30 gennaio 2008

Il sorcio, il ratto, la rat-a-too-ee

Il film mi era piaciuto. Ma poi parlarne sul blog, lo avevano già fatto un po' tutti anche la gentile signorina, mi era sembrato superfluo. Io vado al cinema dopo un paio di settimane dall'uscita del film quando va bene. Diciamo che di solito scrivo sul blog se ho cose da dire, altrimenti, magari, mi limito a dire la mia nei blog degli altri con qualche commento. In effetti da qualche parte credo di aver dichiarato che il film in questione, sottolinea quello che per me è il concetto di cucina: IL RICORDO. La scena della ratatouille mangiata dal critico Anton Ego, e il dejà-vu, che questi ha, della propria infanzia e della cucina materna, rappresenta la sintesi assoluta di questo concetto.
Perché dopo aver mangiato, quello che resta è solo: la memoria, il ricordo.

Ecco allora, che per me, era finita lì, passata, andata. Film bello, con tutti i luoghi comuni e gli strascichi bloggereschi, le chiacchiere e qualche polemica, ma comunque finito in un cassatto della memoria.
Se non che sabato scorso leggo una mail di Massimo che mi dice che devo fare l'Iron Blog. Lo sapevo che ero nei quarti o terzi, come dice lui, di finale, ma chissà perché lo avevo posizionato quasi a metà febbraio, tutto pensavo tranne che c'era anche questa. E poi qual'è il piatto della sfida? E sì, visto che "il sorcio" si è candidato a cinque oscar, il tema è "una ratatouille per Anton Ego". Ci ho pensato un attimo, se, dar sfogo alla libera interpretazione o se in "onore" (da che pulpito) di quel film e del suo successo, basarsi il più strettamente possibile all'immagine digitale di quel piatto che nel film vine servito al critico. Manco a chiederlo dove sia caduta la mia scelta, la seconda che ho detto, ecco allora la:

Car-too-n rat-a-too-ee



Ingredienti per 4 persone
1 peperone rosso, 1 peperone verde, 2 zucchine medie, 2 melanzane lunghe e sottili, 100 gr di zucca gialla già pulita, 200 ml. di brodo vegetale, 20 gr di parmigiano grattugiato, 10 foglie di basilico, 4 piccole cipolle fresche, 2 spicchi di aglio, olio evo, latte, vino bianco, sale e pepe.

Preparazione
Lavate le verdure. Abbrustolite i peperoni a fiamma viva, con cannello o direttamente sul fornello. Una volta completamente abbrustoliti, chiudeteli in un sacchetto di carta per dieci minuti. Spellateli, puliteli e separate la parte centrale dal fondo e dalla testa. Riducete la parte centrale a striscioline, salate e condite con olio evo, tenete da parte al caldo.
In un pestello sminuzzate il basilico e aggiungete olio evo, tenete da parte.
Pulite le melanzane, eliminando metà della buccia in quattro strisce longitudinali alternate, tagliate a fettine sottili, stendente su di un panno carta e salate leggermente. Nel frattempo, tagliate a fettine le zucchine, mettetele in un contenitore e salate anche queste. In una padella con poco olio evo fate appassire per qualche minuto la cipolla affettata sottile e gli spicchi di aglio, sfumate con vino bianco e lasciate evaporare. Allargate il soffritto in un pirofila da forno, disponete alternativamente una fetta di zucchina e una fetta di melanzana, ogni dieci di queste mettete un pezzo di peperone (testa e fondo). Coprite completamente la pirofila, pepate e aggiungete olio evo. Coprite con carta forno, o alluminio, e infornate per 50 minuti a 160° e poi altri 10 minuti al grill, eliminando la carta. Nel frattempo fate bollire la zucca in 200ml di brodo vegetale, quando la zucca è cotta passate il composto al minipimer. Rimette sul fuoco e lasciate addensare la salsa, incorporate il parmigiano e poco latte, salate e pepate.
Impiattate disponendo la ratatouille al centro del piatto, aggiungete parte dei peperoni arrostiti e fatti a striscioline, guarnite con la salsa di zucca e condite con l'olio aromatizzato al basilico.

27 gennaio 2008

Le cose non fatte

Ho tante cose da fare, una lista lunghissima: dal sistemare il garage al chiamare un amico lontano. Son tutte cose che lascio per il fine settimana, poi quando torno a casa, mi perdo nella normalità di una vita che mi manca. E allora conto le ore, i minuti che mi restano per godermi quella normalità e tutto è rimandato al prossimo fine settimana. Anche il blog ne risente, vengo citato e premiato da molti "amicicolleghi" di rete, non me ne accorgo, o lo faccio tardi, dietro sollecitazione. Scusate sono imperdonabile. Però faccio uno sforzo e ci provo lo faccio raccogliendo tra tutti un meme passatomi e che in questi giorni impazza in rete, e visto che chi ha imparato a conoscermi sa la mia idiosincrasia per i "meme", apprezzatene lo sforzo :))
Dunque visto che sono nato in ottobre io dovrei essere così:

Loves to chat.
Mmmh mai sopportati i gatti... ops forse chiacchierare!? Mah neanche.
Loves those who loves them.
Loro chi? Loro noi? Ma se noi per loro, siamo loro? Loro amano noi o loro?
Loves to take things at the center.
Direi di sì, per esempio ho la scrivania piena di roba, centro compreso.
Inner and physical beauty.
La sprizzo da tutti i pori, da dentro a fuori.
Lies but doesn’t pretend.
Proprio vero menzognero ma senza fingere
Gets angry often.
Dipende ! Se stai buonino, non disturbi e fai poche domande... !
Treats friends importantly.
Behhh il teatro mi piace, anche gli amici... ma il teatro.
Always making friends.
Sempre. Tu cammini per strada, non ci siamo mai visti, arrivo io: amico mio.
Easily hurt but recovers easily.
Dipende se mi ferisci a parole: mi riprendo, se meni e viene sangue...
Daydreamer.
Appena apro gli occhi ....
Opinionated.
Fino alla morte, se poi si tratta di cucina... ostinatissimo.
Does not care of what others think.
E certo! Ce mancherebbe che me preoccupo dei pensieri degli altri, ne ho già tanti miei !
Emotional.
Adesso rido, poi piango, poi rido, poi piango, poi torno, poi parto..
Decisive.
Nei momenti critici più che decisivo direi determinante, scarabeo, pictonary...
Strong clairvoyance.
Mii... questa non la sapevo "MagoLoste legge il futuro e guarisce dalla peronospora"
Loves to travel, the arts and literature.
Da matti, tutti i venerdì e tutti i lunedì mi faccio un viaggietto tanto per sgranchirmi.
Touchy and easily jealous.
Si, si, invidio quelli alti, quelli biondi, quelli magri, quelli...
Concerned.
In questo momento no, dovrei esserlo? Sapete qualcosa che io non so?!
Loves outdoors.
Vero ma in mezzo ai monti
Just and fair.
Una mente rubata alla magistratura.
Spendthrift.
Solo per quadri, libri, cibo e vini.
Easily influenced.
Non crediate
Easily loses confidence.
Mmmmhh anche qui abbastanza difficile
Loves children.
Assolutamente si

E poi c'è una cosa che mi ero dimenticato di fare. Tempo fa avevo parlato di un caffè particolare, la cosa aveva incuriosito l'amico Maurizio. Lui aveva accennato a mettere nel menù quel caffè. Tempo dopo aveva chiesto in rete qualche idea per il suo menù ai blogger che lo leggevano. Io volevo dargli un'idea che mi frullava in testa, ma mi è sempre passata di mente, lo faccio ora annunciando:

"Buttami giù, ma poi tirati sù"


Questo dolce va preparato a tavola dal commensale così come dice il suo nome.
E' composto da una "moretta" la cui ricetta è qui, da una tazzina di crema al mascarpone e da una cialda di pandispagna ricetta qui. Per la crema al mascarpone, e per 4 persone montate due rossi con 3 cucchiai da cucina di zucchero semolato e battete fintanto che il composto non diviene spumoso. "Cuocetelo" a bagnomaria portandolo a 70° centigradi, mescolando continuamente. Togliete dal fuoco e incorporate 125 gr di mascarpone. Disponete nelle tazze e divertitevi ad incorporare caffè e pan di spagna alla crema, golosamente, godetene.

22 gennaio 2008

Ventosamente

Quando scivola sopra il lago di Como è poco più di una brezza. Breva, la chiamano i laghée, che pestano la terra delle rive. Gonfia qualche vela, sussurra tra le fronde degli alberi, in estate è un piacere sentirselo sul viso, a rinfrescare il caldo che sa ancora di pianura padana. Da li , va’ verso Chiavenna con un “passo” che sembra stanco. Vola alto per i paesi che gli stanno sotto: Colico lo sente appena passare. Poi quando più avanti sbatte in faccia al Pizzo Stella, allora gira a destra per la val Bregaglia. Si mischia con i venti dei monti, e chiamarlo Breva oramai è un'offesa. Quelli del posto non si curano neanche del suo passaggio, tanto sono abituati a sentirselo soffiare sopra le teste. Ma, quella valle è stretta: il piz Duan a sinistra, il Badile a destra alto e incombente e il Maloja di fronte che chiude il passaggio. E allora si stringe dentro a quella valle, aumenta la velocità, carica la spinta comprime i polmoni e soffia. Soffia quando entra a Maloja. Soffia e strappa i cappelli ai tedeschi affacciati sopra la terrazza del passo. Soffia dentro la valle dell’alta Engadina. Soffia quando corre sullo specchio del lago di Segl. Soffia negli aquiloni dei kite surfer che tagliano veloci l’acqua. Soffia quando passa sull’istmo tra i due laghi e scappa via, verso Silvaplana, Celerina, e poi giù a perdersi verso Zuoz.

Fu lì sulla riva di quell’istmo che separa i due laghi che una mattina d’estate incontrai quel vento forsennato e "cattivo". Tirava, su un aquilone a due fili, che a stento governavo, nel breve spazio del campo riservato a quel volo. Mentre cercavo di portarlo sulla verticale, una spinta più forte delle altre, e che magari aveva già avuto di che discutere con qualche fronda d’albero di troppo, prese il mio aquilone e, a fili tesi come due cavi d’acciaio, lo porto basso sul prato a rasare l’erba, spostandolo a velocità folle dall’angolo destro, verso il centro del vento. Matteo aveva due anni, un ciuffo di capelli scarmigliati, due occhi azzurri come il lago alle sue spalle, un carattere già deciso e definito, anche se, nessuno sapeva ancora che sarebbe diventato "Spaccaball". Un ciuccio più grande della sua bocca spuntava come un fiore di plastica sul viso paffuto e roseo. Con un passo trotterellante e incerto attraversava il prato tra me e l’aquilone. Quando il primo filo lo agganciò, per istinto tirai verso di me, l'aquilone si impenno in una verticale incredibile, con Matteo appeso. Lo vidi alzarsi da terra volando piano e leggero. Sembrava che un motore invisibile lo spingesse in un improbabile decollo verticale: le braccia larghe la piccola schiena arcata in un movimento pieno di equilibrio e di silenzio. Silenzio ! Ricordo un silenzio strano, mentre mio figlio preso dai fili dell’aquilone, era ancora in un volo che a me sembrava altissimo e infinito. Ricordo che pensai che se non si fosse staccato, e se mi fosse sfuggito di mano, avrei dovuto inseguire l’aquilone per tutta l’ Engadina. Come quei bimbi che rincorrono i palloncini scappati di mano, con lo sguardo al cielo, sordi a richiami dei genitori. Cadde seduto sul prato, dopo un tempo impossibile. Tornarono i rumori: il vento, il lago, le grida, la gente guardava, mia moglie correva, Leonardo rideva. “Pampino sempvre dietro akvilone.” Disse un signore tedesco sbucato dal nulla che mi stava passando accanto. Matteo si alzò, tranquillo e senza pianto. Mi venne incontro. “Matti hai volato. Sei contento?” gli disse il fratello. “Ma tii !” rispose Matteo, con il naso in su a guardarmi. Un segno rosso bluastro gli tagliava il viso dal basso in alto, da sinistra a destra. Passando sopra il ciuccio, che aveva consentito l’aggancio ai fili. Ciuccio che Matteo si era guardato bene dal lasciar cadere, figurati!. Cominciai a raccogliere i fili e a piegare l’aquilone. Lo sguardo basso ad evitare quello di Lella, che immaginavo. La sentivo dire qualcosa circa il fatto che di figli lei ne aveva tre e non due. A conti fatti visto che Matteo e Leonardo mi correvano intorno, dietro lo svolazzare frenato della tela, il terzo non potevo essere che io.

Ricordo che quella fu una delle ultime giornate che passammo in Svizzera da residenti. Ricordo che per galleggiare nel mare di pensieri, avevo comperato quell'aquilone a doppio filo, due metri quadrati di tela che sollevavano anche me.
Ricordo anche che per alleggerire la tensione, poi proposi di andare a pranzo in un rifugio sulla riva opposta del lago. Ricordo che Leo saltava dalla gioia, mangiare gli ha sempre fatto questo effetto. Ricordo l'amenità del luogo: una piccola casa sulla riva del lago, un prato di un verde accecante. Ricordo che noi mangiammo uno strudel e un caffè, ma Leo no, nonostante fossero le undici del mattino, lui no, lui andò di polenta o meglio andò di:

Polenta con le costine



Per come si prepara una polenta potete curiosare in un mio vecchio post. Tenendo conto che per questa preparazione ho fatto una polenta molto più consistente di quanto non avvenga di solito nelle Marche, qualcosa di simile alle belle polente del settentrione italiano. Per il sugo invece e per 4 persone ho usato questi ingredienti:
400 gr di lonza di maiale fresca, 200gr di pancetta di maiale fresca, 16 pezzi di costine (o costarelle) tagliate ad una lunghezza di circa 6-7 cm. Tagliate lonza e pancetta a tocchetti. In una casseruola adatta anche al forno fate dorare uno spicchio d'aglio con rosmarino, salvia. Aggiungete la carne e rosolatela per una ventina di di minuti sfumate con del vino bianco e della grappa, salate, pepate. Coprite con carta alluminio e infornate a 180° per 40 minuti. Visto che li avevo ho aggiunto anche tre bei porcini, tagliati a fettine sottili e saltati in padella a fuoco vivo in poco olio evo.
E' chiaro che questo piatto risale a qualche giorno fa :(

I venti lariani

20 gennaio 2008

Cartolina dall' Italia

Magari a qualcuno di voi è capitata l'esperienza di farsi una casa. State lì a seguire i lavori per un paio di anni, curate con attenzione i particolari, gestendo e litigando con imprese e artigiani per i quali la vostra casa rappresenta una delle tante che loro costruiscono. Se voi in quella stanza volete che il muro abbia una particolare angolazione, o che le piastrelle del bagno abbiano un particolare disegno, vigliacchi se ci riuscite. Una volta su due voi dite "A", e loro fanno "Z". E' così è normale, e quando entrate in casa trovate tutte quelle cose sbagliate, quei difetti, che si vi danno fastidio ma che con il tempo risistemerete, magari augurando un colpo apoplettico a qualcuno, ma li sistemerete. Mica chiamate una ruspa e spianate la casa, mica dite alla famiglia, dai è venuta male, prendi tutto e andiamo via, chiudiamo la porta e se qualcuno ci viene a cercare sticazzi. Non fate così, giusto?

Invece in questo posto che si chiama Italia si fa così. Mi spiego.

Magari qualcuno di voi arrivato negli ultimi mesi non conosce la storia vissuto sulla Colica, ma quando quel politico... come si chiama... quello figo... quello smart... quello...
questo qui. Quando lui aprì il portale del turismo italiano www.italia.it lo fece sbandierando ai quattro venti la cosa. Addirittura per il suo impegno vinse anche un premio, anche se sembra un pochino stile "me la canto e me la suono". Lo fece anche con una certa... saccenza quando si trovò a rispondere a domande polemiche. Sì perché il portale era pieno di errori, un po' come la casa di prima, solo che per fare tutto quel disastro si erano spesi una cinquantina di milioni. In rete nacque un "movimento" che in maniera tranquilla, condannava la cosa ma aiutava a correggere gli errori. Io nel mio piccolo mi concentrai sulle Marche perché c'erano scritte cose da far accapponare la pelle, lo feci con sue post ( qui e qui ), grazie ai quali e grazie anche al rimbalzo su scandaloitaliano quegli errori vennero corretti. Mi sentii di aver dato il mio contributo, anche se con ironia. Un po' come farebbe un amico facendoti notare che la luce del bagno si accende dalla cucina.

Poi questa mattina in un commento (Simone) e cercando in rete scopro che hanno chiuso casa e sono andati via: il portale del turismo non c'è più www.italia.it Finito, staccata la spina, andati, chiuso! E certo cazzojenefrega, tanto nessuno lo saprà, mica lo diranno i telegiornali, giusto la "rete", ma quelli sono quattro cazzoni sfigati.

Detto ciò visto che il turismo italiano non è più in rete andate a curiosare dai vicini europei, anche quelli dell'ultima ora.

17 gennaio 2008

Carbonara riflessiva

Scrivevo qualche tempo fa che questo è un piatto che "tira sù". Sicuramente non è stato scelto per questo motivo a rappresentare, proprio oggi, la Cucina Italiana nel mondo. E poi onestamente, questo piatto "tira sù" se il contesto che ci sta intorno, il binomio luogo-persone, aiuta in questo senso. Altrimenti questo piatto rimane una quantità di spaghetti, condita con guanciale, uova, pepe e pecorino. E per quanto si voglia l'unica cosa che "tira sù" magari è un po' di colesterolo.
L'ambientazione di un piatto, aldilà della sua bontà, è fondamentale. E' fondamentale la sua presentazione, la mise en place, le mura del locale, le luci, e poi è fondamentale chi sta seduto al tavolo insieme a voi. Ecco in quel senso anche un piatto freddo, o due fette di pane con la mortadella, hanno un sapore completamente diverso e mantengono quello che è l'essenza del cibo: il ricordo. Pensateci è più facile ricordare un piatto banale ma mangiato con gente simpatica che un piatto "stellato" ma mangiato con gente triste.
La Morale? Forse che la bontà di un piatto la fa anche il sorriso di chi ve lo serve, sicuramente di chi vi sta vicino.
Il preambolo serve per giustificare l'aspetto, abbastanza triste, della mia carbonara, che aldilà degli ingredienti standard, mancava di tutti quegli ingredienti di "contorno".



Detto ciò volevo ringraziare un amico, mi permetto tanta confidenza, blogger, contadino e svizzero. Ste ha citato un mio post interessante, insieme ad altri quattro post tutti molto interessanti. Tra tutti ho scoperto questo. Ogni volta che in rete scopro queste cose, penso ai miei figli. Al fatto che Leo, per esempio, ha in mente di portare il giornalino della parrocchia su di un blog. Ma per far questo dovrebbe nominare un direttore responsabile e pagare l'iscrizione al ROC, e poi dovrebbe smettere di fare foto in giro per il paese, buona parte del paese dove viviamo, sono beni culturali. E quando leggo quelle cose sopra, faccio il confronto con quello che sento in televisione dai telegiornali: eh ma lì si parla solo di MASSIMI SISTEMI.

Che tristezza Ste ma sei sicuro che non era meglio fare il contadino in Svizzera?

Aggiornamento, del 19/01/08:
La carbonara che "tira sù" !

14 gennaio 2008

Esperto marketing cercasi

Giovedì prossimo è il giorno internazionale della cucina italiana tutti i cuochi italiani all'estero, ma anche in casa, cucineranno il piatto italiano che meglio rappresenta la nostra nazione: la Carbonara.
Ma senza tanti intrugli strani come avevo fatto io tempo fa qui, giovedì si cucina la ricetta originale come vuole la tradizione e come è stata decodificata dal Gruppo Virtuale Cuochi Italiani qui
Quindi me ne torno a casa, lo scorso fine settimana, con tutta l'intenzione di cucinare quel piatto per poi postarlo il giorno dovuto. Vuoi mettere, in casa giù ho tutto quello che mi serve in termini di attrezzatura, lo spazio che voglio, mi muovo senza neanche guardare dove metto le mani tanto son tranquillo della disposizione delle cose. Sempre che qualcuno nel mezzo della settimana non mi faccia sparire l'acciarino per affilare i coltelli o non mi sposti proprio quella casseruola lì. Comunque arrivo con tutta l'intenzione di fare una delle più classiche carbonare, senza latte, senza panna, ma solo uovaguancialepepepastapecorino.
Sabato mattina porto i due ribelli a scuola, e un attimo prima che le portiere dell'auto si aprano annuncio: oggi carbonara per pranzo. Spaccaball scende e prima di chiudere la portiera con totale nonchalance annuncia: a me mi fai quella pasta arrotolata con dentro la ricotta e il sugo fuori. Chi?Che?Co?Io? ha gli occhi al cielo il pugno sulla labbra come un pensatore greco. Non mi sono ancora ripreso dalla "comanda" di Matti che sento Leo dichiarare. Ma si va ! Per pranzo van bene i cannelloni, ma per cena mi piacerebbe una bella cotoletta alla Milanese, con rucola e pomodorini, che il pomeriggio ho la partita e mi occorrono energie. La portiera sbatte, mi ritrovo a fissare gli schizzi di fango sul finestrino del passeggero, ma come c'è arrivato il fango sul finestrino? Manco avessi fatto la Parigi-Dakar. Mi riprendo dal momento di sbandamento e fisso i due che mano nella mano con aria soddisfattisma, si incamminano sulle scale della scuola. No dico, scusate se magari sono un pochino stanco e magari preferirei cucinarvi un piatto così: veloce e tranquillo o, magari non me ne va proprio di cucinare. L'ultima frase la urlo dal finestrino all'indirizzo del portone della scuola, ma la sente solo una mamma che mi passa accanto e che butta lì un: e dillo a me!
Perso. Il sabato ho perso: cannelloni di ricotta al ragù per pranzo e Cotoletta alla Milanese per cena. Però per la domenica li frego io.
Comincio presto, davanti al caffè e mi lavoro ai fianchi Lella, cappuccino un paio di croissant, venuti onestamente male, e la metto là: carbonara a pranzo? Ma come te ne va di parlare del pranzo con la colazione sotto gli occhi? E poi dopo quello che hai preparato ieri?
E ho capito! Dillo alle idrovore viventi se il menù di ieri non era poi così leggero, se, come si dice da queste parti, "se so magnati anche la pigna della colla". Senti stiamo sul leggero, fa lei, verdura o al massimo ti concedo un risotto visto che l'altro giorno ne hai comprati dodici chili. Sto tentando di rimodellare la mia strategia di marketing per "vendere" sta carbonara e mentre sto tirando fuori una presentazione su powerpoint stile consulente. Da dietro mi arrivano i due angioletti "che è meglio fargli un vestito piuttosto che invitarli a pranzo" altro modo di dire. Il grande riprende quella posa da pensatore greco, e un brivido mi passa lungo la schiena: un bel risotto con i carciofi, si mi andrebbe sentenzia. Evito di chiedergli se nel novero dei suoi gusti possa esserci qualcosa che non gli andrebbe. Il piccolo è distratto da non so cosa e se ne sta con i gomiti sul tavolo, in pigiama e a piedi nudi. Non mi guarda, ma la mette là con la stessa nonchalance del giorno prima, si però mettici anche un po' di salsiccia. Non nego che mi verrebbe voglia di chiedere se gradiscono anche una fettina di ... Va bene sconfitta su tutti i fronti. Niente carbonara ma il:

Doppio risotto di Baraggia



Per quattro persone
Per il risotto nero: 160 gr di nero di Baraggia io uso il riso di Carlo Zaccaria mito della Baraggia Vercellese, che faccio bollire in acqua salata per 40 minuti circa, nel frattempo:
Per il risotto ai carciofi: pulisco e mondo quattro carciofi, li lavo e li soffriggo in poco olio con uno spicchio di aglio. Dopo qualche minuto aggiungo del brodo vegetale e lascio appassire i carciofi. Faccio evaporare il brodo, tolgo l'aglio, verso 240g di riso Carnaroli sempre di Carlo Zaccaria, lo faccio tostare per un paio di minuti, e poi sfumo con del vino bianco. A questo punto tiro il risotto nel modo classico con del brodo vegetale. A cottura ultimata, aggiungo due cucchiai di parmigiano e manteco con dell'olio evo buono. Mentre lascio riposare salto il nero di baraggia in una padella dove ho sciolto due salsicce, aggiungo un 40 g di taleggio e il gioco è fatto. Impiatto prima il riso bianco, e poi sopra aggiungo il nero di Baraggia, guarnisco con del carciofo fritto e ... penso alla carbonara

10 gennaio 2008

Pensieri a coda di gatto

La rete sta cambiando. Sarà l'effetto Beppe Grillo, ma ho la sensazione che la rete stia cambiando. E' la stessa sensazione che ho viaggiando in autostrada: normalmente "siamo" sempre gli stessi, andiamo veloci è vero, ma sappiamo usare lo strumento. Prima di sorpassare guardiamo lo specchietto retrovisore, se siamo in sorpasso diamo un colpetto di fari comunque, se dobbiamo fare una frenata di emergenza cerchiamo di spostarci sulla corsia vicina meno affollata per evitare la "compressione" della frenata e il tamponamento. Poi succede che durante i periodi vacanzieri tutte le regole e gli schemi saltano. La gente è tutta in terza corsia anche se si viaggia a passo di lumaca e le altre sono libere, salti di corsia senza guardare lo specchietto, bambini seduti sulle ginocchia delle mamme, gente che si infila nel telepass per scoprire, dopo, che non ha mai avuto in vita sua un telepass.
Ecco la rete è come l'autostrada quando ci son le ferie arriva gente "strana". Lo posso verificare dalle chiavi di ricerca che portano al mio blog, prima le cose erano strane è vero, la gente cercava cose tipo:

"a cosa serve una pineta"
"anno 2008 il tempo metereologico secondo le cipolle"
"immagini di rospi che saltano"
"foto sventramento"
"infermiere porco"


Cose strane, ma che ci stanno, rispecchiano i desideri più o meno incosci di chi naviga. Oppure, la stringa digitata sul motore di ricerca, può rappresentare i dubbi di chi digita:

"differenza tra decilitri e centimetri"
"Bere acqua dopo colica"
"come si comincia da scrivere"
"Mangio ma continuo a dimagrire"
"devo fare la dieta"
"voglio fare la dieta"
"pizza quanto pesa"
"il concetto monoporzione"
"sentire come acqua dentro la testa sintomo"
"cosa fare per intossicazione da uova vecchie"
"far da sè motore lavatrice"
"pecore? dove dormono?"


Dubbi legittimi se volete, chiavi di ricerca che, onestamente, possono portare anche da qualche parte oltre che nel mio blog.
Però ultimamente sta succedendo una cosa strana, la gente ha cominciato a parlare (scrivendo) con la rete. Davvero ! Come se aldilà del loro video, a rispondere alla loro domanda ci possa essere un nano uno gnomo, che riceve la richiesta e fornisce la risposta. Deve essere così che la gente sta immaginando internet, altrimenti perché dovrebbe digitare su Google queste cose?

"che c**zo faccio con senape Digione?"
che c**zo l'hai comperata a fare........
"una patata due zucchine , mezza melanzana una carota che ci faccio ?"
"pizza fatta in casa come piace a francesco"

ma chi è Francesco?
"Un vino novello del 2000 può essere bevuto nel 2007?"
"ho comprato un telo per coprire la mia seat ibiza"
"che vuol dire il mio nome??"
Ma se non scrivi come ti chiami ?!?
"se mi aiuti saprò farmi perdonare"
"si può' vedere la sequenza di come fare la pasta garganelli?"
Aspetta che chiedo alla regia.
"atmosfera in casa mia la mattina di natale"
"come si chiama il vino che l'uva viene lasciato sulla neve ad appassire"
Mi viene da piangere...
"cosa vuol dire in cucina questo sugo è la sua morte?"
"cosa faccio da mangiare con carne avanzata"
"cosa mangiare dopo natale"
"dove mangio il primo giorno del 2008"
"traduzione in inglese:c'è del formaggio sul tavolo"
"un cucchiaio d'olio fa andare in bagno?"
Giuro sto piangendo ...
"ma per fare la polenta faccio prima bollire l'acqua?"
"perché si scioglie il sale in acqua a bagnomaria?"
"quando si mangiano le lenticchie con il cotechino prima o dopo gli spaghetti?"
"voglio dire una cosa ha babbo natale con una lettera"
"voglio parlare adesso in rete con babbo natale"

Ci mancava solo quello che ordina alla madonna di portargli la bicicletta in regalo, altrimenti lui non libera la statuina di Gesù bambino. Ecco... dacci una mano te.

06 gennaio 2008

Scontri generazionali

Babbonatale non faceva parte della mia infanzia. Anzi babbonatale non esisteva proprio quando io ero un bambino. Non esisteva chiaramente alle latitudini Marchigiane, se ne sentiva parlare da qualche parente del nord e alla richiesta di mie spiegazioni, i miei genitori glissavano, più per ignoranza che per altro. Quindi quando quelli della bevanda che se la metti con le mentos fai un casino, è inutile che stiano a far vedere che la bimba è diventata nonna e c'ha la nipotina: noi quella bambina non la conosciamo e nutriamo forti dubbi che la bambina sia la stessa persona della vecchia. Anzi secondo me hanno sostituito anche babbonatale.

Per questo noi bambini degli anni '60 ci affidavamo unicamente ed esclusivamente alla Befana. Una sfigata vecchietta a cui nessuno ha mai dedicato un film, a differenza del panzò vestito di rosso che vive delle royalties che le "major" americane gli pagano. La befana non ha folletti vestiti di verde che l'aiutano con i regali, lei fa tutto da sola. La befana si becca il solito servizio del telegiornale romano che gira per piazza del popolo e chiede ai bambini, "Cosa vuoi dalla Befana ?" e niente più. Anzi deve anche ringraziare, perché quando i bambini rispondono "E chicazzè la befana ?" I bravi giornalisti, tagliano le risposte. Invece babbonatale è diventato come il cuochetto inglese che sta sempre in televisione e non cucina mai. E a forza di stare in televisione finisce che dice un mare di catzate, mica il cuoco, nooo, babbonatale ! La Befana invece lavora come una bestia, la Befana puzza, perché la Befana suda e quando riparte con la scopa son tutti colpi d'aria. Poi ti vengono a raccontare che è gobba perché è vecchia, vacci te in giro con il finestrino aperto d'inverno!
La befana è denigrata, calunniata: avete mai sentito frasi del tipo "Se non sei bravo viene babbonatale e ti porta via", "Se non fai il bravo, babbonatale ti porta cenere e carbone". Macchè al massimo babbonatale, se non fai il bravo non ti porta niente, e in confidenza babbonatale punta ad un alto "mix" di bambini cattivi, così risparmia fatica, porta la metà delle cose. Invece la Befana no. La Befana, comunque, deve portare la cenere e il carbone, anche ai bambini stronzi. La befana è sfigata, la befana oggi non conta più niente, Lei porta i cioccolatini, le calzette con le caramelle, i colori, i libricini, con questa roba qui, non se la fila più nessuno. Babbonatale no, lui porta la pleistescion tre, la xbox trecentosessanta, il desktop quattroquad, il palmare con il gps, il navigatore, che oramai vedi gente che va a buttare la monnezza con il tomtom. E' tutta colpa di babbonatale se sto paese va a rotoli. Babbonatale è entrato a casa mia quando mi è nato il primo figlio. Perché te ad un figlio di tre o quattro anni come fai a spiegargli che babbonatale non passa a casa sua, ma ci passa la befana, mentre il panzò passa nelle case di tutti i suoi compagni di scuola?

Allora posso? Io a babbonatale non lo sopporto, ecco perché, noi, quando lui passa non gli facciamo trovare niente da mangiare.
Mentre alla Befana, a Lei si. A Lei abbiamo preparato i:

Cazzotti


tanto uno più o uno meno a Lei non cambia niente.
Si montano tre uova intere con tre etti di zucchero, la buccia grattugiata di mezzo limone, si incorpora mezza bustina di lievito per dolci (8gr), tre cucchiai di olio evo, tre etti di farina e tre etti di nocciole in parte triturate e in parte intere.
Avrete notato che in questa preparazione tutto le proporzioni sono uguali, tutto è per tre... facile no! Sono le ricette delle nonne che secondo me quando te le dettavano non se li ricordavano e allora dicevano: tre... tre... tre...
Comunque una volta che avete fatto l'impasto lo potete mettere a cucchiaiate su di una placca coperta da carta forno imburrata, oppure nei "pirottini", le forme di carta, che fa più scic. Cuocete tutto al forno ben caldo a 180°, per 20 minuti circa. Poi aspettate la Befana, verso mezzanotte li mangiate con lei, inzuppati in un buon passito, quando la Befana è 'mbriaca.... Bé fate voi.

05 gennaio 2008

tseaggregetor

Non sapete cosa sia un "feed reader"? Non avete idea di come funzioni un "aggregatore"? Bé che ve ne frega ! Ci ha pensato MondoCibo lì trovate tutti i post che parlano di cibo.

01 gennaio 2008

Le storie che non leggo

Scusa ma dové che c'è scritto "Giovannino"? A Matti non va giù che io invento le fiabe invece di leggerle. Succede così: ce ne andiamo in camera sua, lui sceglie un libro dallo scaffale: Il gatto con gli stivali. Ci sdraiamo sul suo letto, io appoggio il libro sul mio petto, il cuscino ripiegato sotto la nuca, lui si accoccola nella conca del mio avambraccio: Leggi questa papà. Le fiabe classiche mi stufano. E allora io invento:

"Giovannino era un bambino che viveva in un paese costruito a picco sul mare, la sua casa era in cima ad un vicoletto con una strada ripidissima. Il tetto della casa in basso faceva da appoggio alla casa di sopra e così su, su, lungo la ripida via della triglia secca. Era lì che abitava Giovannino con il suo babbo, un pescatore vecchio, basso e e magro, il viso squadrato dal tempo, gli occhi piccoli e i capelli bianchi e arruffati. La mattina per andare a scuola, Giovannino scendeva, lungo la via fino al molo, ma se non stava attento rischiava di ruzzolare giù dentro al mare, tanto quella strada era ripida".

Mamma ieri ha letto questo libro, e a me non mi pare che parlava del mare, dové scritta la parola "mare"? Ecco è questa. Lui si alza a sedere, infila il viso nella quinta di cartone che il grande libro illustrato forma sul mio petto, si volta e mi getto uno sguardo che sa di certezza e un poco di rabbia. Papà guarda che io so leggere! E lì c'è scritto "MAAA-IIIL-RE" Appunto mare. No papà lì, il libro parla del re e del gatto. Zitto mettiti giù e ascolta.

"Il papà di Giovannino partiva tutte le notti con la sua barchetta per andare a pescare.E la mattina prima di andare a scuola, Giovannino preparava una minestra per lui e per il suo babbo. In inverno a volte il freddo era talmente freddo, che la minestra si congelava nella pentola. A volte la minestra era così poca che bastava appena per il babbo, e allora Giovannino saltava la colazione e andava a scuola a stomaco vuoto."

Papà!? Si che c'è. Ma come fai a leggere con gli occhi chiusi? Eee...è facile se ti addestri bene ci riesci anche tu. Chiude gli occhi e gira la testa verso la stanza, poi di nuovo verso il libro: io non vedo niente. E' perché sei piccolo e non ti sei addestrato bene. A me mi sa che te la stai inventando questa storia. E va bene se dici così stai a guardare. Chiudo il libro, poi gli occhi e mi lascio cullare dal tepore del pomeriggio. Dalla finestra entra un raggio di sole bollente, che riflesso, dalla neve sul monte, è bianco e pieno di luce. I rumori arrivano ovattati e lontani: il cane del vicino gioca con al scodella del cibo, qualcuno pulisce una scopa sulla ringhiera del terrazzo della casa di fronte, il suono di una musica classica sale per le stanze della casa, qualcosa fa scricchiolare il tavolato del tetto, un paio di tortore chiassose si inseguono fin sopra al camino di casa. Verrebbe veramente voglia di lasciarsi addormentare, di perdersi in questi ultimi momenti a casa.

Allora papà? Allora che? Non parli più? E no con il libro chiuso non posso leggere. Ecco te sei sempre il solito!

Matti se ne va dalla stanza con una camminata forzata a ricalcare ogni passo, la testa bassa il broncio, e un pianto mal trattenuto. Lo sento scendere le scale, destinazione o la cucina o il mio studio... cucina. Lo seguo!
Quando entro è seduto al tavolo, non mi guarda, una lacrima gli brilla lungo la guancia sinistra. Fissa un punto che sta tra il tavolo e la cerneria della sua felpa. Mi siedo di fianco, si scosta, mette le ginocchia contro il petto, le abbraccia, volta la testa dalla parte opposta e appoggia la guancia sulle gambe. Lo facciamo un dolce insieme? Fa spallucce senza voltarsi. Però mi fai cucinare. Cucinare è una parola grossa, Matti, il capo sono io mica tu. Eccolo che sta per riscoppiare a piangere. Va bene ti faccio battere le uova. E' raggiante, e già in posizione. Cosa facciamo papà?

La torta di mele di Matti



Si battono due uova intere e un rosso, con 150g di zucchero semolato, una volta che il composto è spumoso si incorpora mezzo bicchiere di latte o meglio di panna fresca. Mentre Matti gira, io grattugio, la buccia di un limone e due mele intere sbucciate. Faccio bene papà? Sei un ottimo Commis. Bisogna andarci piano che magari mi si monta la testa.


Incorporo mele e scorza di limone all'impasto, e il movimento di Matti rallenta. Ora ha le labbra strette nello sforzo, concentrato sul movimento della frusta, lo aiuto con quattro cucchiai di olio evo (in alternativa 75gr di burro fuso) e il composto riacquista fluidità, ancora due cucchiai di rum e torna il sorriso sulle labbra del ragazzo. Poi tutto precipita quando cominciano ad entrare nel ciclo 300g di farina 00 (o con 1/3 di fecola di patate o frumino): a metà è già fermo e si affloscia, sfinito sulla sedia, lo sguardo del maratoneta, che crollato dopo il traguardo, al giudice di gara implora la coperta.
Finisco io ed incorporo anche una bustina di lievito per dolci, sbuccio altre tre mele, le divido a metà e le guarnisco con un coltellino. Imburro una teglia da dolci, la cospargo di pangrattato, verso l'impasto metto le mele e poi al forno caldo a 180° per 45 minuti.



Ma quella storia poi me la finisci di raccontare? Si certo! Ti voglio bene papà! Io di più. Ma papaaaaà, non possiamo fare sempre le gare.......!!!!! E chi lo ha detto ?!