31 agosto 2009

E così sia


E’ come un filo sottile e leggero, trasparente. In equilibrio sulla linea dei ricordi.
Un ritorno a ritrovare, ancora, i posti di un passato. Una sensazione di tristezza, una volta, ora cancellata da questo presente: futuro di quel passato.
Come è strano che a volte possa bastare qualche cosa di banale, come un luogo, per ritrovare tutti i ricordi chiusi nei mille cassetti di una non memoria.
E poi la musica, comincio a canticchiare quella canzone da quando mi infilo nelle strette viuzze del paese. E’ lì, quel motivo, come se fosse incollato sul pavè della strada, improbabile traccia sonora di una multimedialità fantasiosa. Prima è un vocalizzo silenzioso: solo mentale, poi cresce, quel tanto per strappare le occhiate di un Leo interrogativo. Quando passo davanti alla fontana del parcheggio accenno alle prime strofe. Gli altri parlano, io canto, canticchio, sorrido distratto dai miei pensieri. Matteo fa domande che non ascolto. Gli arruffo i capelli già corti, mi guarda e sorride, poi si accosta al mio fianco e aspetta.

"Conosco un posto nel mio cuore, dove tira sempre il vento, per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento..."

Aspetta che lo stringo a me in un abbraccio che ci fa quasi finire per terra, scoordinando il mio passo al suo.
Ritorniamo al centro del paese, silenzioso nella frescura della sera. Pochi rumori dalle case. La canzone continua a girare ora la canticchia anche Lella.





Entriamo, varchiamo l’arco del cortile di questa casa, forse, ottocentesca.
E tutto è ancora come sempre. L’androne con le vecchie cianfrusaglie, le tazze sul davanzale, i tavoli di pietra nel piccolo giardinetto. Il cameriere e la patron, la parete con le copertine della musica che mi ha cresciuto. L’album di quella canzone che immancabilmente canticchio quando vengo qui.

"Che pena, che nostalgia, non guardarti negli occhi e dirti un'altra bugia ... "

Sedersi a quei tavoli vecchi d’osteria le sedie impagliate. Le finestre spalancate, ritrovare il proprio posto accoccolato di traverso, la schiena appoggiata al muro. La prima “panaché” che scorre ghiacciata in gola. Ritrovare nel menù i piatti di sempre: “gli uccelletti scapati”… i ricordi ritrovati.
Leo che guarda le copertine con gli occhi di un ragazzo e non più di un bimbo. E quella musica che ora è diventata la colonna sonora della cena. Cantiamo, Leo ci accompagna con il tavolo che è diventato un bongo. E chi l'avrebbe detto che poteva essere così, il futuro di quel passato.




Il resto verrà, come quella canzone:
“… Buonanotte, anima mia, adesso spengo la luce, e così sia”

Grotto dell'Ortiga"
Strada Regina 35
CH-6928 Manno (Switzerland)

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03 agosto 2009

In quell'ansa laggiù

Durante la settimana, ha girato un po’ su internet, distratto tra una versione di greco e una di latino. Ha organizzato la cosa senza dirci nulla. Il giorno prima mentre tornavamo dalla spesa, ha preso il navigatore e ha digitato una destinazione. L’ho guardato con la coda dell’occhio in mezzo al traffico del pomeriggio trevigiano. Quando il navigatore ha finito di calcolare, ed è apparso il percorso, ha esclamato soddisfatto: “Non è neanche tanto lontano !”

Possagno alle pendici del monte Palon. “E’ lassù che dobbiamo andare” . Basta che sia montagna e per me non ci sono problemi. Abbiam chiesto alla cartoleria del paese le indicazioni per la strada del monte Palon, ci han guardato un po’ strani. Si c’è una strada ma è pericolosa, potreste morire (!) Meglio se passate dal monte Tomba. Strano, ho pensato, per non rischiar di morire è meglio passare per un posto dove qualcuno è stato sicuramente seppellito. Siamo saliti. Una stradina stretta di asfalto e foglie cadute, generosi in strombazzate di clacson. A metà della salita abbiamo sostato ad osservare l'altra metà di salita. Un serpente di tornanti che si arrampica verso la cima, e poi ancora oltre fino al Grappa che si affaccia dietro.

Ho pensato a come doveva essere qui quando novanta anni fa si combatteva tra queste montagne. E’ allora mi sono seduto tra le trincee ad ascoltare il silenzio del monte. E poi il ragazzo commentare, che qui su quest’erba che morde i sassi bianchi, si è scritta la storia di un paese. E’ bastato respirare e sentire l’odore. Quell'odore di storia che c'è a passare nelle gallerie e tra gli avamposti recuperati dai volontari, alpini anche loro come i nonni. Quell'odore diverso a guardarsi l’Italia giù in basso lontana, il Piave che come una grossa ferita, si allunga giù verso il mare. A pensare a come erano e a come siam diventati.

Siamo stati così, ad ascoltare quell’odore, silenziosi ognuno nei propri pensieri. Spaccaball che ruzzolava tra le pietre. Leo che cercava le sue certezze. Io che continuavo ad immaginare il banale, il vivere quassù. Vedere, forse qualcuno, la casa laggiù in basso. Ho ripercorso mentalmente la storia, da quel maggio del '15 fino a quel novembre del '17. Il passare e poi ripassare su quella striscia grigia, giù nella valle. Un nuovo "confine", difeso da qui, da questa montagna e da quella appena qui dietro. E quando sembrava che potesse crollare riattraversarlo, verso il Carso, Trieste.

Si è avvicinato, si è sdraiato al mio fianco, anche lui appoggiato su un gomito. "Lo vedi il Piave? Lì all'inizio dove fa quell'ansa a sinistra Ecco dovrebbe esser lì, l'osteria dove voglio andare."






Ci rituffiamo lungo la strada che ora sembra più larga. Il sole che picchia nella valle. Onigo di Pederobba, in via rive sta la "Trattoria alle Rive" lungo l'argine destro del Piave. Le rive appunto.
Ci accoglie una casa in penombra come quelle dell'infanzia. Un vecchio pianoforte, una vecchia "mattra". Cerchiamo da soli i segni della presenza di qualcuno. Un cane grande e nero, annunciato da un cartello che informa sulla presenza di animali domestici liberi, ci fa strada verso il giardino. Un piacevole pergolato tra legno e alberi accoglie una decina di tavoli. Un grande muro sulla destra. La cucina si affaccia a porte aperte. Mi seggo, la schiena appoggiata a quel muro, rilassato ascolto il menù raccontato dalla patron Silvia.
Pomodori all'agro, tortino di zucchine e crema di pomodoro, bruschetta. Fusilli fatti in casa con pomodoro e ricotta, degli stortini (una pasta indigena) con verdure e yogurt fresco, i bigoi con l'anatra, le crespelle. I medaglioni di vitello con i porcini, il formaggio Piave cotto e le braciole con le melanzane. Il sorbetto di ananas, il tiramisù, la torta di mele e una chantilly ai frutti di bosco.
Intanto ci porti l'acqua.

E mangia piano Matti che altrimenti ti strozzi, non vedi !!!







Trattoria "Alle Rive"
Via Rive, 46
31050 Onigo (TV)

tel. 0423 64267‎