristallizzate in una specie di zucchero filato.
E se penso a quel ragno che se ne starà rintanato in qualche buco del legno. Bé penso che c'è una certa analogia tre il ragno e me, che me ne sto seduto qui ad osservare il mondo da questo video. La gente che conosco perché l'ho toccata, guardata, ci ho parlato e condiviso il tempo, lo spazio di un luogo. Quella che non conosco, ma che conosco, perché l'ho trovata dentro a questo "mondo", oltre il cavo, lungo le dorsali, nella rete.
Li vedo muoversi veloci, i messaggi che appaiano in piccoli numeri rossi, io che leggo, e mentre leggo ne immagino i visi, le voci, li associo ai luoghi, li sposto lungo la mia mappa immaginaria del mondo, li ascolto raccontarmi la vita, la loro, chiedermi della mia. Ne immagino i pensieri oltre le parole scritte, gli stati d'animo, la felicità, la tristezza, il dolore, il piacere, la rabbia, la tranquillità. Tutto traspare e mi precipita addosso come il freddo che fuori non molla. Rispondo veloce, cerco chi non trovo da tempo, a volte troppo, per anche pensare, solo, di riapparire. Lascio che tutto passi oltre e dilaghi dalla rete, nella mia stanza, oltre di essa fuori della finestra, nell'altra rete. Verso quel ragno che si nasconde nel buco, che aspetta quel sole che oggi ha dato buca qui, ma che splende a Davos e a Doha, dicono gli amici.
E' così in questa stanza, in questo blog, sono come solo. Io scrivo, qualcuno legge, altri commentano, ma di là nell'altra stanza ci sono tutti. Un po' come quando inviti a pranzo degli amici, ti alzi presto, cucini, prepari, impiatti, servi, mesci, mangi (poco), ascolti, parli, gridi, ridi e poi. E poi ti alzi e vai nella tua stanza, da solo lontano dalla caciara, ti siedi sulla tua poltrona, i tuoi libri, il tuo sigaro. Basterà riaprire la porta e tornare di là dalla
maestra, da
mucca, dalla
gentilesignorina, dal
direttore, dal
francotiratore, dal
disegnatore e da tutti gli altri.
Ma ogni tanto mi piace ritornare qui, a riflettere nel silenzio di questa stanza, magari in un banale tentativo di far invidia agli amici sulla neve, che ti smessaggiano, cucinando un:
Rigatone con ragù di guancia e circerchiaL'idea della ricetta l'ho presa dalla
maestra, che appunto sta di là adesso, magari per un po'.
Per quattro persone ho preso un guancia di manzo l'ho pulita della pelle e l'ho tagliata al coltello riducendola ad una sorta di quasi battuto. Ho preparato un soffritto con una cipolla, uno scalogno, due carote e un mezzo "cuore" di sedano. Ho soffritto in olio evo buono, ho fatto appassire e poi ho aggiunto la guancia rosolandola bene, bene, bene, insieme ad un rametto di rosmarino. Ho sfumato con un mezzo bicchiere di vino rosso (buono), ho lasciato evaporare e ho poi aggiunto quattro cucchiai di passata di pomodoro, salato, pepato . Ho fatto andare per un tre ore buone a fuoco bassissimo e coperto.
La cicerchia che per i non indigeni dell'entroterra marchigiano, è una
specie di cece ma più schiacciato, va messa a bagno in acqua e una punta di bicarbonato 48 ore (!) prima dell'uso. Se non ve la siete dimenticate, nell'arco di due giorni può succedere, la lavate bene e la mettete a bollire in acqua, sale e odori (sedano, carota, cipolla e alloro) per un paio di ore. Mezz'ora prima di terminare la cottura del ragù aggiungete la cicerchia scolata. Lessate un bel rigatone Cocco o simile, scolatelo al dente e saltatelo in padella con il ragù, spolverate con parmigiano grattugiato e servite con un filo d'olio.
Saranno pure stati a Davos, ma questo non lo hanno mangiato di sicuro.