30 maggio 2007

Tal

Sinceramente, non so se le cose stiano come le sto per raccontare, o se la realtà sia diversa, a me, però, piace pensare che sia così. E' però vero che c'è un fiume che si chiama Simme, ed è vero che questo fiume nasce da un ghiacciaio che si chiama Plaine Morte, il fiume viaggia per una sessantina di chilometri prima di tuffarsi nell'Aare e poi con questo nel Reno. Nel suo cammino attraversa una valle carina, bella e pittoresca, tipica valle Svizzera. In tedesco valle si dice "Tal", il plurale Taler, così quando vi ritrovate a mangiare un pezzo di Emmentaler vi ricorderete che viene prodotto in una valle Svizzera dove passa un fiume che si chiama Emme.
Però nella valle di Simme non producono formaggio, o meglio un formaggio famoso, d'altronde credo che di alpe che facciano formaggio ne sia piena la valle. Quello che a noi interessa è un altro prodotto, che rende famosa questa valle: una vacca, meglio, una razza bovina, ottima per la produzione di carne: la Simmental. Non fate quella faccia, nessuno si inventa più niente, di solito si sfrutta ciò che già c'è, magari cambiando una lettera, una "h". Comunque questa razza ha il ceppo originario qui in Svizzera, ceppo dal quale poi sono nati o derivati gli altri ceppi europei: la tedesca, e la 'striaca.

Io non so se quelli della scatoletta abbiano chiesto il permesso a qualcuno, sempre che ci fosse quacuno a cui chiedere. Oppure se uno di loro sia finito a Lenk il paese più famoso della valle per una vacanza agreste. O se magari abbiano aperto la cartina e puntato il dito, come quella pubblicità "Why Praga?", roba che se beccano la Valbrembana te voglio a vender scatolette.

Io non so come sia andata, so solo che la prima volta che mangiai questo piatto faceva caldo, era estate ed ero seduto in giardino, a cucinare era la mia mentore culinaria Svizzera, di origine cremonese. La Lucia aveva fatto l' "aletta" con un'insalata di fagioli, patate e cipolla, mentre mangiavamo mi spiegava la ricetta e la variante della gelatina per poterla conservare in frigo anche un paio di giorni. Fu Leo che con la bocca piena e lo sguardo nel piatto osservò che l'aggiunta di gelatina avrebbe ricordato la scatoletta, ma che il sapore sarebbe stato tutt'altra cosa, per questa:

Aletta in gelatina, con insalata di patate e gelatine di Kirsch





Procuratevi un pezzo di aletta o giulietta oppure una paio di guance (utilizzate nell'ultima ricetta) di un bel manzetto certificato dal vostro macellaio, mettete a lessare la carne con una carota, una costa di sedano, una cipolla, 2 chiodi di garofano e due foglie di alloro, salate. Lasciate bollire per almeno un paio d'ore, e comunque fintanto che la carne risulterà tenere se infilzata con la punta di un coltello o di un forchettone. Lasciate raffreddare la carne nel suo brodo, nel frattempo preparate la gelatina, potete usare quelle in commercio: fogli o polveri, quella naturale è troppo impegnativa, lasciate raffreddare la gelatina, senza metterla in frigo. Versate in uno stampo mezzo centimetro di gelatina e mettete in frigo finché non risulterà rappresa. Affettate parte della carne conditela con un emulsione di olio (3 cucchiaini) e la punta di un cucchiaino di miele, correggete di sale e disponete nello stampo, aggiungete dei pinoli e dei pistacchi tagliati grossolanamente, coprite la carne con la gelatina e fate rapprendere in frigo. Ripetete l'operazione finché non finite la carne.
Preparate la gelatina di kirsch mettendo a bollire 200ml di acqua, due cucchiai di zucchero e due cucchiai di kirsch, aggiungete 100 gr circa di ciliege denocciolate a fate alzare il bollore, scolate le ciliege che terrete da parte e aggiungete 4 fogli di gelatina che avrete ammollato in acqua fredda. Lasciate raffreddare disponete in uno stampo, e poi reincorporate le ciliege cercando di disporle in modo che ne risulti una per ogni gelatina una volta tagliata.
Servite la carne con un'insalata di patate bollite o con dei fagioli borlotti e cipolla.
Auf wiedersehen


27 maggio 2007

Noi siamo la.. la...


Mi prendo il caffè, lo sguardo perduto fuori del finestrone della cucina, il grigiore dell’alba sul nostro giardino.
Quell’albero la fuori, che invade per un terzo la nostra proprietà, comincia a dire la sua, oramai le ciliegie sono mature. Effettivamente qualche pomeriggio fa “spaccaball” ha tentato un’arrampicata improbabile sulla recinzione, per arrivare ai frutti più bassi; un mio “urlo” da casa lo ha fatto desistere. Se non sbaglio credo che un articolo del codice civile “mi autorizzi” a raccogliere i frutti. Per la verità anche il legittimo proprietario dell’albero, nonché nostro vicino, mi ha pregato, dopo aver visto i tentativi del piccolo, di raccoglierle, e anzi di entrare anche nella sua proprietà per farlo “… che se no va sprecate!”. A me però piace godere di quel senso di trasgressivo di “non si fa”, che solo chi ha vissuto l’infanzia in campagna può capire, a me piace andarle a “fregare”…

… Eravamo un gruppetto di ragazzini adolescenti nel jukebox del "circolo" (bar) del paese potevamo scegliere: Rimmel, Sabato pomeriggio, Wish you were here; Elvio nella sua 500 aveva messo un mangianastri Stereo8 e in regalo aveva rimediato la 19^ raccolta di Fausto Papetti. Fumavamo raramente qualche sigaretta, più spesso “fustigoni” pezzi dei tralci della vitalba, che ci facevano girar la testa più delle sigarette, il pomeriggio giocavamo al biliardo nella sala superiore del circolo, oppure ci rintanavamo in una stanza messa a disposizione dal parroco, che noi chiamavamo “IlClub”, ci sentivamo grandi. Rimanevamo fuori casa per tutto il giorno, rientrando solo per pranzo e cena, impegni che risolvevamo in meno di mezz’ora. Vagavamo per le strade del paese, oziando felicemente, qualche volta salivamo su vecchie bici arrugginite e dopo una quindicina di chilometri di strada ci tuffavamo nel fiume, nel “gorgo” di Madonna del Piano. La sera ci ritrovavamo sulle scale della chiesa, qualcuno di noi aveva una chitarra, strumento che oltre a suonare doveva attrarre l’attenzione dell’altro sesso, impresa peraltro fallimentare per tutti. Restavamo lì fin verso le dieci, poi la noia prendeva il sopravvento: “Che famo?” la domanda restava sospesa nel silenzio della sera e poi partivamo, spinti dalla vaga proposta lanciata da qualcuno: “Andamo a fregà qualcosa …”. L’oggetto dei furti era sempre vegetariano, non credo che fosse dovuto ad una indole naturista, ma sinceramente campi di salsicce o alberi di braciole non ne trovammo mai. Le fave le rubavamo dal campo di “Santin ‘mbirbo”, le ciliegie giù al “Massa” dalla casa sulla curva, le albicocche e le prugne erano sotto ai lampioni della via principale, per le pannocchie toccava fare molta più strada, ma erano dolci morbide e le si mangiavano senza cuocerle. Si diventava famosi, importanti, se si scopriva un nuovo “sito” per i furti. Fu così che un giorno, in pieno pomeriggio, il più grande di noi ci portò a rubare delle pesche. Ai voglia a protestar che quelle cose si dovevano far di notte, arrivammo in pieno “solleone” e non feci in tempo neanche a riempirmi una tasca dei pantaloni, che il contadino ci beccò subito. Era Inc***to come una biscia, sotto la minaccia di un bastone e di un cane (grosso), ci portò alla caserma dei carabinieri. Io mi disperavo non tanto per il futuro della mia fedina penale, ma per il futuro di botte che avrei rimediato da mio padre. Il maresciallo ci fece una ramanzina cattiva e buonista allo stesso tempo, ci tenne in piedi per una buona mezz’ora a vederlo camminare avanti e indietro per la stanza. Debbo dire che fece il suo dovere ineccepibile e “paternalista” fin quasi alla fine, fin quando non commise l’errore di tutta una vita: “E se poi volevate le pesche potevate chiederle, perché se le avreste chieste Lui (il contadino) ve le avrebbe date”. Uscimmo sollevati dell’esito finale, avevo salvato la fedina penale, non restava che salvare il resto da mio padre, e mentre ce ne tornavamo verso “IlClub”, in preda ad un euforia da rilascio di stress, colui che aveva proposto "l'alzata d'ingegno", dimostrò tutta la sua indole reazionaria. Si voltò e se ne tornò verso il campo di pesche, alle richieste di spiegazioni rispose da lontano, voltandosi e camminando all’indietro “Il maresciallo ha detto che se le chiediamo, Lui ce le dà e io gliele vado a chiedere…”.Ci scapparono le botte, un morso di cane, genitori in caserma; la leggenda metropolitana racconta che una mattina il contadino si ritrovò l’albero segato a terra. Non so se finì così, il ribelle non fece più parte della nostra combriccola e noi continuammo a “fregare” la frutta di notte senza far rumore e neanche troppo danno.

Ecco perché le ciliegie del vicino le raccolgo alle sei della mattina, così se qualcuno mi vede immagina che me le sto fregando, come quando ero bambino…

Crostata di pesche e ciliege "fregate" su crema pasticcera.


Per la frolla seguite la ricetta della crostata classica qui, prima di infornarla copritela con della carta forno e appoggiatevi del peso per evitare che si gonfi, cuocetela in forno caldo a 180° per non più di quindici/venti minuti, deve rimanere abbastanza friabile, di più la renderebbe durissima (ve lo garantisco). Lavate le pesce e le ciliege, fate le prime a spicchi e dividete a metà le seconde snocciolandole. In una pentola antiaderente mettete le pesche aggiungete acqua fino a metà della frutta e un cucchiaio di zucchero, mettete sul fuoco e portate ad ebollizione, togliete dal fuoco e scolate le pesche che lascerete raffreddare. Ripetete l'operazione per le ciliege. Preparate una crema pasticcera con tre tuorli d'uovo, che monterete con la frusta insieme a due cucchiai di zucchero, aggiungete la buccia di un limone grattugiato, e incorporate due cucchiai di farina e 300cl di latte. Cuocete a bagnomaria finché la crema non risulterà densa. Lasciate raffreddare per un paio d'ore, poi versate la crema nella forma di frolla e mette in frigo per un'ora. Nel frattempo preparate una gelatina per guarnire la crostata: ammollate due fogli di gelatina in acqua fredda per 5 minuti, a parte portate ad ebollizione 100cl di acqua in cui avrete spremuto mezzo limone e aggiunto due cucchiai di zucchero. Togliete dal fuoco e incorporate i fogli di gelatina allo sciroppo e girate velocemente con una frusta, lasciate raffreddare. Montate la crostata disponendo la frutta sulla superficie, a vostro piacimento, versate lo sciroppo oramai freddo rimettete in frigo per un'ora.

uuufff .... lunga è?


P.S. sulla frutta chiaramente potete sbizzarrirvi, l'importante che non vi ritroviate davanti ad un GIP, i tempi oggi sono cambiati.

P.P.S. il giorno dopo questa crostata è ancora più buona, sempre che riesca a vedere il sorgere di un'altro giorno :))

23 maggio 2007

Culturalmete... al dente

Oggi Maurice risponde alla richiesta di un suo lettore: se il cibo sia effettivamente cultura, è questa in sintesi, da me tradotta, la domanda o l’asserzione di Francesco. Mi inserisco, senza invito, non me ne vogliano i diretti interessati, nella loro “chiacchierata”.

Non credo ci possano essere alternative: il cibo e la cucina, sono radicati in noi come, la lingua, l’educazione, e il nostro DNA, è quindi Cultura. Nessuno ci ha mai insegnato a mangiare dei sofficini, o i quattro salti in padella, noi sappiamo, per imprinting naturale, che la pasta si lessa prima in acqua e sale, e poi si condisce con il sugo. E così la pasta con le triglie e i porcini di Maurice, non ha niente a che vedere con i mari e monti della findus. La prima è l’incontro, l’amalgama, la fusion(e) di due culture di due esperienze individuali quella di due donne/madri a diretto contatto con chi crea il piatto. La findus si rifà ad un “classico” degli anni ’80, quando la sterilità delle idee non riusciva ad andare oltre ad un piatto di pesce, uno di funghi, e ad un terzo: mix dei due (non fusione), ne scaturiva uno dei primi contrasti culinari da pizzeria, che mirava più ad impressione sulla carta che in bocca, chè alla fine mangiavi gamberi e calamari congelati con funghi, come oggi, soltanto che oggi anche la pasta è congelata.

E così come dice Francesco chi cucina in territori poco fortunati, come il suo … e anche il mio va là… se lo fa bene, ricercando un prodotto autoctono, l’ingrediente fatto come un tempo, la geniunità, in sintesi la “MATERIA PRIMA” (come oggi si dice, e che a me non piace) d’eccellenza, fa Cultura. E’ un po’ come entrare in museo delle Tradizioni Popolari, solo che invece di guardare... chiudi gli occhi e assapori, e in quel momento devi poter apprezzare qualcosa di "superiore", quasi "unico" perchè il cibo alla fine, come dice Olivier, è solo memoria, ricordo.

E’ questo che può farci sopravvivere in futuro. Non potremo mai più essere competitivi, nell’agricoltura massiva e nell’industria, in un Europa nuova dove dobbiamo confrontarci con queste realtà. Dobbiamo invece valorizzare quello che abbiamo sotto i nostri piedi, una cultura, fatta anche di cibo di prodotti unici che già noi, conosciamo poco. Dobbiamo prepararci per quelli che hanno bisogno di ritrovare i piaceri piccoli, di quando eran bambini, di quando la casa si riempiva del profumo di sugo della domenica, di quando per mano ai nonni o ai padri entravano in osteria e si compravano un ghiacciolo, o una gassosa nella bottiglietta trasparante. Dobbiamo tornare ad essere quelli che eravamo.
Un blog per cominciare? E perchè no? Io sono già curioso di mangiare da Red.

22 maggio 2007

(Ri)conoscenza

- Ma che animali sono quelli ?
- Scampi.
- E che animale è lo scampi ?
- Si dice scampo, Matteo, scampi quando sono tanti.
- Aah (...) allora ?
- Allora che ?
- Che animale è lo scampo, scampi se sono tanti?
- ...E' un pesce.
- ... ma mi sa che è duro, è ?
- Si è come un granchio,fuori ha come una corazza.
- E noi li mangiamo questo scampo, scampi se sono tanti, che sono nei barattoli ?
- No Matti, mangiamo solo l'olio.
- ... Quale olio ?
- ... Quello che c'è dentro al barattolo
- ... Aaah quello lì?
- Si
- A me me pareva acqua ?
- Si dice: "a me sembrava acqua".
- Anche a te ?
- No Matti, io so che è olio.
- E come l'hai imparata questa cosa?
- L'ho letta su di un libro, il libro di una grande cuoco.
- E come si fa?
- Si prendono un chilo di scampi, si lavano, e si mettono a sbollentare per cinque minuti, si tolgono le code (anche prima di sbollentarli volendo), e poi le teste e le chele si tagliano con un coltello, e si mettono ad essiccare in forno per tre ore a 120°. Si lasciano raffreddare e gli si tolgono gli occhi, si prendono due barattoli ci si mette dentro una mezza testa di aglio, due foglie di alloro, un rametto di timo e un mazzetto di
dragoncello, poi si mettono le teste e le chele degli scampi. Si coprono completamente con una miscela di olio composta da 2/3 di olio di mais e 1/3 di olio di oliva. Si sigillano i barattoli e si mettono a bollire in una grossa pentola con l'acqua che arriva al tappo per 45 minuti.
- Poi li mangi.
- No poi li tieni in frigorifero per almeno otto giorni e poi....
- li mangi...
- Se vuoi... una volta che il barattolo è aperto l'olio dura, in frigo, per parecchie settimane, altrimenti sigillato in un luogo fresco per parecchi mesi.
- ... e poi li mangi.
- Poi con quest'olio ci condisci delle insalate di pesce o del pesce bollito o cotto al vapore, Michel Roux dice che ottimo anche su degli asparagi lessati.
- Ma noi quando mangiamo?
- Tra poco.
- Ma a me mi fai mangiare quei scampo, scampi se sono tanti?
- No tu mangi le lasagne.
- .... Aaaah me pareva!!!!!

E con le code ? Semplice.

Spaghettine di Benedetto Cavalieri con code di scampi al limone.


In una padella fate rosolare un paio di spicchi di aglio in poco olio buono, appena comincia a colorire tuffate 3 pomodorini che avrete spellato dopo aver sbollentato per pochi secondi, aggiungete un pezzetto di peperoncino piccante e lasciate andare a fuoco vivo per un paio di minuti. In una pentola con abbondante acqua salata, lessate 80 grammi/persona di "spaghettine Benedetto Cavalieri" pastificio in Maglie (in alternativa usate delle linguine). Salate la salsa di pomodoro e aggiungete gli scampi, lasciateli cuocere per tre o quattro minuti, scolate la pasta molto al dente e saltatela in padella, finendone la cottura con parte dell'acqua da cui l'avete scolata, lasciate addensare il condimento, spegnete il fuoco e aggiungete un mazzetto di prezzemolo tritato finemente e la buccia di un limone (per 4 persone, e di conseguenza) fatta a julienne sottilissime, impiattate e condite con un goccio di olio buono a crudo.
Buon divertimento...

20 maggio 2007

A volte ritornano

Domenica come tante, famiglia divisa tra passioni sportive e cultura musicale. Qualcuno si pedale un tre ore di strada, in un silenzio quasi assoluto. Qualcun'altro accompagna la giovane promessa bandistico/clarinettiana ad un' eufonia concertistica fuori comune e fuori provincia.... otto chilometri da casa.
Il tempo di tornare e preparare un piatto veloce e con quello che hai. E quello che hai è ciò che rimane dalla visita di un paio di cari amici che si sono attraversati mezza Italia per venerti a trovare,... e che a volte, per fortuna, ritornano. Ma quello che hai sono anche gli ingredienti per un piatto che tempo fa, uno chef con faccia da bravo ragazzo, aveva postato (se non ricordo male) nel suo vecchio blog che ora non c'è più. Ma che anche lui, buon per noi che lo leggiamo, è ritornato, con una nuova veste.

E allora eccola quà una:


Carbonara di spaghetti "Cocco", con "tonno", zucchine e i fiori.


Per noi quattro: batto due rossi e un uovo intero, aggiungo poco latte, parmigiano, noce moscata, sale e pepe. Faccio saltare due zucchine fatte a tocchetti a cui ho eliminato parte del bianco interno, lavo i fiori di zucca e li tengo da parte. Riduco a tocchetti un paio di etti di tonno freschissimo. Lesso gli spaghetti, usate gli "spaghetti a matassa" della linea "sfoglia grezza" di Giuseppe Cocco, li scolo al dente li salto nella padella, a fuoco vivo, con le zucchine i fiori e il tonno che si scotterà appenna. Spengo la fiamma aggiungo poco olio buono, verso le uova e le lascio rapprendere a crema con il calore residuo della padella. Li servo sui piatti e li vedo scomparire nell'arco di cinque minuti. meno male che gli amici... ritornano.

17 maggio 2007

Che ci vuoi fare !

Il mio Enotecario di fiducia è anche il mio vicino di casa. Un ragazzo calabrese con un passato professionale fiorentino, un corso da sommelier da terminare, e qualcosa che ha a che fare con i treni, gli Orient Express o simili. Ci divide una recinzione, ci unisce, oltre alla passione per il vino, un'amicizia tra il suo cane: "Sonny", e mio figlio "Matteo".
I due passano interi pomeriggi a chiacchierare, il cane seduto ascolta il bambino che racconta di storie. Il bambino parla e fa domande al cane, il cane risponde, ne sono certo, mio figlio annuisce, oppure si mette a disquisire quando il cane, probabilmente, la pensa in modo diverso.
A volte capita che il cane dia un paio di abbai, allora Matteo smette di fare quello che sta facendo, apre la finestra si affaccia, e parla con il cane. Gli spiega che in quel momento non può stare con lui, o lo rassicura che di lì a pochi minuti arriverà.
E comunque, il tema non è questo, ma un'altro: ieri ho chiamato il mio enotecario di fiducia, il padrone del cane, e gli ho ordinato un paio di casse di Menabrea. Con voce delusa e dispiaciuta, mi a spiegato che quella birra non la tiene più, mi ha spiegato che i locali della zona, lui serve anche bar e ristoranti, chiedono le birre famose, quelle pubblicizzate in tv, quelle che vengono fabbricate con un processo industriale massivo, quelle fabbricate a bassa fermentazione, quelle che il luppolo o il malto arriva scaricato da cisterne e forse da posti dove il luppolo e il malto non sanno neanche a cosa serve.
Era triste, il mio enotecerio di fiducia, il padrone del cane, l'amico di mio figlio, e mi ha detto che mi farà avere comunque una selezione di birre artigianali, che si procurerà per me e per lui, era proprio triste.
Ne ho parlato con Lella, chè si uno vive in posti belli, forse, tranquilli,come diceva "Red" qui, ma che è dura. E' dura, fare qualcosa di nuovo, di diverso, che non sia "standard" e sempre uguale. Figurati aprire un ristorante, che piatti dovresti servire? Figurati se capirebbero un Guancalmaz o un risotto alla liquirizia. Al massimo potresti presentare una:

Frittata con le vitalbe


Ci tengo aprecisare che questo piatto per me è di gran lunga superiore a molti altri.
La vitalba si arrampica lungo i cigli della strada dove vado a correre la mattina, ha un aspetto sfrecciante, è velenosa se si mangiano le parti vecchie, non ho notizie di casi di avvelenamento, e i miei figli ne mangiano a crepapelle. Si raccolgono i getti giovani e teneri, li si lavano bene, anche se nessuno ci mette nulla, li si sbollentano per cinque minuti e poi si passano in una padella con olio buono e uno spicchio d'aglio, li si fanno insaporire e poi ci sibutta sopra un quattro uova, per due persone, ben battute e condite con sale, pepe e parmigiano. La si mangia tra due fette di pane o in un panino e la si accompagna con una bella birra ambrata fresca.

16 maggio 2007

Ricette sparse (9)

Pianta erbacea originaria delle Indie, di odore assai grato, che si coltiva negli orti per condimento ai cibi, ed è l'ocismum BASILICUM (regio dei botanici, cosi detto per il suo grato odore, quasi degno di re). O perchè un dì si pretendeva che generasse il basilisco, animale favoloso supposto nato dall'uovo del gallo, che col guardare reca la morte.

Da bambino non sapevo a cosa servisse quella pianta sulla terrazza assolata nell'estate Viareggina. Se ne stava lì, nel vaso rettangolare, tra ombra e sole. La mattina la ritrovavo circondata da piccole pozze d'acqua, che duravano, l'istante di un attimo, appena il sole le trovava. Profumava i miei pomeriggi, passati in ginocchio a scrivere parole con un pennello intinto in una tazza d'acqua. Ogni tanto credevo di ritrovare in bocca quel profumo mangiando la pasta col sugo di mia nonna. La funziona per la quale veniva coltivata, per me era una sola: quando stavamo per uscire, io e mio zio, lui si diregeva sulla terrazza, carpiva un paio di foglie, le arrotolova e se le infilava dietro l'orecchio destro. Uscivamo di casa giravamo a destra verso il canale, passavamo davanti al banchetto del venditore di cocomeri, al giornalaio con il merlo indiano, al ponte di ferro girevole e arrivavamo al molo. Ogni tanto carpivo il profumo, di basilico, in mezzo a tanti altri, e allora guardavo l'orecchio di mio zio, osservavo quelle foglie, passare, nell'arco della giornata, dal verde chiaro brillante al verde scuro della sera. Tornati a casa sparivano, lasciando quell'aurea di profumo intorno alla sua testa.
Oggi ne so qualcosa di più.

Trofie "San-Lorenzo" al pesto

Lavate bene le foglie di un paio di piante di basilico,asciugatele bene senza schiacciarle. La quantità dovrebbe bastare per circa otto persone oppure per quattro e per il piatto successivo. Qui il purista dovrebbe prendere il suo mortaio e dar giù di colpi, ma visto che il progresso aiuta: mettete il vostro frullatore, lame comprese, o il vostro robot (mi limiterei al contenitore di plastica) in congelatore almeno mezzora prima dell'operazione. Inserite 100gr di parmigiano a tocchetti e 40gr di pinoli, precedentemente tostati in una padella antiaderente e fatti raffreddare. Sminuzzate il tutto, incorporate il basilico e un paio di spicchi d'aglio (qui è questione di gusto io non ne metto... ma il vero pesto lo vuole) e frullate per 10-15 secondi aggiungete circa 70 grammi di olio, altri 5 secondi di lame alla massima velocità e il vostro pesto dovrebbe avere la consistenza di una crema. Metteto in frigo coperto con la pellicola fino al momento dell'utilizzo. Cinque minuti prima di buttare la pasta, mettete a bollire i fagiolini nella stessa acqua, poi buttate la pasta e le patate fatte a tocchetti la proporzione dovrebbe essere di 70gr di pasta, 50 gr di fagiolini e 50 gr di patate. Fate cuocere per 15-18 minuti (se avete una pasta diversa che vuole meno tempo, regolatevi di conseguenza per le verdure), le trofie della San-Lorenzo, sono comunque l'ideale, scolate tutto assieme, condite con il pesto e con un filo d'olio.


Gnocchi al pesto con ragù di verdura


Per gli gnocchi seguite la preparazione classica descritta, a suo tempo, qui, ma aggiungete, al momento di impastare tre cucchiai del pesto, o tutto quello che è avanzato dalla ricetta sopra. Dovrete aiutarvi con maggior quantità di farina. Per il ragù cuocete anticipatamente tutte le verdure: zucchine, melanzane e funghi, separatamente saltandole in padella antiaderente con poco olio per una decina di minuti ciascuna. Cuocete al forno un peperone, che pulirete dalla buccia "bruciacchiata" e incorporerete alle altre verdure. Preparate dei pomodorini confit: sbollentate in acqua per un minuto una decina di pomodorini che avrete inciso nella parte superiore, spellateli, eliminate i semi e metteteli in una placca da forno, condite con sale, olio, origano ed un cucchiaino di zucchero. Infornate a 100° per irca due ore. Poco prima di servire, mettete le verdure in una padella capiente, lessate gli gnocchi in abbondante acqua salata scolateli e incorporateli alla verdura che avrete "allungato" con un poco di acqua di cottura. Saltate gli gnocchi, spegnete la fiamma e spolverate con un poco di parmigiano, impiattate e servite con un filo di olio in cui avrete sciolto un cucchiano di pesto (che avrete lasciato da parte).
Torno a Viareggio ... a farmi del male i posti restan gli stessi, ma le persone cambiano.


13 maggio 2007

Cronache "Cantiane"

E' stata una visita veloce, un paio d'ore per passeggiare tra gli stand del pane e degli altri prodotti tipici della zona. Il clima è quello della festa tra amici, più ristretta di quella paesana, un clima stile: "...toh va chi si rivede". La gente di Cantiano è gente di montagna, meglio gente di monte, nati e vissuti sotto al Catria refrattaria all'inizio ma poi accogliente, aperta e sincera. L'occasione è servita per riallacciare un paio di rapporti, uno in particolare da rinnovare ogni anno: la frutteria di "Bronzo". Lui conosce i posti e quando è il momento chiama per i porcini. L'uomo è "particolare" siamo arrivati a lui, (ci saremmo arrivati ugualmente), seguendo Leo il quale a sua volta seguiva, in senso contrario, il flusso di pannocchie cotte che incrociavamo nel nostro passaggiare. Bronzo ha concepito una macchina per cuocere il granturco, roba da museo delle invenzioni, ne ha apportato addiruttura delle modifiche perchè dice: "... all'inizio me se bruciava tutto fori e non se coceva dentro. Allora ho capito: i rulli se infocava troppo. Allora l'ho modificati e c'ho messo quel filo intorno e adesso vanno benissimo. Poi c'avevo messo un motore de na lavatrice per farli girare. Ma andava troppo forte, allora c'ho comprato un motoriduttore e adesso è un gioiellino. Ho modificato pure le leghe dei materiali perchè ferrocontroferro stride e allora c'ho messo un pannello d'ottone...". Due pannocchie e poi un salto alla macelleria del paese, perchè qui a Cantiano, la carne che la fa da padrona, è quella del cavallo. Scopriamo poi che la signora in occasione della festa oggi la cuoce pure: grigliata e spiedini, salsicce, carne panata cotta in forno, tagliata, rost-beef freddo, filetto, puntine. In caso di visita, da non dimanticare il salame e le salsicce stagionate. Non vale la pena di andare a cercare un risotarante seduti lì a fianco dell'entrata, una birra, una grigliata e il pane di Chiaserna.

E ora di andare due passi e un'ultima occhiata al tramonto che lasciamo alle spalle.


11 maggio 2007

Dottori e spigole.

- Deve essere questione di stress.

dice lui,
- altrimenti non saprei spiegare questi bruciori di stomaco.
- oggettivamente dottore, è abbastanza improbabile che un insalata a pranzo e uno spaghetto al pomodoro la sera possano causare bruciori di stomaco, fermo restando che il menù dei giorni precedenti era simile.
- Mmmhh, ma i pomodori avevavano la buccia?
- No.
- I semi ?
- ... qualcuno.
- Ecco !
(e te pareva).
- Lei è stressato sul lavoro?
- No dottore, sono stressato quando sono a casa, quando cucino, quando vado in bicicletta, e quando dormo.....
- ....lavora vicino a persone stressate ?
- (....)
- (....)
- per la privacy non le faccio ne nomi ne percentuali.
- percentuali?
- lasci stare.
- Lo stress è come il fumo, se qualcuno che le sta vicino è stressato, stressa anche lei.
- e fa venire il cancro come il fumo?
- no. Stressa.
- Lo stress, stressa ?!
- Esatto.
- E se chi che è stressato, ci fuma anche sopra ?
- Pericolosissimo...!
- per chi gli sta vicino o per lui?
- per entrambi il fumo e lo stress, avelenano anche chi li respira. 0^0
- Quindi, cosa mi consiglia per il mio bruciore di stomaco?
- Vivere e lavorare in un ambiente tranquillo e sereno.
- Un' alternativa a quest'ultima cazzata?
- Pesce bollito e dieta leggera per un paio di giorni.
- grazie, dottore.

Spigola al vapore su patate e carote bollite, con scampo grigliato.



Squamate. eviscerate e pulite una spigola di circa un chilo, sfilettatela, togliete tutte le lische e dividete il filetto in due tranci. Nell'acqua della vaporiera (anche una pentola con tre dita dacqua e un piatto dentro appoggiato su di una tazzina da caffè), mettete del timo e della buccia di limone, fate raggiungere il bollore, poi mettete la spigola e coprite, per 6/7 minuti (dipende dalla grandezza del trancio). Schiacciate le patate e le carote che avrete precedentemnete lassato, conditele con olio buono, sale, e prezzemolo per le patate e basilico per le carote. Metete del "sel de guerande" in una padella antiaderente, scottate una coda di scampo per ogni persona senza aggiungere olio, per due minuti, uno per lato, [grazie Red ;-)]. Impiattate disponendo la purea di patate e carote, la spigola e lo scampo condite con un filo d'olio buono.

Poesia assoluta.


08 maggio 2007

Cos'è ?

Qualche giorno fa leggevo questo post di Red, ed è stato come un interruttore, ricordi, odore, sapore, un deja-vu "diritto" e preciso.
Era l’inizio di ottobre di molto tempo fa, lasciammo Parigi la mattina prestissimo, sotto una pioggerellina sottile, quasi inesistente, stufi di turismo e di turisti. Ci infilammo sulla A11 verso Le Mans e poi sulla A81 fino a Rennes, lì lasciammo l’autostrada per proseguire tra la campagna bretone, mangiammo lungo la strada, in un piccolo locale dove una coppia di anziani signori, lui in sala lei in cucina, servivano cose d’altri tempi. Arrivammo alla Roche Torin, sotto un cielo di nubi, che si rincorrevano dal mare alla terra ferma, ogni tanto uno sprazzo di sole appariva come un enorme riflettore ad illuminare una campagna verde e pesante di pioggia. Oziammo per giorni, passeggiavamo per la campagna e la sera ci fermavamo a guardare i pescatori di "crevettes", ci spingemmo fino alla vera Roche Torin, per vederli sfidare la corrente della marea, le reti infilate nella sabbia, gli stivaloni alle ascelle, piegati in avanti per non farsi portar via. Andammo fino a Cancale, cenammo da Olivier Roellinger, quando la Francia cominciava ad accorgersi delle sue spezie, e il resto del mondo non sapeva che esistesse. Camminammo sul lungomare di Dinard la mattina prestissimo.

E fu lì che una mattina mi avvicinai al banchetto di un'anziana signora, a chiedere il prezzo per una mezza dozzina, abituato a Parigi, mi sembrava il minimo. Sulle prime pensai che l'inflessione dialettale nella risposta mi avesse giocato un brutto scherzo, la signora fu costretta a ripetermi la cifra per tre volte. Guardai alle sue spalle la spiaggia, nuda dalla marea, era "tappezzata" di allevamenti di ostriche, ne presi una dozzina. Lì imparai che il vino per l'ostrica non è lo champagne, come vuole l'iconografia classica, ma lo Chablis della Borgogna. La morbidezza dello chardonnay ad ammansire il "ferro" dell'ostrica. Lella non ne mangiò. Non sono mai riuscito a fargli piacere le ostriche... ma qualche giorno fa ci sono riuscito.

Si è seduta, il cibo sotto agli occhi, lo sguardo e la testa a seguire la rotondità del piatto, il naso che cerca una risposta, un masticare lento a cercare di capire: "... pesce!... Buono!.... Cos'è?"


Ostrica fritta su un letto di roscani al burro


Procuratevi delle ostriche freschissime, apritele, recuperate l'acqua, e togliete l'ostrica. Battete bene due uova, salate appena, preparate del pane grattugiato raffermo, aggiungete un cucchiaio di grana grattugiato e poco pepe. Passate le ostriche nell'uovo e poi nel pane. Friggetele in un padella con olio d'oliva buono. A parte battete un rosso d'uovo e incorporate l'acqua delle ostriche, tirate il composto a bagnomaria fino ad ottenere una specie di "salsa inglese" salata con cui andrete a condire le ostriche. Accompagnate il tutto da roscani lessati che ripasserete in una padella con poco burro e pochissimo sale. L'ostrica preparata in questo modo perde quel caratteristico sapore di "ferruggine", che però verrà compensato dai roscani.

06 maggio 2007

Supporto morale

Come fai a tirar su il morale di una famiglia che di ritorno da Parigi, destinazione entroterra marchigiano, si ritrova, ad un centinaio di chilometri da Digione, con il camper rotto. E se questo succede il giorno prima del primo maggio.E se l'assicurazione ti dice che ti può assistere solo in territorio italiano, o magari solo fino al confine. E se hai tutto quello che serve ad una famiglia di cinque persone, ma visto che avevi il camper non hai le valigie. E se le agenzie di noleggio hanno chiuso, ma anche i negozi di alimentari e i supermercati hanno chiuso. E se hai un telefono con la scheda ricaricabile che proprio nel mezzo della telefonata con l'assicurazione si scarica definitivamente. E se Materazzi si è fatto dare una testata proprio da Zidane e non magari da un tedesco della semifinale. E se quella sera abbiamo pure vinto i mondiali proprio contro i connazionali del tassista che ti porta verso la stazione. E se hai "ammucchiato" una decina di sacchetti del supermercato piene di "panni", puliti e no contro le vetrate della "gare de Dijon". E se al passante che chiedi l'ora, questo guarda le buste, poi guarda te, e poi di nuovo le buste, e poi se ne va. E se l'auto che riesci a noleggiare dopo un giorno e mezzo che la cercavi non ha neanche il freno a mano e ci perdi pure tempo a capire come c***o funziona una macchina senza freno a mano. E se mentre vai verso la frontiera ti arriva pure la telefonata dell'amico che ti chiede se la vacanza è andata bene.
Arrivi alla conclusione che sì la Francia è bella ma adesso non vedi l'ora di levarti dalle palle. Ecco ad una famiglia che ha passato questi momenti alla fine puoi mandargli un messaggio sul cellulare di questo tipo: "...se la cosa vi può un po' ritirar su, domenica siete a pranzo da noi." La risposta potrebbe sembrare scontata, ma non è detto: "... sempre che domenica siamo riusciti a ritornare a casa !"

E quindi la domenica abbiamo rispettato gli impegni con:


Insalata di pollo con macedonia di verdura e frutta croccanti


Per 4 persone pulite e lavate due carote e 120 grammi di piselli (già sbucciati, si dice? non mi viene il verbo giusto, se non quello dialettale di queste parti: "sdacinare"... ) cuocete al vapore la verdura 10 minuti circa i piselli e 4 le carote, queste devono risultare "croccanti" mettete da parte. Cuocete su di una bistecchiera ben calda 150 gr di petto di pollo e 150 gr. di coscio di pollo, riducetelo a fettine sottilissime e larghe un paio di cm. Condite il pollo con poco limone e olio buono, qualche fogliolina di origano fresco e qualcuna di timolimone (non chiedete il nome scientifico, il vivaista me lo ha venduto così). Incorporate la verdura salate e pepate, e condite con due cucchiai di maionese (se potete fatevela da soli). Servite accompagnando con dell'ananas a tocchetti in un letto di rucola e con della lonza croccante.

Tagliolini in zuppa di fagiolina del trasimeno, con salsiccia e prosciutto


La fagiolina del Trasimeno, è una varietà di legume salvata dall'estinzione. Per preparare 4 porzioni di questo piatto fatene bollire 150 gr per circa 30 minuti, poi scolatene l'acqua e rinnovatela, aggiungete una carota un gambo di sedano e un mazzetto di odori e riportate a bollore per altri 20 minuti. Nel frattempo in una padella capiente fate rosolare una salsiccia ridotta a tocchettini, con un pezzo di prosciutto che contenga una generosa parte di grasso. Fate andare per un paio di minuti e poi aggiungete un soffritto di cipolla, scalogno, sedano e carota che avrete preparato prima. Togliete il pezzo di grasso di prosciutto, allungate con del brodo di verdura e un paio di cucchiai di passata di pomodoro, salate e pepate. Incorporate la fagiolina e appena il tutto raggiunge il bollore tuffateci dei tagliolini fatti a mano (se doveste usarne di confezionati fate mezza cottura in acqua bollente e salata), fate cuocere i tagliolini fino a che risultino ancora al dente, tirando la cottura con il brodo vegetale caldo. Servite in delle scodelle, guarnendo con dei pomodorini confit, dei tocchetti di pecorino semi stagionato e un filo di olio buono. Il piatto deve risultare una via di mezzo tra un tagliolino asciutto ed una zuppa di legumi.

Parmigiana di melanzane indorate e fritte


Per la ricetta mi sono anche consultato con "Franco" dalla cui terra questo piatto tra le sue origini. Anche se l'automatismo della preparazione aveva lasciato qualche dubbio sul "prima la farina dell' uovo o viceversa" la preparazione è questa: Tagliate delle melanzane a rondelle (andrebbero tagliate per la lunghezza) di circa 3/4 millimetri, mettetele in un contenitore salandole leggermente e lasciandole "sudare" per circa un 'ora. Infarinate le melanzane, passatele nell'uovo battuto che avrete corretto di sale e poi friggetele in abbondante olio caldo. lasciate raffreddare, imburrate gli stampini (o la teglia) e poi fate uno strato di melanzane che condirete con un passato di pomodoro insaporito di basilico e aglio, alternato con mozzarella e parmigiano. Ho accompagnato il pitto con un cucchiaino di pesto di basilico, parmigiano e pinoli senza aggiungere aglio

Fragole ghiacciate con zabaione tiepido.

Mondate e lavate le fragole, tagliatele in quattro e conditele con il succo di un limone e un cucchiaio di zucchero ogni 200 gr di frutta. Tenete in frigo per un paio d'ore e mezz'ora prima di servire trasferite in congelatore. Per lo zabaione battete un uovo intero e un tuorlo con un cucchiaio di zucchero, quando il composto sarà ben montato aggiungete del Marsala. Mettete il composto nel sifone e mettete quest'ultimo a bagnomaria in acqua calda ma senza fuoco per un cinque minuti (se non avete il sifone scaldate la salsa a bagnomaria tradizionale). Chiudete il sifone e caricate con due cariche, servite le fragole appena tirate fuori dal congelatore condite con la salsa.
Il morale è tornato normale.......

01 maggio 2007

... ad ogni costo.
























Il primo maggio, è come il quindici di agosto, o come il giorno di pasquetta, o magari come l'ultimo dell'anno. Si deve fare qualcosa ad ogni costo. Io ho smesso oramai da tempo di fare alcunché in questi giorni, ricordo un primo maggio di tanti anni fa con l'idea di andare a Mirabilandia... credo sia sufficiente no? Quindi io in questi giorni, me ne sto in casa, non vado neanche in bici. Però oggi sono andato a vedere cosa facevano gli altri.

Sveglia presto come sempre e partenza prima delle otto, mi accompagna Leo destinazione il monte Catria passando da Chiaserna, versante ovest, per ritornare verso casa dal versante est. Ma perché il Catria? Semplicemente perché il primo maggio o il quindici agosto (il clima di pasquetta è ancora un po' troppo fresco) la gente, punta diritta verso la montagna, le auto cariche di sedie a sdraio, coperte, radio, televisori a batterie e sotto il meglio. A tavoli aperti il pranzo è a base di lasagne, insalate di pasta e riso, porchetta, arrosti misti e qualsiasi cosa possa essere ingerita. Lo scarpone ai piedi, anche se la strada che faranno è quella intorno ai tavolini, il bastone, o addirittura un bastoncino da trekking e lo zaino che fa tanto alpinista. Arrivano con l'auto fin dentro al prato, a prenotare il posto, poi escono arrancano per qualche centinaio di metri lungo la prima scarpata che trovano, i bambini che gridano e urlano, cercano di passare il tempo che manca al mezzogiorno senza quasi mai riuscirci e alle undici e trenta attaccano a mangiare. Smetteranno solo a pomeriggio inoltrato, la montagna "fa appetito", "fa fame", "e poi tanto bruciamo tutto che dopo ci facciamo altri due passi". Il segno del loro passaggio rimarrà per molto tempo, sacchi abbandonati, sporcizia, merda.

Ma oggi è andata diversamente, il cielo plumbeo, le nuvole basse la pioggia a scrosci. Sosta a Chiaserna al forno K2, pane fresco anche la domenica, io caffè, Leo panino con mortadella. Via verso l'infilatoio, venti minuti di salita (in auto) e ci siamo, siamo sui piani. Le auto non mancano, come sempre, ma gli occupanti sono tutti chiusi dentro, i vetri appannati, fuori tra i tre e i cinque gradi, la pioggia battente. Centinaia di auto che aspettano solo che smettano i temporali (andranno avanti per tutto il giorno) e che il sole non tradisca questa giornata. Io e Leo fantastichiamo di piatti di menù, mentre scendiamo verso casa: "Ma ammettendo che tu venissi per una volta sola...", "Non lo farò mai.", "...Va dai ho capito, fai finta, per una volta, cosa ti porteresti da mangiare?", "Se proprio fossi costretto e il tempo fosse bello... ecco ... io mi porterei un....

Vitello con salsa tonnata, pomodori e cetrioli in insalata e maionese.


Per 6 persone: un chilo di girello o magatello di vitello, che fate rosolare in una casseruola con olio buono e una noce di burro e gli odori: carota, sedano e cipolla. Sfumate con vino bianco secco (io qualche volta uso del passito), quasi a coprire la carne, aggiungete un paio di acciughe e mettete il tutto in una pentola a pressione e lasciate andare per un 40 minuti circa. Per la salsa frullate 4 uova sode, 150 gr di tonno sott' olio qualche cappero, incorporate alla salsa il sugo di cottura della carne che avrete precedentemente passato, fino ad ottenere la consistenza desiderata correggete (ricordate le acciughe) d sale e servite freddo accompagnando con un contorno di pomodori e cetrioli tagliati a brunoise e conditi con una vinagrette abbondante di maionese.