29 settembre 2008

Spam

Da un po’ di tempo sul mio account di posta: lacolica@hotmail.it trovo un messaggio che mi invita ad uno scambio di link con un altro blog. Premetto che io ho una mia idea, forse tutta mia, sui link che metto nel mio blog: innanzitutto sono “svogliato” non “linko” spesso altri blog, me ne scuso, ma quando lo faccio, lo faccio perché quel tale blog, secondo il mio totale e solitario parere, ha qualcosa di interessante da dire o mostrare. 

Ora io ammetto che qualcuno venga a chiedermi di scambiare link, fallo nessuno te lo vieta,ma ora sono sei volte che mi mandi la mail, non ti rispondo più, quindi, fattela finita. Oppure, coella non è ciò che asserisce di essere ! (Non sognatevi neanche di trovare un link a quel sito). Perché continui ad impestare tutta la posta della rete foodbloggeriana italiana? Mica scriverà solo a me ?! Dai ditemi di no! E allora dai dicci chi sei ! Oppure no, lasciami indovinareeee….. Sei Zzzorrro ? Scusate mi è scappata. 

Ma veramente sei una nonnina arzilla appassionata di cibo che ama cucinare, e che grazie al tecnologico nipotino sei finita in rete? Sicura ? Sicura che non vuoi solo raccoglie qualche euro di pubblicità da tutti quei banner che hai nel “blog”. Perdonami se mi viene il dubbio sai, ma per quale assurdo motivo, altrimenti, dovresti pubblicare puttanate come queste: 

Versare in una capace padella l’olio e quando fuma versarvi il …
Quando fuma ? E perché non aspettare direttamente le fiamme? 

5 sottilette (fette ricche, con parmigiano) 
Me vien quasi da piangere !!! 

20 gr di margarina ...
Pure ! L’hanno abolita anche dalle mense dei poveri, pensa te! 

Per non parlare delle ricette regionali, navigo nella mia regione e scopro piatti come: 

Branzino in salsa d’arancia ed erbe fini 
Lo chiedete voi a qualche pescatore di Fano cosa sono le erbe fini? 

Gnocchetti alla disperata
Nomen omen? 

Vado anche in Lombardia giusto per non farmi mancare nulla, ma la cotoletta, il risotto e gli ossi buchi, non li trovo. 

Il massimo lo si raggiunge con: Antipasto Lugano la cui ricetta pubblico: 
1 scatola di mais 
2 cucchiai di cipolline piccolissime da cocktail, scolate 
3 cucchiaini di champignon piccolissimi sott’aceto 
2 cucchiai di peperone sott’aceto, tagliato a dadolini 
Scolete (l’errore è tuo non mio) il mais, mettetelo in une (ancora) ciotola unendo tutti gli altri ingredienti. Potete aggiungere un po’ d’olio e pepe.

Grande! Semplicemente grande! Un connubio di materie prime e tecnica che fa impallidire questo blog. 

24 settembre 2008

Non te la toglierà nessuno

Ha infilato un tozzo di pane secco nel suo bicchiere, ci ha versato sopra due dita di vino e altrettante di acqua, poi è tornata a concentrarsi sul suo piatto.
La cucina è piccola, disadorna, vecchia di un vecchio senza storia, anonimo e dozzinale. Sulla credenza una sveglia rumoreggia, scandendo i secondi che passano, ad ogni secondo la testa di una gallina, disegnata sul quadrante, si piega in un finto beccare. Una piccola prole di pulcini, la guarda immobile, in una sorpresa infinita, fare quel gesto inutile. Dalla sala giunge silenzioso lo sfregare di penna, cadenzato dal tempo di leggere la definizione successiva, lui sta finendo l’ultimo giro di parole crociate. Quando la sua pasta avrà finito di riempire la stanza di vapore, e sarà, condita con il sugo di ieri, pronta sul piatto, si alzerà e verrà a sedersi qui a tavola vicino a me. Nessuno parlerà e il richiamo che lo ha staccato dal suo passatempo, aleggerà nell’aria calda, rotto solo dal suo sbuffare. Affetterà un’ intera cipolla sulla pasta, sorridendo soddisfatto del senso di ripugnanza che vedrà trasparire sul mio volto. Prenderà con il cucchiaino blu di plastica, inseparabile cimelio di quello che resta di una sconosciuta formaggiera, un poco di parmigiano grattugiato che completerà quel rito giornaliero del suo desinare. Poi veloce infilzerà tanti rigatoni quanti ne potrà contenere la forchetta, e ingoierà senza respiro, costringendo il suo diaframma a contrazioni che gli faranno emettere rumorosi singhiozzi. Solo allora lei alzerà gli occhi dal suo piatto a rimproverare un figlio settantenne della sua incompostezza. Ma per ora siamo ancora soli.

Il cucchiaio si muove lento nel piatto, fa un giro in senso orario, poi raccoglie un poco di zuppa, e la porta verso la bocca. Lì quattro denti, ultimi testimoni dei fasti passati, fanno bella mostra per il suo personale orgoglio; e il solo modo di mangiare il pane, allora, resta quello di bagnarlo in una sorta di panzanella scondita. Il cucchiaio torna nel piatto, gira, raccoglie, risale. La mano sinistra tiene tra le dita il tozzo di pane imbevuto di acqua e vino. Il cucchiaio torna nel piatto, gira, raccoglie, risale. Ogni due cucchiai , addenta il tozzo di pane, lateralmente a sfruttare la posizione dei denti rimasti. La vedo succhiare, silenziosa e compita, godere piacevolmente di quel poco tanto atteso.
Continuerà in questa lenta sequenza, fino alla fine, misurando le cucchiaiate in proporzione al tozzo di pane, e lasciando che l’ultimo boccone di pane suggelli anche la fine del piatto. Alzerà la testa, si pulirà la bocca con il tovagliolo, estrarrà dalla manica sinistra il suo inseparabile fazzoletto, si soffierà il naso, rinfilerà il fazzoletto nella manica e si appoggerà alla sedia soddisfatta. Osserverà il mucchio di scorze di mela che giaceranno nel piatto del figlio, goloso di quei frutti piccoli e rachitici che crescono nel campo vicino casa.
Sarà allora che comincerà a raccontare: citerà i piatti della festa: i cappelletti in brodo, i passatelli, le lasagne, ne decanterà i sapori, il gusto, il profondo piacere che danno al palato. Racconterà le ricette, di come a suoi tempi gli ingredienti fossero diversi, più grasso, la gallina, l'anatra, le rigaglie. Ne percepirà il profumo, e la vedrò socchiudere gli occhi in cerca dei sapori persi nella sua memoria secolare. Poi, ad un certo punto lascerà sospesa la frase, come se quella tavola imbandita, apparsa per incanto lì sul tavolo, vibrasse nella distorsione elettrica del suo ologramma mentale. E quindi, come in un gioco di prestigio scomparirà tutto, quando soddisfatta e sazia esclamerà: "Però non toglietemi 'na zuppa di lenticchie !"
Ma per ora siamo ancora soli. Il cucchiaio torna nel piatto, gira, raccoglie, risale.

La zuppa di lenticchie e borlotti



Per 4 persone
Fate bollire 120 gr di borlotti freschi, o secchi precedentemente ammollati, per circa 45 minuti o finché non risultino cotti ma "al dente", allo stesso modo fate bollire 250gr di lenticchia di Castelluccio di Norcia, per circa 30 minuti, non occorre ammollarla precedentemente. A parte preparate un soffritto con olio evo buono, con due spicchi di aglio interi, un trito di basilico e del peperoncino fresco privato dei semi e fatto a julienne. Fate andare il soffritto a fuoco lento e quando l'aglio ha preso colore tuffateci qualche pomodorino piccadilly, privato di semi e bucce. Fate andare per qualche minuto e salate, ora incorporate i fagioli e la lenticchia, con parte della propria acqua a seconda di quanto vi piaccia più o meno densa questa zuppa. Lasciate riprendere bollore e spegnete.
Potete servire con pane "bruscato" sfregato di aglio fresco. Oppure potete tuffarci un 120 grammi di pasta tipo ditalini due minuti prima di spegnere e lasciare per 20 minuti a riposo a finire la cottura. Oppure potete mangiarla così con un filo d'olio e ancora basilico. 
Fate come più vi piace ma non fatevi mai mancare una zuppa di lenticchie.

22 settembre 2008

Appello ai giornalisti televisivi


Un attimo di attenzione, perfavore, da parte dei giornalisti e dei commentatori dei telegiornali televisivi. Ripetete tutti con me :

me - la - MI - na

ancora

me - la - MI - na

ecco teniamolo a mente perfavore che la melanina è un'altra cosa.

Un interessante post dell'amica Gianna

18 settembre 2008

Piccoli cuochi crescono ... anche troppo

“Devi capire che in cucina, come per tutte le cose si comincia dai fondamentali.”
“Buttare la spazzatura è un fondamentale ?”
”Certo, è come tritare le cipolle, sbucciare le patate, andare a prendere l’olio in cantina, raccogliere il prezzemolo in giardino, spazzare per terra e lavare l’attrezzatura che io utilizzo.”
“Non me ne frega niente di cucinare !”
“No … spe! Dove vai? Dai che mi serve una mano !”
”Ti do una mano se invertiamo i ruoli: tu ti occupi dei fondamentali io del resto”


Il trito di cipolle mi sta uccidendo, è come se tutto il primo reparto celere mi avesse sparato addosso i suoi lacrimogeni sul piazzale dell’ Olimpico. Sto ad occhi chiusi e faccio andare il coltello veloce, convinto che in questo momento sia meglio un dito affettato piuttosto che questo prolungato supplizio di lacrime e asfissia. 
E’ che il ragazzo ha preso questa posizione rigida ed estremista proprio in occasione di una pranzo tra amici. Che poi gli amici si è vero che sono quattro, ma è anche vero che hanno quattro mogli, e con te fan dieci perché anche tu hai una moglie. E poi i bambini son cresciuti e adesso son più alti di te e allora arrivi a tredici se conti quelli alti. Ma se poi ci metti i piccoli, che mangiano poco ma questo piatto sicuramente, allora arrivi a diciotto e se cucini per diciotto o per venti cambia mica niente, le cipolle son tre e gli scalogni cinque per fare questo ragù, deciso dal novello cuoco.

Non si muove con l’eleganza che è richiesta ad un cuoco: non ha quello stile, che ti fa aprire i cassetti in velocità, infilarci una mano dentro e tirar fuori quello che cerchi senza neanche buttarci un occhio. Apre le dispense e si perde a cercare quello di cui ha bisogno, rimugina come se fosse davanti ad uno scaffale di libreria a scegliere il titolo più accattivante di un altro. Alle sue spalle il soffritto a fuoco vivo, sta per trasformarsi in una bolla di vapore atomico. E prima che l'inesistente volume venga trovato, indifferente lo giro, lo abbasso e lo sfumo con un goccio di vino.
Una ragù per venti persone ha una quantità di carne che arriva al chilo e la rosolatura è una questione di fede, il cucchiaio di legno la deve massaggiare, far ruotare spostare dal centro alla periferia a riequilibrare le zone di calore. Il suo è ancora un movimento di facciata poco solido e poco convinto, ma ascolta la spiegazione e le ragioni.
Lo stesso accade con la besciamelle, quando mi chiede la ricetta i grammi e le proporzioni, la risposta è “ad occhio”, che traduco con gesti in mezzo panetto di burro e quindi in 150gr di burro, e cinque cucchiai di farina, perché ogni cucchiaio secondo me fa circa 30 grammi. Spiego racconto, ma mica può star sempre a sentire e allora: “ Ma si dai, va bé ho capito dai… Tu invece adesso grattugiami il parmigiano che io devo controllare qua!”

Si volta veloce, ma non conosce ancora la cucina, intesa come: i suoi angoli i suoi pertugi e interstizi. Lo spigolo di acciaio della cappa gli corre incontro mentre ha gli occhi puntati sulla besciamelle. E lo vedi, che il corpo scivola appena avanti , rispetto alla testa fermata dalla tranvata sul sopracciglio. E serve a poco il mio “occio !” ritardato rispetto alla velocità del suo movimento. Si piega disperato le mani, sulla faccia, e mugugna qualcosa sulla cappa troppo bassa. Bassa? E te che sei alto per fare dei:

Maccaroncini pasticciati 




Allora riproporzionate voi, ma per 20 persone occorrono 3 cipolle medie e 5 scalogni, 4 carote e due coste di cuore di sedano, il tutto finemente tritato e lasciato appassire in poco olio evo, in una grossa pentola antiaderente, dopo un paio di minuti ha aggiunto 200gr di pancetta affumicata tagliata a cubetti piccoli, che lascerete rosolare. Aggiungerete 800 gr di macinato misto tra capocollo di maiale e manzo magro, rosolate per bene incorporando qualche odore, per noi salvia e alloro. Sfumate con mezzo bicchiere di vino e una bella spruzzata di grappa, salate, pepate e coprite il tutto lasciandolo andare per un’oretta buona. Dopo un’ora aggiungete 700 gr di piselli (si possono usare anche i congelati) e 300 gr di mortadella fatta a dadini, coprite e lasciate cuocere per altri 30 minuti, girando ogni tanto.
A parte preparata la besciamelle, con 150gr di burro e la stessa farina aggiungendo una volta che burro e farina sono amalgamati 2 lt di latte. Questa besciamelle è leggermente più scarica rispetto alla tradizionale che vorrebbe per quel latte 200gr di farina e altrettanti di burro, ma poi capirete. Salate la besciamelle e aggiungete una generosa grattata di noce moscata. Quando la besciamelle ha tirato ed è ancora bollente, incorporate 4 rossi d’uovo continuando a girare velocemente. Tenete da parte e preparatevi per la parte finale. Lessate per metà del tempo previsto 1,5 kg di pasta secca di grano duro, il ragazzo ha scelto dei maccaroncini. Scolateli e fermate la cottura allargandoli in un contenitore capiente. Condite i maccaroncini con metà del ragù. Disponete la pasta in teglie di alluminio o in formine che avrete precedentemente imburrato e spolverato di un misto di pangrattato e parmigiano grattugiato in proporzioni uguali. Per ogni teglia considerate due strati di pasta inframezzati, da ragù rimasto, abbondante besciamelle e parmigiano grattugiato, finite la guarnizione con ancora pane grattugiato e formaggio. Passate al forno a 200° per 20 minuti, servite e godete.

Il ragazzo ha bisogno dei fondamentali, ma è all'altezza.

14 settembre 2008

Questione di colore

Se ne sta seduto a tavola, il gomito sinistro sul tavolo a sostenere la testa che sta appoggiata tra guancia e orecchio, sulla mano di quel braccio. Quando gli ho detto di apparecchiare ha sistemato il suo posto in modo che, con una forzata rotazione del busto, che lo avrebbe portato completamente fuori asse rispetto al piatto, potesse guardare i cartoni che la televisione, accesa nel salone, sta trasmettendo. L'ho lasciato fare mentre distrattamente metteva in bocca qualche foglia di insalata, e qualche pezzetto di pollo. Ho lasciato che gli cadesse, dalla forchetta ai pantaloni, sia l'insalata che il pollo. Ho fatto finta di nulla, distogliendo lo sguardo, mentre con fare preoccupato raccoglieva dai pantaloni sia l'una che l'altro, spiando preoccupato se mi fossi accorto della sua mossa.
A quel punto mi sono alzato con fare distratto, lento, misurato, e ho cambiato canale. Le immagini del telegiornale han preso il posto di cartoni impronunciabili, lasciando che un raggio di potenza laser rimanesse, per un istante a mezza'aria nello schermo, e che lasciasse, tutti, col dubbio di aver colpito o meno l'obiettivo.
L'ho visto avere un scatto di rabbia, sul viso è apparsa, fugace, un'espressione offesa e imbronciata. E ora se ne sta seduto a tavola, il gomito sinistro sul tavolo a sostenere la testa che sta appoggiata tra guancia e orecchio, sulla mano di quel braccio. Voltato dalla parte opposta rispetto a me.
Lo guardo e gli chiedo perché non mangia. Non mi dice che è offeso. Non mi dice che è arrabbiato. Cambia espressione, cambia atteggiamento in tutto il corpo, modifica il tono di voce: dalla rabbia soffocata, alla sofferenza simulata. La mano non regge più la testa, ora scorre sulla fronte come a misurare un'improbabile febbre, il viso prende un'espressione preoccupata e dopo aver strizzato un paio di volte gli occhi, nella mimica ben riuscita, di un dolore lacinante se ne esce con un: "Mi fa male la testa !"
Un quarto della famiglia si ferma preoccupata di quella dichiarazione, quel quarto di famiglia si alza e gli appoggia le labbra, in un finto bacio, sulle tempie a verificarne la temperatura. "Non hai la febbre!". "Si ma mi fa la testa."
La voce trasmette sofferenza, dolore, bisogno di compassione. La voce dice riacceendimi la tv.
"Ma prima di pranzo, quando correvi fuori, non ti faceva male la testa?" La mia domanda lo spiazza si vede, non era preparato, a sette anni non dovresti essere preparato, se tuo padre ti fa una domanda. Ci pensa, lo vedo che ha messo in moto tutti i neuroni che ha dentro quella testolina, passa un attimo e risponde: "Eh, mi è venuta dopo che ho mangiato!"
Due bocconi di insalata, di cui uno passato per i pantaloni e un pezzetto di pollo, possono far venire il mal di testa ad un bambino di sette anni, che fino a dieci minuti prima correva come un pazzo per il giardino? Traduco il pensiero troppo lungo con un semplice e più efficace "Come mai?"
Ora guarda il piatto pieno di insalata, e lo vedi, lo vedi che adesso è lì pronto a rispondere, che ha trovato la ragione e la giustificazione. E' lì, lo sguardo come quello di un medico che spiega i trigliceridi al suo paziente o come quello di un fisico quantistico che sta per spiegarti perché i buchi neri son neri.
"A me le cose verdi, mi fanno venire il mal di testa!"

Insalata di pollo con semi di sesamo




Bè facile, facile dai basta guardare la foto, ci sono dei bocconcini di pollo saltati in padella antiaderente insieme a semi di sesamo, qualche fettina di zucchina gratinata in padella, olive taggiasche, insalata cappuccina, rucola e un poco di erba cipollina il tutto condito con una vinaigrette di olio, aceto, sale, pepe e qualche goccia di succo di limone.
Però è verde e fa venire il mal di testa.

10 settembre 2008

Analisi tecnica di una crisi non ancora annunciata

Piatti facili e divertenti. La pasta e fagioli dei politici. La tradizione rivisitata, una fusion tradizionale. Consigli, suggerimenti alla ristorazione, non mancano in rete.
La spesa dal contadino, accorciare la filiera, ricette svuotafrigo, carni bianche e animali da cortile, i consigli alle massaie imperversano in televisione. Ogni rete e programma a inserito una rubrica di cucina a vomitar consigli per sopravvivere alla crisi.

Dall’altra parte invece arrivano tutta una serie di messaggi indecifrabili ai più: la banca europea tiene fermi i tassi per frenare l’inflazione, gli Stati Uniti che salvano Fannie Mae e Freddie Mac e qualcuno avrà pensato ai cartoni animati, il dollaro si rivaluta e qualcuno parla di un petrolio che gli va dietro e la benzina pure, la crescita dell’Italia sarà vicina allo zero, Trichet (questo sconosciuto) che parla di ripresa a fine anno due giorni fa e, con un gioco di parole, nel 2010 oggi. Alla faccia delle certezze.

O meglio: delle cazzate.
Preparatevi perché non abbiamo ancora visto tutto. In giro ci sono ancora crisi che devono emergere e che qualcuno deve salvare come ha fatto per i cartoni animati.
Le banche devono trovare il modo per salvare il loro bilanci, messi a dura prova da operazioni finanziarie sui derivati dei mutui americani. E come faranno?
Con altre operazioni finanziare, e guarda caso il dollaro si rivaluta.
E che succede se il dollaro si rafforza ?
Ma certo !
Dove pensate che vengano prodotti i beni durevoli che maneggiate e comperate tutti i giorni ? Date un'occhiata alla scritta made in... !
Ecco bravi proprio lì: in Cina.
E come li paghiamo i cinesi?
Bravi,in dollari.
E un'azienda che compra in dollari che cosa farà per garantirsi il suo risultato, visto che ora gli servono più euro rispetto a due mesi fa?
Bravi, aumenteranno i prezzi: alla faccia dell'inflazione di Trichet.
E se aumentano i prezzi che succede?
Ottimo bravi, la gente compera di meno.
E se deve comperare di meno, a cosa rinuncia ?
Bravi ! Rinuncia a quei consumi non di prima necessità.
Ma se poi non basta che succede ?
Esatto. Abbassa il livello dei consumi.
Quindi ??

Quindi non stiamo a raccontarci cazzate. La gente compererà di meno e prodotti con prezzo medio inferiore. Il che vuol dire che se prima andavo al ristorante una volta al mese ora ci andrò una volta ogni due mesi e abbasserò anche il mio target di riferimento. Se prima compravano la pasta Cocco poi compreranno la Voiello, e se comperavano la Voiello poi compreranno la Selex. Vuol dire che a cominciare dal mese di ottobre se non prima, tutti i telegiornali parleranno di crisi e di recessione. Perché la Locomotiva europea dell' Angelina Merkel, sbufferà spompata dopo aver trainato l'Europa per due anni. E quindi arriverà il solito Trichet che dirà che ora non serve più difendere l'inflazione, ma che bisogna rilanciare l'economia con un taglio dei tassi, e allora giù a catena: euro debole dollaro forte, dollaro forte, materie prime più care, materie prime più care... Bé ricominciate dall'inizio.

E allora? Allora niente ho fatto solo un'analisi tecnica, la quale come tale non serve a nulla ed è fondamentalmente totalmente sbagliata, e produce solo e tanto terrorismo mediatico. Uno in più uno in meno.

Aggiornamneto delle 12:00 del 12/09/2008 

ovvero quanto me rompe avere ragione

03 settembre 2008

Aria

Aria
Non respira e avrebbe bisogno di aria, tanta aria. La corsa in accelerazione, quasi in apnea, lo ha lasciato senza fiato. Ha sentito dietro di se i passi degli altri, ma poi sono scomparsi, si sono allontanati, deviati dalla sua corsa per averlo perso. Ma ora ha bisogno di aria. Prova a piegarsi su stesso le mani appoggiate alle ginocchia, la testa in avanti. Ma è peggio: un colpo di tosse che si trasforma in un conato di vomito, lo prende di sorpresa. Dalla gola sale un rantolo, spinto dalla compressione del diaframma, sale per l’esofago e arriva in gola annunciato da un rutto che diventa un raglio, un grido smorzato. E vomita, sputa, ma non esce nulla, solo lo sforzo della pancia a risucchiargli ancora aria e un filo di saliva che scende verso terra tra i suoi piedi. Un filo di saliva che non vuole staccarsi che rimane lì, lungo. Dalla sua bocca fin quasi a terra, incerto sul da farsi. Lo mette a fuoco, per tutta la sua lunghezza, e prova ad immaginare dove toccherà terra. O magari quanto possa diventare lungo. Come un filo di sottiletta? Quelle sottilette che sua madre gli mette sulle rare fettine di carne, che quando infila la forchetta e le tira su, può arrivare a farne fili lunghissimi. Talmente lunghi che a volte non basta la lunghezza del braccio e deve alzarsi in piedi, in una gara contro se stesso. Una volta ci si era messo d’impegno, come dice sua nonna, aveva studiato la situazione: aveva scoperto che c’è un momento in cui quel filo lo puoi tirare e non si rompe. Aveva scoperto che non deve essere ne troppo caldo ne troppo freddo, e allora aveva infilato profondamente la forchetta nel formaggio, poi, seduto a tavola, aveva allungato il suo braccio fino alla massima estensione, con attenzione si era alzato in piedi, e convinto di poter raggiungere il suo record si era messo in piedi sulla sedia piegato in avanti, pronto ad alzarsi e a far diventare quel filo “enormemente lunghissimo”. Roba che poteva anche scriverla a “Topolino”. Una foto di lui, e invece della data del suo compleanno sotto, avrebbe fatto scrivere: “Marco che ha fatto un filo di un metro con la sottiletta kraft”. Non era riuscito a raggiungere il record: cadde dalla sedia, colpito da qualcosa tra nuca e orecchio. La forchetta era volata in mezzo al tavolo con la sottiletta appiccicata alla tovaglia, un ronzio strano nell'orecchio sinistro, tutta la parte in fiamme per lo schiaffo mollatogli da suo padre: non si gioca col da mangiare. Gli occhi gonfi di lacrime, suo fratello che ride, e sua madre che lo tira per un braccio e lo aiuta a rimettersi seduto. Un pianto silenzioso gli aveva preso la gola, non per il dolore, era più per la sorpresa del gesto, per la delusione. Avrebbe voluto sentirsi dire “Bravo!” invece gli aveva mollato uno schiaffo. Sua madre, aveva recuperato la forchetta, gli aveva appoggiato la mano calda sul braccio, e gli aveva sussurrato:
“Dai, adesso mangia!”

La carne, le fettine, apparivano raramente sulla tavola della sua infanzia, normalmente per cena. Erano un cibo prezioso figuriamo giocarci. Di solito il menù serale era una replica con variazioni sul tema delle uova: frittata col pomodoro, frittata con le cipolle, frittata con le vitalbe, in estate uova sode con tonno e alici, oppure le uova al tegamino, piatto che sfamava più per il pane che lo accompagnava a "scarpettare" nel tuorlo, che per se stesso. Di giorno invece la regina era la pasta, grandi "reali" di pasta, piatto unico sfamante delle fatiche scolastiche. Condita con ragù semplici ma efficaci sulla fame, la massima rappresentazione erano i:

Rigatoni con lo spezzatino



Per 4 persone:
400 gr di spezzatino non troppo magro tagliato a tocchetti della grandezza di una noce. In una casseruola fate rosolare, in mezzo bicchiere di olio evo, un trito di cipolla, carota e sedano se piace. Appena il trito comincia a soffriggere aggiungete la cane e lasciate rosolare ben bene. Quando la carne risulterà rosolata, sfumate con mezzo bicchiere di grappa buona e aggiungete due chiodi di garofano e una generosa grattata di pepe e noce moscata, salate. A questo punto aggiungete una salsa base di pomodoro, o dei pomodori ramati spellati e privati dei semi passati al passaverdura. Potreste usare anche una passata o dei pomodori pelati in barattolo, ma è meglio la prima soluzione. La salsa deve giusto coprire la carne. Portate la salsa a bollore e abbassate il fornello al minimo, aggiungete un paio di rametti di basilico, e lasciate sobbollire per 30/40 minuti, correggete di sale. Quando la salsa si sarà rappresa lasciando intravedere la carne, a questo punto morbida e succosa, spegnete. Lessate la pasta: dei rigatoni o mezze maniche, comunque un formato corto, e conditela con il sugo, spolveratela con del parmigiano grattugiato non troppo stagionato (12/18 mesi) e godete del poco.