22 marzo 2007

La fine dell'inverno

La fine dell’inverno nella mia memoria infantile, coincideva con il ritorno di mia nonna. Lei viveva a Viareggio con un mio zio, e a primavera, forse per Pasqua, tornava a trovarci, una visita, qualche giorno.
Viareggio alla fine degli anni sessanta era lontana, più lontana di oggi. E se avevi una Renault10, come aveva allora mio zio, ti potevi permettere, di attraversare l’Italia, da est ad ovest due o al massimo tre volte all’anno. E così l’arrivo della nonna annunciato per posta, con lettera cartacea, chè di telefoni nel mio paese ce n’erano solo tre, al municipio, nella banca e al bar, era vissuto con agitazione e frenesia da noi più piccoli. Questo stato d'animo "psichedelico" era dovuto al fatto che dopo il Natale, o meglio dopo la Befana, a noi i regali li portava la Befana, questa era una delle poche altre rare occasioni di ricevere un regalo nell’arco dell’ anno.
Loro arrivavano di sera, giusto in tempo per la cena e la scena era sempre la stessa: mio zio un uomo biondo, capelli mossi, occhi azzurri, sopracciglia folte, appariva sulla soglia senza nulla in mano. Noi bambini lo assediavamo con tutte le domande di un bambino che aspetta una cosa desiderata, con quel desiderio che forse oggi i nostri bambini non hanno più tanto. Lui rimaneva evasivo, faceva finta di non capire, dopo un po' cominciava a sorridere divertito di quello stressante rompimento di balle infantile. Ammiccava , diceva e non diceva e poi sì, ammetteva qualcosa e allora noi cominciavamo a cercare, ripercorrendo la strada, i pochi passi, tra la sua auto e casa nostra. Era scontato che da qualche parte trovavamo qualcosa, cose che oggi apparirebbero banali: una scatola di soldatini, un' areo di quelli che lanci con la fionda, un missile che lanciato, anche questo con una fionda, ricadeva con l'apertura di un paracadute. Banalità che facevano festa e che dal giorno dopo, la sera c'era il tempo di cenare e finire a letto, avrebbero accantonato i giochi della Befana passata.
Il giorno successivo era sempre domenica quelle domeniche di paese di una volta scandite da fatti ricorrenti sempre uguali, il bagno di noi bambini, il vestito della domenica, la messa e poi il pranzo della festa. Il menù della festa ancora oggi in molte case è lo stesso di quello di un tempo, di quello della tradizione: tagliatelle al ragù e:

"Arrosoto misto" della domenica

Per circa sei persone: una spalla di agnello a cui avrete fatto incidere l'osso dal macellaio, per facilitarne il taglio, un pollo non troppo grande a cui smonterete ali e cosce e a cui dissosserete i petti, un pezzo di lombo di maiale, o una parte di un filetto di manzo. Rosolate la carne a fuoco vivo con olio, un paio di noci di burro, e gli odori (aglio, maggiorana, romarino, salvia) sfumate con mezzo bicchere di vino, salate, pepate e infornate a 180° per circa 30 minuti, le cotture dipendono dalle dimensione dei vari pezzi di carne, regolatevi. Lavate e pulite circa 150 gr di patate a persona tagliatele a spicchi e cuocete in forno a 180° per circa 45 minuti o 30 minuti se avrete l'accortezza di tuffarle in acqua bollente per 5 minuti, conditele con olio, sale e pepe. A parte lavate due cespi di radicchio e dividetelo in quattro parti, adagiatelo in cartoccio di alluminio, condite con sale, pepe e olio buono, chiudete il cartoccio e infornate per circa 15 minuti. Impiattate disponendo la carne e le verdure, nappate patate e carne con il fondo di cottura di quest'ultima.
Da berci un qualsiasi rosso importante, ma se vi capita provate l' "Olmaia" il Cabernet in purezza di Col d'Orcia, perfetto.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi piace questo tuo mix tra ricordi e consigli di cucina. Come dice Bourdain, il cibo perfetto è quello che riesce a farci vivere emozioni intense, e queste sono date dai ricordi.