13 giugno 2010

La prossima volta

E' stato il rumore dell'auto che si fermava.
Probabilmente se ne stava seduto in qualche angolo del garage di casa. Mi guardo intorno il campo che una volta era dedicato al grano, è da tempo un'immenso orto. Centinai di metri quadri ad insalata, fagiolini, una foresta di canne pronte a lasciarsi abbracciare dai pomodori. Più oltre lontane dalla strada le fave. Mi volto e lo vedo, dalla parte opposta della strada, mi viene incontro, zoppicante, il passo strisciante, quasi infermo. Faccio mente locale su quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ci siamo incontrati.

Forse è passato qualche anno. Forse. O forse il doppio del tempo da quando ci siamo conosciuti. mentre arranca verso di me, mi pento di essere venuto, lo sforzo che fa per raggiungermi è quasi penoso, ma non demorde. Gli dico chi sono, chi è mio padre, nel dubbio che la mente abbia fatto la fine delle gambe. Ma, mi guarda con un'aria quasi di commiserazione prima di dirmi: "Guarda che non so cieco! Come stai ?"
Bene e tu. E' un attimo e poi mi ribalta addosso una fetta di vita con tutto quello che ne consegue Di tutte le cose che dice, memorizzo pochissimo, quasi nulla, neanche i nomi delle persone che nel frattempo sono morte, mi si imprimono in testa. Mi perdo, ascolto la voce, ma non ascolto le parole, è come se quella voce, la sua voce, mi riportasse indietro nel tempo. Tutte le piste che ho fatto con Ciccio, la vecchia casa e i pranzi di Sara, Remo che "smontava" il maiale e il norcino ... il norcino ... chi era il norcino ?


"Che te serve?" Ciccio mi riporta su questo angolo di campo, sotto questa quercia, una stadera appesa, il vecchio vespino parcheggiato, i secchi vecchi di vernice, altre cianfrusaglie, i pezzi di quella vita ... "Le fave, Ciccio. Mi servono un po' di fave". Che siano le fave a riportarmi qui la dice lunga. Una volta si passavano pomeriggi, seduti in cortile a "stegare" fave e mangiare pecorino. Mucchietti di sale sparsi sulle tovaglie, file di pane e fette di lonza. Lo racconto a Leonardo, gli faccio vedere il vecchio cortile, su più in alto e lui ha una strana luce che gli attraversa lo sguardo. La luce di chi avrebbe voluto esserci, o forse quella di chi c'è stato, senza mai esserci venuto.

Raccogliamo le fave, poche, non ne occorrono più tante, quel poco che basta, ora, senza cortili ne tovaglie, ne sale sparso sopra. Non raccogliamo secchi come una volta, ne basta un cartoccio, o poco più. E non dico a Ciccio cosa ne farò, non capirebbe, non potrebe capire se gli dicessi che ci faccio:

Calamari ripieni di fave e pecorino


Per la farcia:
ho pulito delle fave tante da essere abbastanza, ho tolto anche la pellicina attorno, o meglio lo ha fatto Leo, ho battuto due uova, salato, pepato, un profumo di noce moscata, ho sminuzzato dentro cinque fette di pane in cassetta eliminando i bordi, ho aggiunto le fave e il pecorino fresco a tocchetti. Se il pecorino dovesse sembrarvi eccessivo, va bene anche una caciotta di latte vaccino.
Ho pulito i calamari e poi li ho riempiti della farcia con una sac à poche. Ho rosolato i calamari con un filo d'olio in padella e poi li ho passati al forno per cinque minuti. Un consiglio rosolate a fuoco basso, e se la farcia dovesse fuoriuscire, niente paura, alla fine della cottura la recuperate con un paio di cucchiai e ne fate delle quenelle.
Servite una volta freddi, accompagnando con delle bollicine di livello.


Mi ha detto che per quel cartoccio di fave bastava un euro. Ho aperto il portafoglio e gliene ho dati cinque, ha protestato, ha fatto il gesto di restituirmeli, e poi ha detto quello che volevo sentirmi. "Va bé allora avanzi, la prossima volta appareggiamo". Si la prossima volta Ciccio.


12 commenti:

Mia ha detto...

Buonasera Loste,
stasera poca voglia di andare a dormire quindi lascio la mano libera di viaggiare sul mouse e trovo la tua ricetta che mi intriga perchè tutti gli ingredienti mi piacciono molto già presi da soli.Così come mi piacciono le storie che scrivi e che conducono al cibo,strade per il cibo,belle strade.

Ornella ha detto...

Queste cose a volte mi mancano molto: il poter rivivere attraverso questi “passavo per di qua...” certi luoghi o situazioni che mi sono care; della mia terra, del passato... Mi consolo, pensando che è un bene la lontananza, l'immaginazione mi regala la capacità di “vedere” immutato qualsiasi ricordo. E sono tranquilla. Magnifico piatto quello che hai preparato, dai mille sapori...ciao buon inizio settimana!

luby ha detto...

non sai quanti ricordi in un attimo hai riappeso davanti ai miei occhi...
quante sensazioni sono passate come un brivido sulla mie guance...
grazie.
di cuore

Virò ha detto...

Questo tuo legame alla terra, alla gente genuina e alle tradizioni trasmette un'idea di saggezza atavica...

Loste ha detto...

Le strade del cibo e non solo quelle. Grazie @Mimì

Io spesso "passo di qua" volutamente a cercare, a ritrovare @Ornella. A volte si la lontananza aiuta a lasciare immutate le cose, a non vederle diventare quel che diventano.

Prego altrettanto di cuore @Luby :) ... mi piace scoprire che queste sensazioni non sono solo mie.

Non saprei se sono così saggio @Virò sicuramente sono legato alla terra e alla gente così tanto da sentirni gli odori in deja vù olfattivi ... paramnesia !

deny ha detto...

Quando leggo queste tue storie, vere, mi fai emozionare perchè anche a me succedono!!E' tanto bello poter avere in ogni angolo, qualche vero amico! Non commentabile, (per quanto deve essere buono), il tuo piatto!!!!!deny

Glu.fri cosas varias sin gluten ha detto...

Che te serve?
Non e' bellissima questa frase?
Mi viene nostalgia.
Mi piace come sono finite le fave...non e' come mamgiarle sole con il sale, ma che buone nei calamari, con il pecorino poi..

Unknown ha detto...

Mio nonno ha messo le fave in giardino. L'orto è la sua nuova terapia geriatrica. Dopo tanti anni passati a lavorare come fattore mi dice ridendo che deve far l'orto per tenersi in forma, insomma, lavorare da pensionato per restare sano e aggiunge: "ma allora, mi avessero lasciato stare, invece di dirmi che son troppo vecchio per girare tra i miei campi. Il mestiere è nella testa, non nei muscoli". Ho assaggiato la prova delle sue dichiarazioni, i suoi baccelli, come si chiamno a Firenze, son buonissimi. A casa mia si mangian crudi, ma si fanno anche stufati. Io ne congelo un po' e ogni tanto ci faccio uno spezzatino buonissimo!
Bella l'idea delle seppie, se e trovo di buone la provo.
Cinzia

Marco Fraschetti ha detto...

bollicine di livello? chef proporrei una gassosa...il piatto gustossisssimmo...il pecorino mhhh si un formaggio piu leggero altrimenti l'umore del calamaro si assupisce...quando mi invita a cena?

Mammamsterdam ha detto...

Le faveeeee, mangiate nell'orto dei genitori di zio Franco, che non era uno zio ma un collega di mio padre.

Anche da me le fave e pecorino per dessert sono la cosa da tramandare ai figli.

Però devo dirtelo questa ricetta è una meraviglia. Di quelle che non mi sarebbero mai venute in mente in un milione di anni, perché noi abruzzesi delle montagne siamo troppo ctonii per tutti questi ingredienti eterogenei in una ricetta sola (oh, che fave e pecorino sono monte e orto, e allor mi dici il calamaro come ci va a finire?).

Però mi ricordo pure di tutti gli anni passati a vivere dietro alla strada dei parò, i pescatori, e allora mi viene in mente che questa ricetta qui in fondo riassume la mia vita italiana.

E allora grazie.

matteo ha detto...

e' da tanto che seguo il tuo blog,complimenti per tutto e per queste bellissima storia. a presto
matteo

Loste ha detto...

Grazie @deny

eh si @Glu.fri eran proprio buone :)

L'orto è il passatempo di tutti i vecchi :) io finanzio mio padre per poi prendermi i frutti del lavoro, anche se non abbiamo ancora trovato un accordo sulla misura delle zucchine. Anche noi le facciamo stufate : la baggiana :)

ho pensato che che le fave e il pecorino sono di tutta questa terra marchigiana, mancherebbe la lonza, e allora se sei un pescatore che fai non le mangi ? E quindi prego :) @Mammasterdam

A presto @Matteo e benvenuto !