Raccontami una storia
Appare quasi all’improvviso, la porta della cucina scorre nel muro e lui è li sulla soglia che si rimbocca una manica della felpa. Fuori il grigiore dell’alba ha lasciato il posto ad un tiepido sole invernale prenatalizio. Lo guardo con attenzione mentre richiude la porta e si dedica a rimboccare la seconda manica, lo fa con fare deciso tirando con la mano e spostando l’altro braccio verso l’alto. Mi chiedo se quell’espressione seria nasconde un velo di contraddizione, magari è arrabbiato: la promessa ieri sera era che lo avrei svegliato presto per preparare la pizza, ma non era il caso alle sei di tirarlo giù dal letto, per fare cosa poi, le pieghe ?! L’ho lasciato dormire fino a che non si è svegliato da solo, si è vestito come il giorno prima, ha deciso lui, non poteva perdere tempo, e ora è qui davanti a me che litiga con le maniche della felpa, mentre lo aiuto a portarle oltre il gomito mi dice “Grazie papà ! Mi metti anche il grembiule?! Che se mi sporco chi la sente mamma!”. Gli metto un grembiule, e mi meraviglio che gli cominci ad andare bene, è quasi giusto. E’ cresciuto !
Lo metto a preparare gli ingredienti della pizza: tagliare la mozzarella a dadini, ridurre il prosciutto in dimensioni che siano sottomultipli di una fetta, e tutto quello che un bimbo di centotrentasette centimetri riesce a fare. Lavora, felice di essere nella stessa stanza con il suo papà. Non importa cosa facciamo, l’importante è farlo insieme. E mentre lo fa, parla, racconta di tutta la settimana che io non c’ero, della scuola e dei compiti, dei suoi compagni di Michele di Davide del nuovo posto che la maestra gli ha assegnato di banco, del nonno della nonna di suo cugino e di dove sia arrivato con un gioco che faccio finta di capire quale sia.
Ha talmente tanti argomenti che comincio a dubitare che l’arco temporale sia una sola settimana. Magari non è neanche tutto vero, quando sei bambino e sei felice, parli, racconti, inventi, lavori di realtà e condisci di fantasia, amalgami gli ingredienti di una ricetta, di un filtro da far bere a chi ti ascolta, per tenertelo vicino, per fare in modo che il suo livello di interesse non decada, che non si annoi del tuo raccontare, lo facevo io perché non può farlo lui ?
La sua voce è una musica di sottofondo, le parole, il racconto, perdono importanza, non è la storia a colpirmi ma il suono. Il suono della sua voce è quello che conta. Il suono. Perderò sempre il filo di chi mi parla perché io ascolto solo la sua musica, come adesso questa di Matteo che gorgoglia, ride e fa domande. Metto lì dei “certo!” dei “come no!” un po' casuali, e lui riparte e io mi godo questi momenti. Starei ad ascoltarlo per ore. In questi ruoli invertiti, che il tempo ha invertito. Da piccoli loro ad aver bisogno della fiaba della notte, del conforto della voce, del suono prima di addormentarsi. Da grandi tocca a noi. Siamo noi ad aver bisogno delle loro voci, delle loro parole, della loro attenzione, sentire che si, ci sono, e non se ne sono ancora andati. Ancora no.
E allora facciamo così: tu raccontami una storia, che io ti insegno a fare
La Pizza
Cominciamo con il dire che il mio stomaco è una cartina di tornasole per la pizza. Io posso mangiarla in 3 posti tre in tutta Italia, se lo faccio in altri posti passo notti insonni a bere quintali di "canarini" e digestioni stagionali per digerire l'ammasso informe che ho ingoiato. Quindi evito. Ero arrivato anche a non farla più in casa non riuscivo a trovare la quadra per una pizza buona e digeribile. Poi un giorno mi imbatto in un post di Paoletta sfuggitomi al momento della pubblicazione, leggo, cerco su internet, leggo ancora, arrivo a leggere un trattato di chimica sul glutine. Poi mi decido
Chiaramente cambio un poco la ricetta della Paoletta e faccio "mea culpa mea grandissima culpa" verso il Maestro che mai potrebbe concepire un impasto senza incordatura, e vado con
350 gr di farina di grano tenero 0;
250 gr di Manitoba (se da qualche mulino trovate la manitoba 0, meglio !);
200 gr di rimacinata di grano duro (io uso la Senatore Cappelli) ;
30 gr di fiocchi di patate (anche quelli per puré basta che siano solo patate);
5 gr di lievito secco per pizza ( quello fresco ho scoperto molte volte è andato) comunque si! solo cinque grammi;
10 gr di farina maltata (o un cucchiaino di malto oppure di zucchero);
15 gr di sale che va messi lontano dal lievito (a metà impasto);
30 gr di olio evo
... e per finire 640 gr di H2O (idratazione al 80%)
Avrete per le mani un impasto appiccicosissimo, che dovrete trattare con una spatola e pianissimo, finché tutti gli ingredienti non saranno ben amalgamati. Non fategli più nulla copritelo con la pellicola e mettetelo in frigo per 24 ore (zona in basso) o in un luogo in cui la temperatura sia tra i 2 e i 6 gradi. Io di questi tempi uso il garage !!
4 ore prima di cuocere stendete l'impasto sulla vostra "spianatora" che avrete cosparso di farina di grano duro rimacinata. non abbiate paura, riuscirete a lavorarlo anche se all'inizio pensate il contrario. Allargate l'impasto e dategli le pieghe classiche (tipo le pieghe finali di un lenzuolo). Dopo due ore dividetelo nei panetti che vi occorrono, 4 per le quantità indicate. e dopo un'altra ora ancora stendetelo sulle teglie senza cospargerle di olio, la pizza risulterà più croccante. Cuocetele alla massima temperatura che il forno vi consente (almeno 250° anche se ne servirebbero di più) prima nella parte bassa del forno e poi in quella alta. Un trucco usate la funzione grill ventilato nella penultima posizione delle griglie per dargli il colpo finale.
Vi devo dire anche come condirla ? Eh certo ! Poi vi vengo a spazzare pure per terra.
Quello sopra che stende la pizza è il mio cantastorie preferito.
Lo metto a preparare gli ingredienti della pizza: tagliare la mozzarella a dadini, ridurre il prosciutto in dimensioni che siano sottomultipli di una fetta, e tutto quello che un bimbo di centotrentasette centimetri riesce a fare. Lavora, felice di essere nella stessa stanza con il suo papà. Non importa cosa facciamo, l’importante è farlo insieme. E mentre lo fa, parla, racconta di tutta la settimana che io non c’ero, della scuola e dei compiti, dei suoi compagni di Michele di Davide del nuovo posto che la maestra gli ha assegnato di banco, del nonno della nonna di suo cugino e di dove sia arrivato con un gioco che faccio finta di capire quale sia.
Ha talmente tanti argomenti che comincio a dubitare che l’arco temporale sia una sola settimana. Magari non è neanche tutto vero, quando sei bambino e sei felice, parli, racconti, inventi, lavori di realtà e condisci di fantasia, amalgami gli ingredienti di una ricetta, di un filtro da far bere a chi ti ascolta, per tenertelo vicino, per fare in modo che il suo livello di interesse non decada, che non si annoi del tuo raccontare, lo facevo io perché non può farlo lui ?
La sua voce è una musica di sottofondo, le parole, il racconto, perdono importanza, non è la storia a colpirmi ma il suono. Il suono della sua voce è quello che conta. Il suono. Perderò sempre il filo di chi mi parla perché io ascolto solo la sua musica, come adesso questa di Matteo che gorgoglia, ride e fa domande. Metto lì dei “certo!” dei “come no!” un po' casuali, e lui riparte e io mi godo questi momenti. Starei ad ascoltarlo per ore. In questi ruoli invertiti, che il tempo ha invertito. Da piccoli loro ad aver bisogno della fiaba della notte, del conforto della voce, del suono prima di addormentarsi. Da grandi tocca a noi. Siamo noi ad aver bisogno delle loro voci, delle loro parole, della loro attenzione, sentire che si, ci sono, e non se ne sono ancora andati. Ancora no.
E allora facciamo così: tu raccontami una storia, che io ti insegno a fare
La Pizza
Cominciamo con il dire che il mio stomaco è una cartina di tornasole per la pizza. Io posso mangiarla in 3 posti tre in tutta Italia, se lo faccio in altri posti passo notti insonni a bere quintali di "canarini" e digestioni stagionali per digerire l'ammasso informe che ho ingoiato. Quindi evito. Ero arrivato anche a non farla più in casa non riuscivo a trovare la quadra per una pizza buona e digeribile. Poi un giorno mi imbatto in un post di Paoletta sfuggitomi al momento della pubblicazione, leggo, cerco su internet, leggo ancora, arrivo a leggere un trattato di chimica sul glutine. Poi mi decido
Chiaramente cambio un poco la ricetta della Paoletta e faccio "mea culpa mea grandissima culpa" verso il Maestro che mai potrebbe concepire un impasto senza incordatura, e vado con
350 gr di farina di grano tenero 0;
250 gr di Manitoba (se da qualche mulino trovate la manitoba 0, meglio !);
200 gr di rimacinata di grano duro (io uso la Senatore Cappelli) ;
30 gr di fiocchi di patate (anche quelli per puré basta che siano solo patate);
5 gr di lievito secco per pizza ( quello fresco ho scoperto molte volte è andato) comunque si! solo cinque grammi;
10 gr di farina maltata (o un cucchiaino di malto oppure di zucchero);
15 gr di sale che va messi lontano dal lievito (a metà impasto);
30 gr di olio evo
... e per finire 640 gr di H2O (idratazione al 80%)
Avrete per le mani un impasto appiccicosissimo, che dovrete trattare con una spatola e pianissimo, finché tutti gli ingredienti non saranno ben amalgamati. Non fategli più nulla copritelo con la pellicola e mettetelo in frigo per 24 ore (zona in basso) o in un luogo in cui la temperatura sia tra i 2 e i 6 gradi. Io di questi tempi uso il garage !!
4 ore prima di cuocere stendete l'impasto sulla vostra "spianatora" che avrete cosparso di farina di grano duro rimacinata. non abbiate paura, riuscirete a lavorarlo anche se all'inizio pensate il contrario. Allargate l'impasto e dategli le pieghe classiche (tipo le pieghe finali di un lenzuolo). Dopo due ore dividetelo nei panetti che vi occorrono, 4 per le quantità indicate. e dopo un'altra ora ancora stendetelo sulle teglie senza cospargerle di olio, la pizza risulterà più croccante. Cuocetele alla massima temperatura che il forno vi consente (almeno 250° anche se ne servirebbero di più) prima nella parte bassa del forno e poi in quella alta. Un trucco usate la funzione grill ventilato nella penultima posizione delle griglie per dargli il colpo finale.
Vi devo dire anche come condirla ? Eh certo ! Poi vi vengo a spazzare pure per terra.
Quello sopra che stende la pizza è il mio cantastorie preferito.