30 ottobre 2008

Un' altra terra madre

Ma si che volevo esserci anche io ragazzi. Miseria avrei voluto vedere tutte le cose che avete raccontato, quei cibi belli, piacevoli e sconosciuti. Lo stand del sale e il suo omino, la cipolla che rimette al mondo, le gentile signorina che si aggirava sicuramente in loco. Girare stanco in mezzo al mare di gente, accaldato dalle luci degli stand, le borse piene di cose da provare, a volte anche inutili e modaiole. Sarei voluto essere lì con la mia canon Dqualcosa a scattare foto alla terra madre. Conoscere qualcuno di voi, deludervi con la mia banale presenza, anonima e timida. Lasciarvi l’impressione di me come argomento di chiacchiera.
E invece no, non c’ero.

Cercavo di tenere il passo ad un ometto che mi accompagnava dall’altra parte della strada per farmi vedere dove fosse il metrò, e prima che un taxi rosso e rincoglionito riuscisse a metter fine alla mia breve esistenza, correvo sul marciapiede fino all’angolo, dove lui urlante indicava oltre la strada fuori dalla portata della mia vista, qualcosa di red in un inglese stentato e sdentato.
Ho detto di sì solo per levarmelo di torno. L’ho salutato e fingendomi deciso e mi sono avviato, stanco, lungo il marciapiede. In mezzo ad un mare di gente che mi veniva incontro, accaldato nella serata afosa. Ho camminato in senso contrario per qualche minuto, finendo addosso a chiunque e infilandomi nel flusso regolare a forza di spallate. Ho camminato tra rivoli di acqua ghiacciata che cadevano dagli impianti di condizionamento, in alto oltre il buio di un cielo che non c'era. Ho camminato tra zaffate di puzze, profumi di fiori, tra le urla e le grida, incomprensibili. Ho camminato schivando le pubblicità dei massaggi, e perdendomi in quel caleidoscopio di luci e colori, stordito e dimentico di quelle che può essere il mondo.

E ho pensato che forse anche questo era un salone del gusto, un terra madre, dove la terra non c’è più, mangiata da cemento e macadam, una terra che forse sotto ai piedi, qui, non c'è mai stata.



27 ottobre 2008

Oltre la rete

Un paio di volte ho provato a partecipare a qualche barcamp, o ad un paio di cene di blogger marchigiani. Ma il destino ci ha sempre messo la sua mano: un influenza, un posto in lista d'attesa che tale è restato. Non sono mai riuscito ad incontrare coloro che leggo in rete. E ora, forse, non sono neanche tanto sicuro di volerli incontrare. Per ora mi piace immaginarli così: come i personaggi che escono dalle pagine di un libro, a cui la mia fantasia ha dato sembianze, movimenti, i volti sono spesso in video, e voce. Ecco la voce è l'elemento differenziante tra il conoscere qualcuno e il non conoscerlo.
E' per questo che a volte mi chiedo se leggere il blog di qualcuno ti fa veramente capire chi sia colui o colei che scrive ? Siamo in grado di immaginare, aldilà delle foto, con chi si ha a che fare? Basta un blog ? Cosa c'è oltre quel video, oltre la rete.
Di me per esempio in questo blog c'è scritto più di quanto si possa sapere conoscendomi di persona. Ma non è detto che l'immagine, mezza faccia l'ho messa, che ciascuno di voi, leggendo, si è creato corrisponda poi al vero. Chissà che idea avete de Loste !?

Con lei invece la cosa è nata scambiandoci qualche commento, poi qualche mail, confrontandoci su metodi di cottura su tipologie o marche di pasta, su "adesso ti mando un paio di cose da farti sentire" o " bé allora guarda io i pomodori li compro qui". Ma rimane quella strana sensazione di conoscere qualcuno senza averlo mai visto. Comunque quando tra le righe di un messaggio, ho trovato scritto "...mi piacerebbe fare un risotto con le quaglie." Ho pensato che io le quaglie non le avevo mai cucinate, e che forse non ero neanche così convinto. Ma siamo andati avanti mail dopo mail, idea dopo idea, io ci ho messo i finferli, lei la demi glace, insieme la cottura sotto vuoto, lei l'idea di presentazione, e poi ci siamo detti che lo avremmo fatto e che oggi lo avremmo pubblicato. Quindi ecco il mio

Risotto con ragù di quaglie e finferli



Ho disossato le quaglie, le carcasse sono finite in forno a tostare per a 200° per 30 minuti. Nel frattempo ho saltato i funghi (ne ho lasciati una manciata per il fondo) con olio e aglio. Ho tagliato a tocchetti grossi una carota una costa bianca di sedano e una cipolla piccola, le ho rosolate i poco olio evo a cui ho poi aggiunto le carcasse di quaglia, qualche foglia di salvia e la manciata di finferli tenuti da parte. Dopo qualche minuto ho sfumato con un passito, casualmente avevo un Vin Santo di Chianti, aggiunto acqua in proporzione doppia al contenuto, coperto e lasciato bollire per 3 ore. Alla fine ho passato il tutto e ridotto ad 1/3 fino ad ottenere una demi glace bella lucida.
Nel frattempo ho cotto i petti e alle cosce di quaglia, in sottovuoto, al vapore per circa 40 minuti. In mancanza del sottovuoto potete usare la pellicola in vari strati ben stretta.
Al momento di preparare il risotto ho rosolato una mezza cipolla tagliata sottilissima in poco olio evo, ho aggiunto 80 grammi per persona di riso Acquerello, tostato ben caldo e sfumato con il vin santo di prima. Ho tirato il risotto con un brodo fatto da 4 parti di acqua e una di demi glace. Nel frattempo ho rigenerato le quaglie in padella rosolandole con un filo di olio, ho aggiunto un paio di cucchiai di demi e un paio di brodo, ho lasciato sfumare poi ho spento e tenuto al caldo. Ho passato al mixer parte dei funghi che avevo ripassato in padella e un altro paio di cucchiai di demi, facendone una crema. Quando il riso era al dente ho spento, mantecato con la crema di funghi e i funghi interi rimasti , una noce di burro e un cucchiaio di parmigiano grattugiato. Ho servito scaloppando i petti e bagnando con la demi nei quali avevano rosolato.

Invece ecco il suo risotto, di grande livello come sempre.

23 ottobre 2008

Omaggi incomprensibili

"Ooh finammente facciamo la marmellata"
"Matti ! Fi-na-L-men-te..."
"... eh. Facciamo la marmellata"
"Matti si dice finalmente con la "L", fi-na-L-men-te"
"Si va bene, però facciamo la marmellata!"

Non ho mai capito perché nei supermercati di paese ci sono quattro casse, in una sorta di ostentazione di modernità, se poi ne tengono aperta solo una. E come adesso la massa consumistica del sabato mattina, si ammassa in questo unico imbuto vociante e cacofonico.

"No, non facciamo la marmellata, Matti, facciamo un'altra cosa"
"Ma con cosa la facciamo? Nonna ha fatto la marmellata quando la scuola non c'era !"
"Matti non facciamo la marmellata"
"Lei ci ha messo tutte le frutte che nonno gli ha comprato"
"Matti non facciamo la marmellata"
"Qualcuna la buttata via però !"
"Matti non facciamo la marmellata"

Una signora ha lasciato il suo cestino della spesa vicino alla cassa ed è sparita, ho una brutta sensazione

"Allora ci mettiamo dentro i pezzi di pesca, quelli grossi! Ma le pesche dove si comprano adesso ?"
"Matti non ci mettiamo le pesche!"
"Aaah ho capito allora ci metti quelle palline nere che si prendono lungo la strada ... !"
"..."
"Si ! Quelle palline nere che quando vai la sulla strada dove ci abita Gianluca le trovavi l'anno scorso!"
"Le more?!"
"Eh si la marmellata con le more!"
"Matti non facciamo la marmellata"

La signora riappare, lascia una bottiglia di latte nel suo cestino e poi riparte. Che brutta sensazione che ho !

"Ma allora che le prendiamo a fare le palline nere !?"
"..."
"...!"
"Matti ma chi ti ha detto che andiamo a prendere le palline nere, amore di papà ?!"
Ora ho il mio viso a livello del suo , girato verso di lui che sta alla mia sinistra, lo guardo dritto negli occhi, piegato in basso, il naso quasi a toccare il suo. Mi risollevo e ...

"Signora scusi ma lei dove stava? Non mi pare che fosse davanti a me, mi perdoni sa ma è un quartodora che sono in fila, abbia pazienza."
"Guardi che io ci avevo lasciato il cestino in fila !"
"Come il cestino signora? Guardi che i cestini non fanno le file, non pagano alla casse. Potrei capire un cappello ma un cestino, e no eh !!"
"Mamma mia che modi! Non c'è mica bisogno di alzare la voce se proprio vuole la lascio passare!"
"Ecco si, mi lasci passare grazie. Si che ho proprio fretta e che è meglio!"
"... e poi dobbiamo andare a fare le marmellate !"
"Matti non andiamo a fare le marmellate."

"Allora cosa ci fai con quei barattoli ?"

Insalata di mare tiepida omaggio ad Uliassi



Un piatto che potete mangiare da Uliassi qua vicino a Senigallia. Io ci ho messo un calamaro, una mazzancolla, uno scampo, un filetto di gallinella, qualche vongola, cozza, un piccola buccia di limone, un pomodorino piccadilly sbucciato e privato dei semi, poco sale, pepe e un filo di olio. Cuociono, i barattoli, a bagnomaria per una ventina di minuti e si aprono a tavola per goderne il profumo.

A Matti facevano "schifo". E gli è rimasta la marmellata nel gozzo.
Provvederemo, ma non subito.

20 ottobre 2008

Un paio di cose che mi mancano

Voglio il cielo plumbeo di ottobre. Voglio tornare in quella valle, fermarmi lungo la strada, riattraversare quel ponticello che da vent’anni consente di superare il fiumiciattolo. Voglio risedermi al mio posto, in fondo alla piccola sala, e come vent’anni fa aspettare che la signora venga a recitarmi la lista dei piatti.
Voglio il sole di giugno che si nasconde dietro al monte Strega, voglio il caldo del tardo pomeriggio. Voglio sedermi sui tavoli fuori, sentire il gorgogliare del ruscello, ordinare una birra ghiacciata e una crescia.
Voglio il freddo di gennaio. Come quel sei gennaio di quasi dieci anni fa, quando ci sedemmo a tavola per pranzo, e finito di mangiare restammo lì a raccontarci la vita, a giocare a briscola, ad aspettare la sera. Con la signora che ci portava le frittelle di patate e che ci chiese cosa volevamo per cena.
Voglio la pioggia sottile e fresca di dicembre. Voglio guardare lo specchio lucido dell'asfalto alla luce del lampione. Voglio infilarmi nel caldo della sala, sedermi vicino al camino. Appoggiare la sedia al muro in precario equilibrio, ascoltare le chiacchiere degli amici e lasciar decidere a loro.
Voglio le mattine fredde di aprile. Voglio veder salire dai boschi le volute di nebbia. Voglio passare davanti in bicicletta. Gridare dalla strada se mi tengono un tavolo per pranzo, a Stefano affacciato alla porta, sentirmi chiedere chi sono, gridare il mio nome e con la coda dell'occhio vedere il braccio che si alza, la mano a pugno e il pollice alzato.
Voglio i sabati di luglio quando arrivavamo per pranzo. Voglio l'ombra dei pioppi, il vino fresco di ghiacciaia. Voglio aspettare quel piatto di carbonara, dolce e croccante, sentire il vino che scioglie il palato dopo l'ultimo boccone, sazio e felice.
Voglio le sere di settembre. La cacofonia della tavolata di venti persone, la tranquilla spensieratezza dei nostri vent'anni. Voglio veder arrivare i vassoi di grigliata, sentire il profumo del sugo misto al limone, mangiare con le mani, e sentire lo schiocco delle dita succhiate. Il mugolio di soddisfazione di chi ci veniva per la prima volta.

Voglio i fagioli con le cotiche de Le Cafanne









Le Cafanne
via Fonte Avellana, 19
61040 Serra S.Abbondio (PU)
0721 730706
www.lecafanne.it

17 ottobre 2008

Quando te le vai a cercare

Accadde questa estate prima che un caro amico medico mettesse poi rimedio con il suo intervento. Grazie “Po” !.
Accadde dicevo che per cause del tutto inspiegabili il mio peso aumentò fino ad arrivare agli ottanta chili, etto più etto meno. Accadde che trovandomi in questa ridente cittadina decidessi di cercare tra gli indigeni uno che di mestiere facesse il dietologo, nutrizionista, alimentarista, uno, insomma che, mi facesse tornare un po’ di chili prima. Accadde che in una giornata di luglio finii nel suo studio un po’ démodé. Accadde che una gentile signorina, non quella eh, mi chiedesse di spogliarmi e dopo la pesata di rito vestito (!) e la presa di misura per altezza, mi chiedesse di spogliarmi e di sdraiarmi sul lettino. Fu dopo che una corrente elettrica ebbe attraversato il mio corpo da elettrodo ad elettrodo, e la stampante ebbe sputato fuori un paio di fogli di carta, che la signorina, di bianco vestita, mi disse che potevo rivestirmi. Ci tenne però a precisare, che giornalmente il mio organismo espelle per le vie urinarie circa tre litri di acqua e che quindi secondo i calcoli della famigerata macchina, io ingerisco la bellezza di due virgola qualcosa litri di acqua al giorno. Ebbi anche la soddisfazione, ci si attacca a tutto in certi casi, di sentirmi fare i complimenti, per così mia grande capacità di minzione. Non nascondo che ebbi anche la tentazione, nella speranza di ottenere maggiori complimenti, di far notare che i litri diventavano quasi una tonnellata se si proiettavano in un anno solare. Rinunciai più per pudore, pensando alla mia figura, nel suo immaginario, nell’atto di scaricare una tonnellata di liquidi.
Le cose cambiarono al cospetto dell’eminente dottoressa, che senza guardare il foglietto di carta che certificava il mio litraggio, se ne usci con un secco “Lei beve poco”. Capite che rimasi alquanto sorpreso nello scoprire che prima ero un soggetto da guinness e ora passavo ad essere un “… disidratato. Lei è disidratato.” Feci notare che la capienza del mio organismo, certificata dalla di Lei aiutante, era paragonabile, con il dovuto rispetto, ad un acquedotto comunale. L’anziana, e anche bassa, dottoressa ebbe un moto di diniego quando la invitai a verificare i dati che teneva in mano, lo fece con controvoglia e dopo un’accurata occhiata mi disse: “Lei è anche obeso". Un sovrappeso ci sarebbe anche stato ma l'obesità non me l'aspettavo. "Nella storia ereditaria della sua famiglia, ci sono casi di malattie cardiovascolari ?”. Ora chiedere ad un italiano medio se nella sua famiglia intesa come genitori, nonni, zii e fratelli, qualcuno soffre di cuore è come chiedere ad un beduino se vuole un sorso d'acqua. “Ecco vede, Lei è anche a rischio di infarto”. Ricordo vagamente di aver pensato, che onestamente sono a rischio anche di tante altre cose.
Si continuò con una mia attenta e dettagliata descrizione di una mia settimana alimentare tipo. E non nascondo che la mia sorpresa fu grande quando dopo aver inserito tutto nel suo computer 386, l'anziana dottoressa, osservando lo schermo con malcelata sorpresa se ne uscì con un: “Ma lei mangia … poco !”
La gioia che provai nell’immaginarmi seduto a strafogarmi di cibo, ma magro, di una magrezza impossibile, fu tale che indubbiamente trasparì dal mio volto in forma di flebile ammiccamento. Qualsiasi velleità di dimagrarire scomparve al suo immediato commento “Mangia poco, ma MALE !”.
Diciamo che me ne uscii triste e disperato con la prospettiva di un obeso che di lì a poco sarebbe morto di infarto, e se non fosse morto sarebbe dovuto tornare in quello studio a sentirsi rimproverare beceramente, della sua disidratazione.
Fu solo alla sera, davanti ad un piatto di prosciutto accompagnato da un pacchetto di cracker, che sfogliando i grafici che scrupolosamente mi erano stati stampati mi accorsi che, per il professionale studio medico, Loste era stato classificato come "Femmina", più bassa di cinque centimetri e con due chili in più del reale.

Per poco non mi prende un infarto !

13 ottobre 2008

Sarà stato solo per caso

Sarà che ogni mattina che usciamo sembra sempre freddo, e dopo averli tutti mandati verso le rispettive scuole, iniziamo a pensare alla spesa del fine settimana. Sarà che l'altro giorno non avevamo voglia di seguire gli schemi prefissati, che negli altri giorni, la vita ci impone. Sarà che non avevamo semplicemente voglia di metterci lì a pensare, e che uno di noi ha lanciato l'idea di andare a fare la spesa in un posto dove non siamo mai andati. Ti ricordi quando siamo passati a ... c'era un negozietto di frutta e verdura... sembrava carino. Sarà che per arrivare in un posto ci sono tante strade, e che di in certi giorni di prendere la più corta, proprio no. Sarà che a volte l'auto sembra scorrere più leggera di altre volte, così leggera che neanche sembra di guidarla. Sarà che a volte capita che la musica che ti esce dallo stereo, è in sintonia con l'aria che entra dal finestrino aperto, anche se è freddo, e che il sole che si intravede tra gli alberi basta a farti sentir caldo. Sarà stato per tutte queste cose o, sarà stato solo per caso, ma se devo dire perché ci siamo ritrovati davanti al vecchio mulino di Cabernardi io non lo saprei proprio.


E che se poi sei davanti ad un mulino ad ottobre, è naturale che pensi "polenta", anche se forse ci vorrebbero altri dieci, magari dodici gradi di temperatura in meno, ma visto che ci sei, giri e ti fermi.
Ed è vero sì, che tu mal sopporti i gatti, ma è anche vero che loro non sopportano te, ma visto che ci sei e che alla fine ci si può sempre sopportare a vicenda scendi e li guardi crogiolarsi ai primi raggi di sole.


E poi magari è vero che lì per lì, tu puoi apparire per uno un po' scorbutico e musone, ma in fondo in fondo, che ti costa rassicurare quella vecchina che il gatto che ha sulle braccia, a te non non sembra per niente cieco. Ed è vero si, che se invece guardi lei in viso, meglio negli occhi, forse è lei e non il gatto ... Ma magari adesso è quel raggio di sole sbucato da dietro le fronde degli alberi che fa qualche strano scherzo.


E magari sarà anche vero che i vecchi mulini son tanto belli e fanno tanto campagna, per chi vive sempre il caos delle città. Ma è anche vero che ad un paio di euro al chilo ai voglia a far passare acqua nelle "parate". E che se poi pensi di comprarla in un altro posto, allora pensi che di polenta non ne mangerai più, e magari chissà quando ti ricapita di farti una:

Polenta con polpo in guazzetto e olive taggiasche



Sarà che per una polenta tradizionale, era veramente troppo caldo, sarà che un sugo con un paio di polipetti alla fine non è neanche così complicato, basta far bollire i polpi, ben puliti, negli odori (carota, sedano, foglia di alloro) per un 45 minuti e lasciar freddare nella loro acqua. Mentre si sta lì ad aspettare si prepara un soffritto di aglio, dove si tuffano i polipi, si salano si pepano e li si lasciano prender colore, odorando con qualche ago di rosmarino, per poi sfumare con un mezzo bicchiere di vino. Una volta che che è ben evaporato si butta una certa quantità passata di pomodoro di quelle buone, che basti per la polenta, la si lascia sobbolire per un quindici minuti, correggendo di sale e aggiungendo le olive alla fine.
Sarà stata la fame, sarà stata la novità ma non mi pare sia avanzata molta polenta e poi se avanza, come dicono i vecchi, è più buona il giorno dopo che appena fatta.

08 ottobre 2008

Un lungo pensare

L’alba ha un velo di nebbia, quasi trasparente, una foschia che nel grigiore del mattino confonde la vista. Un respiro di vento la sposta, e la fa scorrere lungo il giardino come un’enorme quinta di palcoscenico. Osservo i suoi movimenti come se da un momento all’altro dovesse iniziare il prossimo atto, il resto dello spettacolo. Negli squarci, che ogni tanto si aprono nel vapore, oltre il fondale del palco, intravedo i profili delle colline di fronte. Sono stanco, di quella stanchezza da fine settimana, stanco di dover pensare che è di nuovo domenica, che di nuovo si riparte. Così stanco, di quelle stanchezze domenicali; mai provate? Magari tra poco piove e allora che esco a fare? E se non esco mica serve vestirsi, si può restare in tuta tutto il giorno, no?
Aspetto che quel il sole appaia oltre la finestra del bovindo. Si affaccia e allora gli scatto una foto


Poi lo guardo salire in una striscia di cielo sereno, che si staglia sopra alle colline di prima, ma dura poco, scompare, quasi subito, dietro ad uno spesso strato di nubi grigie. Pioverà. Resto in tuta. Di sopra non ci sono rumori, di fuori l'aria si prepara alla pioggia. Seduto su questo divano torno alla mia lettura. Il malessere di un lungo pensare mi aspetta tra le pagine del libro. Una storia che si dipana nell’immensità dei territori Canadesi di metà ottocento. Un’immensità lasciata solo immaginare, descritta a contorno di un percorso limitato dove i personaggi si muovono, abbandonando certezze e luoghi conosciuti,per andare incontro a dubbi e scoperte. La possibilità sfiorata di dare una dignità al popolo delle sei nazioni, e la testardaggine materna di restituire palesemente quella del figlio al cospetto di una comunità. Un intreccio piacevole che si dipana per quasi cinquecento pagine per ricondurre, nel finale, ognuno nel posto che il destino gli ha riservato. Nel libro una neve leggera comincia a cadere, coprendo le tracce di una fuga. Fuori del bovindo una pioggia leggera comincia a cadere, coprendo le tracce di un ritorno.

E' il caso di mettersi al lavoro, tra poco scenderanno e qualcuno mi aiuterà a preparare i:

Maccaroncini al sugo di anatra



Ho preparato, con il torchio, dei maccaroncini di grano duro e uova, strano vero? ma efficace garantisco. Per chi non fosse "torchiomunito" van bene anche dei garganelli all'uovo. Per quattro persone ho disossato e privato della pelle 1/4 di anatra. Ho battuto la carne al coltello, insieme alle interiora: cuore e durello (del fegato ne ho fatto un uso diverso). In una casseruola ho preparato un trito di cipolla, scalogno, sedano, e carota che ho fatto appassire in poco olio evo. Ho aggiunto la carne e l'ho fatta rosolare benissimo, ho salato e pepato e ho, poi, sfumato con una buona grappa, lasciato cuocere per circa mezz'ora coperto a fuoco bassissimo. Ho aggiunto due cucchiai di passata di pomodoro e ho lasciato andare per un'altra mezzora correggendo di sale. Ho lessato la pasta e l'ho fatta saltare in padella con il ragù mantecando con una piccola noce di burro.

Tra un prima e dopo fuori è continuato a piovere a tratti, con scrosci freschi e profumati. Tutti son rimasti in tuta, qualcuno, addirittura, in pigiama, ma ci sta, qualche volta ci sta.






02 ottobre 2008

Senza parole

E’ inconfondibile quel passo che scende le scale, è come un tamburellare leggero, che risuona nell’aria fresca del mattino. Lo sento scendere e seguo la sua corsa con quel suono, che i suoi piedi scalzi fanno sul legno. La sua immagine sfuocata e confusa appare dietro il vetro satinato della porta della cucina. Resta un attimo indeciso, se tentare con questa porta o dirigersi verso lo studio, ma poi vedo il movimento delle braccia e le punta delle dita appaiano tra lo stipite e l’anta, forzando e facendo scorrere finalmente la porta che scompare nel muro. I pantaloni del pigiama sono troppo lunghi e avvolgono i piedi quasi a sostituire le ciabatte che non metterà mai, una decina di gatti stilizzati dai grandi occhi mi osservano dalla giubba del suo pigiama, poi appaiono i suoi occhi, grandi come quelli dei gatti. Me ne sto in piedi in mezzo alla cucina e aspetto. Mi corre incontro, ma non mi abbraccia. Infila, come sempre, il suo viso nell’incavo che il mio gomito sinistro fa lungo il mio corpo, ci si tuffa come se fosse un cuscino di piume. Poi prende la mia mano sinistra e se la porta ad avvolgere le sue spalle. Poi a tentoni con il viso ancora “nascosto” nel mio fianco, cerca la mano destra e se la porta sulla testa, in una lunga carezza che serve a ricaricarsi. Non parla non dice nulla, io accarezzo e lui si accoccola meglio, si gode del tempo mancato. E anche io cerco di ricaricarmi di tutta la settimana senza di lui. Rimaniamo in silenzio, ma con i pensieri ci parliamo. Ci diciamo che ci siamo mancati e che vorremmo stare più insieme, ci diciamo che è bello ritrovarsi in questa cucina, fredda e buia nel grigio di un giorno che non arriva, ci diciamo tutto il bene che ci vogliamo e che tra poco, quando lui grande, per strana vergogna non ci diremo più.

Poi quel sabato gli ho fatto una:





Per la frolla mi sono basato sulla ricetta di casa a oramai sperimentata che trovate qui, per la farcitura invece mi aveva attirato una ricetta del mago degli impasti e non sono assolutamente rimasto deluso. Ho disposto la frolla in una teglia con il bordo a sgancio, l’ho bucherellata e poi ho fatto una prima cottura a 180° per 15 minuti. A quel punto ho steso un velo di marmellata di mandarini amara, cosparso con qualche amaretto sbriciolato, e aggiunto due pere piccole fatte a tocchetti e saltate prima in padella per 4 minuti con un cucchiaio di zucchero e una spruzzata di cannella. Ho coperto poi il tutto con una crema al cioccolato ottenuta sciogliendo a bagnomaria 150gr di cioccolato 70%, insieme a 75 gr. di burro. Ho tolto dal fuoco e ancora caldo ho incorporato 3 uova e 2 tuorli, ho poi aggiunto 150gr di zucchero e 50 gr di farina 00, lasciando raffreddare. Ho riinfornato il tutto per altri 30 minuti e goduto con tutti.