29 aprile 2008

Giusto per gradire

Ho fame.
Nello specchietto retrovisore appare il faccino incavolato di “Spaccaball”.
Aspetta ancora un po’, gli fa il fratello quasi sussurrando, tra poco mangiamo ti faccio vedere io come.
Come?
La risposta non mi arriva Leo sta sussurrando all’orecchio del fratello una presumibile serie di istruzioni, e lui Spaccaball è concentrato a non perdersi neanche il minimo dettaglio.
Aaah, esclama come se l’altro gli avesse spiegato l’uso della chiave di volta. Ma tutto ? Tutto ! Tutto!
Oddio chissà cosa gli sta rivelando.

Lo scopro poco dopo, quando arriviamo a Cagli per questa fiera ancora in fasce del salume. Scelgo l’ora di pranzo per evitare la folla, la evito talmente tanto che ho quasi la sensazione di una fiera disertata, ma è solo l’orario; testimonianze mi parlano di grande afflusso serale. Dal punto di vista dell’offerta non manca, comunque, nulla; tutti gli stand (una ventina) aperti così come tutte le zone di degustazione in antichi palazzi del borgo.


Un giro discreto tra i produttori, qualche informazione su di un salame della bassa mantovana, e mentre parlo con il produttore eccoli che arrivano.
Davanti c’è il piccolo, e dietro il fratello che con uno sguardo di commiserazione fa finta di trattenere Spaccaball con una mano, mentre con l'indice dell'altra da indicazioni precise. Si infilano tra me il banco e in men che non si dica si spazzolano mezzo piattino di assaggini, il produttore li incita a provare, quelli commentano, con sospiri goduriosi, come gastronauti incalliti, mentre l’altro mezzo piattino scompare. Ringraziano e passano al successivo stand dove un Pestat friulano fa bella mostra. Il Mantovano dei salami sorride mentre lì guarda allontanarsi e come cavallette attaccare il successivo piattino. Mi domanda se io ho figli; no, o meglio li ho... ma a casa, sa pensavo... si fossero annoiati qui con la folla. Sorride il mantovano mentre rifetta ancora il suo salame: un Casalin spettacolare che assaggio con evidente piacere. Rifiuto una seconda fetta tanto per compensare, anonimamente, l’orda di "vandali" passata poco prima.
Solo carni sceltissime, sale, pepe, aglio e lambrusco, insaccato nel budello gentile e quest’anno anche una ventina di “mariole” stesso impasto ma insaccato con l’intestino cieco del maiale. Sono rapito come sempre quando parlo di cibo. Mi sento strattonare, abbasso lo sguardo: “spaccaball” mi guarda con la bocca piena di ... di ... Lardo di Colonnta. Finisce di masticare, ingoia, l'educazione prima di tutto, e se ne esce con un “Io ho finito l’antipasto papà. Andiamo a mangiare le tagliatelle adesso!”.
Guardo la faccia del salumiere mantovano e con assoluta indifferenza prendo un salame e lo appoggio sul tavolo: me lo incarta gentilmente !? L’uomo esegue, pago, ha ancora quel che di dubbioso e interrogativo disegnato sul viso. Passo il salame a Spaccaball, gli scompiglio i capelli “tieni bel bambino portalo alla tua mamma !.. che io finsco di fare questa figura di m*** e vi raggiungo”

Bé è chiaro che non posso citarli tutti i salumi provati: tutti ben fatti e interessanti, ma questo meritava la menzione. L'iniziativa nel suo complesso sta crescendo, cosa non scontata da queste parti e ogni anno diventa più interessante.
Da un produttore locale ho trovato anche questa:

Bresaola di cavallo e pimpinella



La "verdura" non era fornita chiaramente, si tratta di una pianta selvatica raccccolta in terreni sassosi, che noi in queste zone chiamiamo pimpinella appunto, qualche rametto nelle insalate da un profumo spettacolare e messa lì ci andava alla grande.

Le tagliatelle? Il piccolo "figlio di nessuno", ha gradito.

22 aprile 2008

Prima che torni il sole

Se ne sta seduta in un angolo. Lo sguardo basso, tra le mani il suo vecchio bastone con cui si trastulla. Lo muove, come se con la punta, di gomma, volesse sistemare l'angolo di una mattonella, che dal pavimento sporge rispetto al piano delle altre. Un errore del muratore che anni fa, forse un mezzo secolo prima, ha fatto la casa e questo pavimento. E ora lei con quel bastone, colpisce e ricolpisce quell'angolo. Poi fa scorrere la punta, come per accertarsi che sia riuscita nel suo intento, e quando sente che quell'angolo, fuori squadro, è ancora lì: ribatte di nuovo e poi ripassa e ribatte. Lo fa per ore, lo fa per giorni, lo fa da mesi forse da anni, magari da sempre, da ogni volta che si siede su quella sedia in questa vecchia cucina.

Magari è un gioco, magari uno scherzo, come quelli che ti facevano da bambino quando ti dicevano che avevi le orecchie a sventola. Passavi ore a schiacciartele contro la testa, la notte ti sdraiavi con cura sul cuscino, facendo bene attenzione a che non prendessero pieghe strane. E se la mattina le ritrovavi piegate tra il cuscino e la tempia ti disperavi. Ecco magari qualcuno, anni fa, gli ha detto detto che quella mattonella poteva tornare a posto e allora batte, ribatte, sfrega e risfrega, mentre fuori piove e ripiove.

Sarà anche aprile ma sembra autunno. La campagna e carica d'acqua, le nuvole gonfie scendono dal monte e come quegli aerei che sembrano atterrare ma poi riattaccano e ripartono, scaricano acquazzoni di pioggia e alleggerite riprendono quota, a volte si strappano contro il campanile della chiesa, poi vanno giù, verso il mare.

Ogni tanto uno scroscio di grandine fine copre il rumore di quel bastone sul pavimento. Qualcuno dice ad alta voce che sembra novembre ma invece è aprile. E adesso un nuovo suono si è infilato tra il sibilo della pentola che bolle, la pioggia e il bastone che batte. Una cantilena sussurrata appena, che la vecchia ha preso a cantare. Le parole inciampano tra i pochi denti rimasti e sono poco più che un sussurro: non le capisco. Mi avvicino e ascolto, il sibilo sembra scomparire, la filastrocca si ripete insistente, ora la vecchia accompagna i versi anche con un movimento della testa, leggero, quasi impercettibile. La pioggia insiste ora più sottile e meno rumorosa, il bastone batte e ribatte, e sopra, la filastrocca. TA-TATATA-TA-TATA TA-TATATA-TA-TATA. ...ndelor... ndelor...

Mi seggo accanto a lei, l'ascolto cantare, forse non si accorge della mia presenza, così con una mano, gli fermo il bastone. Ora mi guarda con quegli occhi piccoli ed umidi che hanno i vecchi, le rughe che scolpiscono il viso, e che sembrano i solchi lasciati da troppi pianti. Da sotto un fazzoletto rosso mattone sbucano i ciuffi argentati dei suoi capelli e tutto rimane così, incorniciato come in un quadro dai colori sbiaditi.
Mi guarda e sorride, un sorriso di quei pochissimi denti, un sorriso che porta lontano: in quei posti in cui il tempo è segnato dai detti e dalle filastrocche, in quei posti dove soltanto i vecchi, i nonni sanno tornare.
Che stai dicendo le chiedo. Guarda la pioggia oltre la finestra, e ora la sento quella stupida filastrocca: candelora, candelora, dall'inverno semo fora, ma se piove e tira vento nell'inverno semo dentro.
Le lascio il bastone, e sorrido al suo sorriso, lo vedo di sfuggita mentre lei torna a fissare in basso, a ricominciare il battere e ribattere, lo sfregare e il risfregare, su quella maledetta mattonella, che non metteremo mai a posto. E penso che questa pioggia non può durare ancora per molto, ché la candelora è passata da tempo ed è passato anche l'inverno, e poi la pasqua, e che se smette di piovere tornerà il sole, e allora prima che arrivi definitivamente l'estate faccio:

L'ultimo tortello




Ho preso un pezzo di magatello di circa un chilo, l'ho rosolato in olio e burro, ho salato e pepato, l'ho annaffiato con mezza bottiglia di vino rosso, un cabernet toscano rimasto lì dalla sera prima. Ho fatto andare il brasato, per un tre ore, ho tolto la carne l'ho passata al mixer e insieme a 250 grammi di ricotta e 50 di parmigiano è diventata il ripieno dei tortelli, fatti come sempre. Poi ho fatto una brunoise di carota e zucchina che ho saltato a fuoco vivo nel fondo del brasato, per pochi minuti, lasciandola croccante. Ho lessato i tortelli e li ho conditi con il fondo e le verdure.

Adesso fuori non piove più, e tra le nubi si fa largo un po' di sole, e anche il rumore di quel bastone è sparito; per sempre. La filastrocca invece mi ronza nella testa, come quei motivetti che alla mattina si piantano come chiodi: candelora, candelora, dall'inverno semo fora, ma se piove e tira vento nell'inverno semo dentro.

17 aprile 2008

In memoria

Cosa è successo ?
Oddio, mamma ma che è successo?
Era lì che scriveva e ad un certo punto... Pack; è andato giù, finito.
Ma come è possibile...? Ma come è successo? Ma mica era vecchio !!
(...)

Niente non risponde !!
Ma prova! Prova ancora, cerca di rianimarlo !!
No niente, non ci riesco. Morto !
Ma no dai ! Morto ??
(...)

Ma come? E adesso come facciamo? Ne serve un altro!
Leo non dire cazzate, certo che ne serve un altro, ma questo era già il secondo !
Come il secondo !?
Si era il secondo, prima ce n'era uno diverso.
Non me lo ricordo.
Si te lo dico io, lo saprò !
(...)

Ma sei sicuro che è morto?
E si, non da segni di vita, provo e riprovo ma niente...
Era un ferrovecchio!

Ma che ferrovecchio l'avevo preso due anni fa !
E ' che sti cazzo di router non durano niente.
Sabato ne vado a comprare uno nuovo, che senza internet un blogger non può stare.

11 aprile 2008

Bloggopatia

E bé, un po' sei ingrassato
Ma mica
per il blog, è che il cambiamento, il lavoro, e poi la palestra che si è trasferita dopo aver intascato i miei soldi. Poi guarda, adesso con la bella stagione riprendo a correre e ad andare in bici!

Mmmh... anche tu dormi poco.
Ho sempre dormito poco. Anzi adesso dormo anche meglio, non mi sveglio più ogni ora.
Però ti svegli!
Va bé sì, verso le tre mi sveglio, ma non vado a guardare il blog, magari leggo un libro.

Quando hai fatto l'ultimo elettrocardiogramma sotto sforzo?
Aprile dello scorso anno.
Mmmh... ne son morti due di infarto e uno si è salvato per il rotto della cuffia.
(...)
(...)
Magari perché era giovane, più di te!

Vedi questo?! A questo è venuto l'esaurimento nervoso! A forza di dover gestire articoli e contatti.
Ecco guarda secondo me, con il mio blog al massimo mi viene un "unghia incarnita". Se prende l'easurimento a me, a Cavoletto che gli dovrebbe venire ?!?

Che ne sai tu come sta Cavoletto !?
(...)
(...)
Dai spero bene! E chi l'ammazza alla cara Signorina!

Comunque aumenti la componente di rischio, già il tuo lavoro ti porta ad essere un soggetto potenzialmente sull'orlo di un baratro, se poi ci metti il blog... mmmhhh ....

Mmmhh... che?
Dovresti essere già morto e io vedova !

Spetta che finisco sto post, che si sa mai, dovesse prendermi un coccolone proprio sulla tast








08 aprile 2008

Tradizionalmente Freudiana

Misurava la cucina a passi lunghi e veloci. I capelli arruffati, l'enorme pigiama a righe stropicciato e con la giacca allacciata male. Zoppicava a causa di una ciabatta mancante che non aveva trovata nella foga del momento. Ogni tanto cambiava piede alla ciabatta per mitigare il freddo che sentiva, non era riuscito a ravvivare il fuoco e nel camino sonnecchiava la brace tiepida della sera prima. Glielo avevano detto che quando sarebbe successo, sarebbe successo all'improvviso, ma onestamente non pensava così all'improvviso. Fino alla sera prima Iole, sua moglie, aveva fatto tutte le cose che doveva fare: dopo aver finito di cavare le patate dal campo insieme a lui, aveva chiuso i polli e i conigli, pulito gli stalletti, "guernato" il maiale e la scrofa a cui era rimasto un porchetto. Aveva portato lo stabbio alla stabbiara, mentre lui puliva la stalla, poi aveva preparato la cena e infine "custodito" la cucina. Era andata a letto presto e anche lui dopo una sigaretta, rinunciando alla solita capatina all'osteria, era andato a dormire subito dopo: era meglio non esagerare, magari succedeva mentre lui non c'era.
Iole lo aveva chiamato presto, troppo presto. Gli sembrava di essersi addormentato da qualche minuto e lì per lì non si era reso conto di che ora potesse essere, anzi non capiva neanche se era già ora di alzarsi o cosa. Poi, in una smorfia di dolore, Iole gli aveva detto di correre dalla Marina per mandarla a chiamare la levatrice. Allora Alfio si era fiondato fuori dal letto, così com'era, in pigiama nella notte fredda di un fine marzo, aveva fatto correndo quei tre o quattrocento metri che separavano la sua casa da quella di Marina. Aveva corso così nella notte e non si ricordava, se quando era uscito, le ciabatte le avesse entrambe o no, magari l'aveva persa sulla strada del ritorno, visto che aveva tagliato per campi, in discesa si poteva fare. E mentre Marina correva a chiamare la levatrice in paese, lui era tornato a casa. Aveva appena infilato la testa nella camera, più per assicurarsi che la ciabatta non fosse rimasta lì, quando la moglie si rizzò a sedere sul letto gridando a squarciagola, tutta sudata e con i capelli zuppi attaccati a viso e fronte. Alfio chiuse la porta e se ne tornò in cucina seduto nell'angolo sperando che la levatrice e Marina arrivassero presto.
Arrivarono anche troppo presto, perché mentre lui aveva provato ad informarsi se avessero per caso visto una ciabatta lungo la strada, la levatrice se lo mangiò vivo. L'acqua calda non c'era, le salviette di lino non c'erano, la casa era fredda, e lui in fondo in fondo faceva anche un po' schifo conciato come un pupazzo senza una ciabatta e con i piedi neri.
Era tornato nell'angolo zitto, cercando di farsi più piccolo di quanto non fosse nella speranza di risultare abbastanza invisibile mentre le due donne andavano e venivano.

Ora dalla camera arrivavano urla e grida: la levatrice urlava "Spingiii!" Marina gridava "Daiii!" e Iole strillava "Bastaaa!" Ma possibile che per far nascere un figlio bisognava fare tutto sto bordello!? Un figlio, il primo figlio, un maschio doveva essere. Maschio. Il primo maschio per aiutare lui nei campi, la seconda femmina per aiutare la madre e per "badarli", poi, da vecchi, ma il primo maschio doveva essere.
E se era un maschio bisognava fare "il maggio", aveva già individuato l'albero, un bidollo, un pioppo alto più di quindici metri, bello diritto e con pochi rami, quasi dentro al fosso dietro casa. Aveva anche ripulito il greppo dalla sterpaglia per poterlo tirar fuori meglio. E, senza dirlo alla Iole, aveva anche preparato l'armamentario: il fuciletto, la bicicletta, due palle di pezza, il fiasco di vino e Giovanni gli aveva promesso la bandiera Italiana. L'alloro per la corona lo avrebbero fregato dietro la chiesa, la siepe del prete era grande e folta e lui non se ne sarebbe accorto, e il gioco era fatto.
Fatto. Si fa per dire, ci sarebbero voluti almeno venti uomini per tirare fuori l'albero, venti uomini, vuol dire anche venti donne più tutta la monellara, poi considera i curiosi, il prete, la farmacista con il Gigi, l'appuntato con la moglie e magari sarebbe capitato anche il dottore. Almeno cento persone bisognava contare; e cento persone vuol dire almeno una trentina di litri di vino, tre lonze, quattro salami, qualche forma di pecorino, e forse non bastava e toccava ammazzare anche il porchetto come aveva detto Giovanni, che per sto giro te la scordi la pista con quello. Ma un figlio non nasce mica tutti i giorni, e "il maggio" non lo pianti sempre, ma solo se nasce un figlio maschio.


Dalla camera arrivo un urlo più straziante degli altri, e poi il silenzio. Dopo poco Alfio sentì il vagito di un neonato, mosse la testa verso la porta per sentire meglio, era il pianto di un bimbo, di un bimbo maschio sicuramente. Si abbandono sulla sedia, dal taschino del pigiama estrasse una nazionale senza filtro tutta stropicciata, se la mise in bocca, l'accese e restò così, aspirando una lunga boccata. Fuori albeggiava, le vacche nella stalla "chiamavano". Sì, ci volevano almeno venti uomini per tirare fuori quel maggio dal fosso, e venti uomini vogliono dire anche venti donne, e tutta la monellara e poi il prete e... e un paio di ciabatte nuove e sicuramente il:

Porchetto arrosto


Procuratevi un coscio di maialino.
Rosolate il pezzo di carne in olio aromatizzato con aglio, rosmarino, timo e finocchio selvatico, sfumate con del vino bianco, fiammeggaite e infornate in forno a 80° per quattro o cinque ore. E sì, mi spiace ma la ricetta è di una cottura a bassa temperatura al contrario della tradizione che con un'ora e mezza solamente a 160° risolveva il problema. Servite con delle patate novelle cotte al forno con la buccia.

Per la cronaca la tradizione vuole che quando si pianta "il maggio", questo enorme simbolo fallico, venga addobbato con quanto di più maschile si possa immaginare: le ruote della bicicletta, il fucile, due palloni, il fiasco del vino. Il padre del neonato non deve aiutare, ma ha il solo compito di mescere il vino. Dopo un anno si taglia il maggio, e via giù di nuovo una grande magnata.

03 aprile 2008

Esperimento globalizzante 2

Dopo un primo esperimento per capire quanto le tradizioni fossero globalizzate, e in attesa che il mondo finisca di essere bello piatto e uguale , voglio proporre un altro esperimento indirittamente legato al cibo. Indirettamente perché il cibo è parte di questa tradizione, come tutto nel nostro paese: pensateci ogni cosa finisce con una mangiata, si salvano, forse, ancora i funerali. Comunque dicevo che indirettamente questa tradizione è legata al cibo, ma esso non ne è il "nodo centrale" e quindi la domanda è:

cosa fanno le persone delle foto ?



E' di più conoscete altri posti dove si faccia la stessa cosa?
Buon fine settimana di meditazione ;)