Ci sono
Ci sono posti che meritano tempo. Posti a cui non basta una volta, forse neanche due, e che alla terza ancora li senti solo sussurrare. Posti introversi con cui è difficile entrare in sintonia. Ci si rispetta si, ma ai primi approcci ci si tiene a distanza, ognuno dalla sua parte, e chi ti conosce ! Posti un po' metereopatici, che a seconda della stagione, della luce, appaiono diversi, raccontano altre storie, sfuggono, scappano, lontano dalla confusione chiassosa dei vacanzieri, dei bimbi strillanti. Per riapparire poi, come in un lento risveglio, solo quando la folla è lontana, solo quando a viverli sono le poche persone di se stessi, e qualche foresto rimasto ad aspettarli, a sentirli parlare.
A me piacciono i posti così, mi fanno sentire a casa anche se a casa non sono. Mi sembrano culle di solitudine dove lasciar fuggire i pensieri. Grandi fogli di carta bianchi, dove le orme del passeggiare lasciano leggeri segni di consapevolezza, come parole illeggibili, che parlano da sole.
Posti in cui seduto al sole di un tardo pomeriggio, un libro appoggiato su di una gamba, le dita infilata tra le pagine a mo’ di segno, mi lascio portare lontano. Lo sguardo perso, oltre questa terrazza, la strada sotto dove non passa nessuno. Ancora oltre fino al ruscello di acqua gelata che scende silenziosa dallo “Scalettapass”, e oltre a percorrere con gli occhi i sentieri che salgono lungo le pendici di questa montagna, dove le ombre di un sole che ora se ne sta andando, me li fanno quasi solo immaginare. Il freddo veloce che mi assale, l’ombra della sera che si allunga tra i tavoli di legno consunto. La giacca a vento infilata di corsa, calda di quel calore di tutto un giorno passato nello zaino. Il bavero tirato su fino alle orecchie e ancora la sensazione di caldo del tessuto che copre il bordo del collo. L’altalena che dondola con un cigolio lento e monotono, mentre fa giocare Matteo. Un pomeriggio passato a tentare di farsi capire da una coppia di bimbi di un biondo brillante, lui vestito fin sopra la punta dei capelli, loro due in maniche corte. E ora che mentre dondola racconta storie e parla e riparla lo farà sicuramente nella lingua dei bambini.
La cameriera ha ritirato gli ombrelloni, i menù plastificati, i cuscini dalle sedie, ha spogliato dei colori tutto quello che si poteva. Il grigio della sera si intona al grigio dei lunghi tavoloni che sono l’arredo di questa terrazza. Sul tavolo a fianco le carte scivolano veloci, Leonardo che colleziona chiusure una via l’altra, affossando la madre, debole per mancata esperienza d’ osteria. Ad ogni mano mi rinnova l’invito alla scala. Io che tardo ad alzarmi, sorrido e ammicco sornione. Ritardo il momento in cui abbandonerò questo crogiolo di silenzio e pensieri. Adesso mi alzo. Adesso mi sposto di quei venti centimetri che cambiano il mondo, la vista, i rumori, ora lo faccio, più piano tra poco.
La gerstensuppe del Teufi
Preparo un brodo di verdure con carote, zucchine, un paio di patate e una foglia di spinacio. Lo filtro e poi in 600 cl di brodo ci cuocio 200gr di orzo perlato che ho lasciato in ammollo per una quarantina di minuti. Ci vorranno altri quaranta minuti di cottura a fuoco lento. A metà cottura salo la minestra, e aggiungo una brunoise di verdura (carote, zucchine e coste di bietola), in venti minuti sarà croccante al punto giusto. Appena prima di impiattare se troppo densa allungo con ancora poco brodo, prima di servire aggiungo un cucchiaio di speck tagliato a listarelle e sciolto in padella con pochissimo olio e cipolla appassita, sfumato alla fine con poco vino bianco.
Se vi piace insaporite con un cucchiaino di parmigiano.
Aggiornamento "post produttivo" su consiglio di una lettrice, @Cinzia consiglia di lasciar riposare questa zuppa qualche ora, se non addirittura una giornata, questo per rendere il tutto più cremoso e denso .
La ricetta originale vi sfido a trovarla, ogni angolo dei Grigioni Svizzeri ne nasconde una, e anche in Veneto ne trovo traccia, quindi fate voi: la mia, la veneta, la grigionese.
Mischio le carte con fare lento e distratto, di chi ha calpestato le osterie di un tempo, quattro giocatori e venti persone di pubblico arroccate attorno al tavolo. Qui solo il freddo della sera che scende e il profumo della zuppa che sale.