25 aprile 2010

Aspettando la prima vera giornata di sole

Ci vorrebbe quell'aria tra il fresco e il freddo.
Quell'aria di fine ottobre da inverno impellente. Ci vorrebbe il cielo plumbeo e pesante di nuvole grigie.
Ci vorrebbe quella pioggia che cade silenziosa, senza scrosci e senza troppa confusione. Pioggia continua, incessante che rende la terra gonfia e spumosa.
Ci vorrebbe il buio nelle case anche se è giorno pieno, quel senso di oppressione anche se non si è oppressi.
Quell'aria che porta tristezza dentro e un po' di allegria fuori se ci si mette d'impegno.

Ci fosse tutto questo potrei fare uno:

Strudel di pere e cioccolato



Preparate la pasta con 320 gr di farina 00, 30 ml di olio extravergine di oliva e 150 ml di acqua fredda. Lasciate riposare la pasta in frigo per un'ora circa poi la stendete sottilissima al matterello. Una volta ottenuta la sfoglia disponetela su di un canovaccio pulito.

Per la farcia usate due pere William di media grandezza 100 gr di cioccolata fondente al 65% grattugiata grossolanamente e un poco di granella di nocciole o mandorle a piacimento, un paio di cucchiai di zucchero semolato. Fate sciogliere 30 gr di burro, e poi spennellate la sfoglia completamente. Ponete la farcia su di un lato e arrotolate lo strudel, fino a formare più strati l'uno sull'altro. Infornate su di una leccarda imburrata a 180° per 15 minuti poi abbassate a 160° e continuate per altri 25 minuti. Durante la cottura tornate a spennellare con il burro almeno un paio di volte.

Affettate a spicchi sottili altre due pere, in un pentolino scaldate 150 gr di zucchero semolato con un cucchiaio di acqua, una volta che lo zucchero inizia a caramellare e prende il colore tipico, incorporate un bicchiere di passito che avrete tenuto in ebollizione. Quando il caramello è pronto incorporate le pere e lasciate cuocere per qualche minuto.

Servite tutto tiepido e aspettate che arrivi la Primavera

18 aprile 2010

Globalmente sfigati

Sorry may I ask you a question ?
A parlare è stata una ragazza castana, bruttina, il viso leggermente appensantito, gli occhi gonfi e cerchiati di rosso. Sembra giovanissima, per un attimo penso sia minorenne, ma a quest'ora una minorenne alla Gare de Lyon non voglio immaginarla, quindi avrà diciotto, diciannove anni.
Ya sure, gli faccio. You're coming back in UK ? torna a chiedermi. No, we try to coming back in south Europe, in Italy.
Gli occhi della ragazza diventano lucidi, distolgo lo sguardo, sono più imbarazzato io che lei. I colleghi sono sempre in coda alla biglietteria, e un ragazzo mi ha preceduto alla macchina dei self-ticket. Mi ha pure fatto perdere la fila.

La guardo. Mi parla con un groppo in gola, la lingua diversa che non aiuta, l'accento strascicato, oddio Birmingham ?! Speriamo di no, mi servirebbero i sottotitoli multilingue. Ma la ragazza si trattiene, nonostante l'insieme di emozioni e il torsolo di mela, in un inglese abbastanza “pulito” mi spiega che non ha più l'aereo. E fin qui non mi racconti niente di nuovo tesoro.
Che i treni sono tutti pieni. Ecco speriamo solo verso l' Inghilterra e non anche verso l'Italia.
I TGV sono i sciopero. Come in sciopero? Con il porcaio che c'è stanotte, tutto il nord europa sotto il vulcano, i ferrovieri francesi mi fanno sciopero ?! E che siamo in Italia ?!
Non ci sono bus, e neanche auto a noleggio. O cazzo ! Ma sei sicura ?
Mi trattengo, mezzo passo verso il self-ticket, una marcatura a uomo a coprire quel signore, grasso e tarchiato seguito a distanza dalla moglie, tarchiata anche lei, sovrappeso, che si stanno avvicinando pericolosamente a me alla mia macchina dei biglietti. Probabilmente sono spagnoli o argentini.

Where is the problem ? You're in Paris, not in the middle of nowhere. Dico alla ragazza in tono tranquillizzante, la coda dell'occhio verso la coppia che avanza. Faccio ancora mezzo passo e si bloccano. Torno a guardare la ragazza e fli faccio: Come back to the hotel and enjoy yourself around Paris and surroundings, till that this bloody cloud it will disappear.
La ragazza ora mi guarda con un' espressione sorpresa, come se avessi bestemmiato. Gli spagnoli o argentini hanno desistito e si allontanano.
Marcel ! Marcel !
Faccio un salto in mezzo al salone, che mi fa perdere la marcatura del self-ticketing. Un ragazzo mi urla nelle orecchie: carnagione scura, capelli corti ricci, cuffiette alle orecchie ed espressione allucinata, un francese di origine algerina che ha fatto “troppo amicizia” con uno spino. Continua a gridare ma forse non “Marcel”, forse urla “Marseille”
Marseille! Marseille!
Tranquille mon ami je pars tout de suite, gli faccio. Forse il Marsiglia ha giocato e vinto. Forse ne vorrebbe l'indipendenza, o magari si chiama Marcel e fa il tifo per se stesso. Tre agenti della security apparsi dal nulla lo allontanano verso l'uscita. Lui si calma e fa due passi di lato, mi costringe a girarmi in tondo per ossservarlo. Quando torno a voltarmi la coppia di spagnoli o argentini, sono davanti alla macchina dei biglietti e stanno cercando un treno. La ragazza inglese, mi tocca un gomito.
I've no hotel anymore, I've no place for sleep ....

Eh ma allora sei sfigata figlia mia, e non ci si può fa gnente e magari un po' di sfiga me l'hai pure attaccata. Però se ti cerchi un ostello, e chiedi l'indirizzo a quei tre signori della security, da dormire lo trovi. Poi per tornare a casa magari la tua ambasciata ti potrà dare qualche dritta. Gli occhi gli si illuminano e appare uno stentato sorriso mentre mi saluta e va verso i tre poliziotti. Il ragazzo tifoso del Marsiglia, che si chiamava Marcel è scomparso. I due spagnoli o argentini mi si accostano: todos los trenos hacia el sur de la Francia, éstan llenos.

Ecco lo sapevo che m'aveva attaccato un po' di sfiga e mò come ce torno a casa ?

La mia lingua



Non copio il maestro neanche mi ci avvicino, il suo concetto di cucina, e di arte, lo lascio in calce a questo post. Sarei un presuntuoso, un folle, sarebbe come tentar di copiare lo stesso Fontana.

Ho lavato bene una lingua di vitello, l'ho messa sotto vuoto con delle foglie di prezzemolo, una carota, e una costa di sedano. L'ho cotta al vapore per circa un'ora e mezza. L'ho lasciata raffreddare ancora nel sottovuoto. Aperta, pulita della pelle. Servita con una maionese (fatta a mano) ed una salsa verde fatta con un peperone verde sotto aceto ( opera di mi zia ) sminuzzato con due acciughe scottato in padella, raffreddato e frullato con una manciata di prezzemolo. Alla salsa si aggiunge olio e peperoncino piccante, a piacere, si corregge di sale se occorre. La si serve fredda alla base della lingua, che viene fatta a tocchetti di circa 3 cm di lato, stile finger-food, un cucchiaino di maionese e del sedano a julienne scottato con una noce di burro e un cucchiaino di zucchero.


Il maestro dice questo

11 aprile 2010

Aspettando il sole

Chissà se piove ancora?
E' ormai buio e aldilà dei vetri non riesco più ad indovinare la ragnatela leggera della pioggia. Uno scroscio sottile e continuo, che dura, se piovesse ancora, da questa mattina.
Pioverà sicuramente. Anzi forse sarà già neve, una leggerissima nevicata, che questa mattina ha imbiancato il monte dello Strega qui dietro. E che ora magari è scesa fino a qui.
Una pioggia che mentre salivo, assonnato e distratto, cresceva di consistenza, prendeva colore, spiaccicandosi sul vetro dell'auto, il quel magico passaggio dell'acqua in ghiaccio.




Un mondo ovattato di nebbia, come la mia testa dopo il risveglio. Un' aria pesante come la terra bagnata di questo bosco. Ho guidato ascoltando la musica, sembrava che anche i fiocchi di neve la potessero ascoltare. Ho passato quel limite invisibile che ti fa capire di essere sopra ad una montagna. Ora la neve cade leggera, fitta e insistente. Mi volto di lato e immagino che laggiù da qualche parte ci deve essere il mare.

Chissà che cosa racconta il mare quando quassù in montagna cade la neve.
Così son sceso come farebbe la pioggia, infilandosi sotto la terra, dentro questa terra profonda e diventando acqua. Son sceso come farebbe un fiume, infilandomi lungo le valli che percorrono questa terra da ovest ad est. Son sceso verso quel mare nascosto dalle nuvole. Ho seguito quella neve lungo la sua strada, l'ho accompagnata pian, piano fin sulla spiaggia.



Ho aspettato che si tuffasse nel mare: pioggia piovuta che ha attraversato la terra, e che se ne ritorna a casa.
Come noi, che riprendiamo la strada verso le montagne, torneremo a casa, ci siederemo sulle nostre poltroncine a guardare la pioggia cadere

Aspettando il sole



Le uova: Il sole. Gli asparagi: La terra. Gli scampi: Il mare.
Ho affettato un uovo sodo a testa, vi ho adagiato quattro punte di asparagi appena scottate e divise a metà. Ho salato con un fleur de sel de Guerande.
Sopra agli asparagi son finite quattro code di scampo, cotte per la bisque. Il tutto condito con una riduzione di bisque di scampi.

Per la bisque:
Un soffritto fatto a dadolata di sei carote, un porro, una cipolla e un cuore di sedano. Ho fatto andare in olio evo: 3 cucchiai e in una noce di burro di 30 gr.. Rosolate bene le verdure, ho aggiunto la punta di un cucchiaino di concentrato di pomodoro. Ho messo dentro sedici scampi, avendo diviso la testa dalla coda. Rosolato per un paio di minuti e sfumato con mezzo bicchiere di cognac e mezzo bicchiere di vino bianco. Ho lasciato andare per qualche minuto, poi ho recuperato le code e tenute da parte. Ho fatto alzare il bollore, aggiungendo poca acqua bollente se serviva. Ho spento e lasciato raffreddare.Ho recuperato le teste dei gamberi e in un mortaio capiente ho pestato il tutto. Ho allungato con poco brodo di verdure bollente, filtrato e incorporato alla bisque. Ho passato il tutto con un frullatore ad immersione, riportato a bollore e ridotto, salato e pepato. Per poter fare una crema ancora più densa, ho usato qualche cucchiaio di riso stracotto ridotto in crema passandolo con un frullatore ad immersione.



Oggi mentre scendevamo verso il mare, per radio è passato questo pezzo QUI