29 settembre 2006

Merde !


E' vero la letteratura culinaria è piena di termini francesi. E noi come tante pecore, dietro. Al contrario i francesi nascono sciovinisti. Per la cronaca questa parola deriva dal francesce chauviniste che a sua volta deriva da chauvinisme (nato nel 1834), tratto dal nome di Nicolas Chauvin, combattente delle guerre napoleoniche, famoso per la sua fedeltà all'imperatore la cui figura divenne proverbiale come esempio di fanatismo patriottico. Tiè !
Dicevamo che al contrario i francesi non si fanno influenzare e quindi computer diventa ordinateur e via discorrendo.
Noi invece, limitandoci alla cucina, abbiamo adottato diverse cose. Ad esempio chantilly, che in Francia è panna montata e da noi è una crema. Bagnomaria da bain de mer: i francesi scoprirono che con l'acqua salata del mare si poteva tener meglio sotto controllo la bollitura e quindi questo tipo di cottura. Gli champignons in Francia sono funghi in genere, da noi sono i prataioli coltivati, che in Francia diventano champignons de Paris. La Mostarda per loro è senape, per noi è frutta candita sciroppata con aggiunta di Senape. E poi julienne che vuol dire qualcosa di tagliato a strisce sottili. Brunoise che vuol dire verdura tagliata a tocchettini.
Ed è proprio questo termine, brunoise, che ha fatto diventare una ricetta semplice come la zuppa di ceci del post precedente, qualcosa di complicato.
MEA CULPA! Da oggi termini italiani con (tra parentesi) la traduzione francese solo per non isolarci dal resto del mondo.
Merci !

25 settembre 2006

Ricette sparse ..(1)

A corto d' idee? No! Anzi.
Ma ci vuole tempo a preparare (cucinare) quello che mi passa per la testa o quello che scopro girando. Mica posso chiedere, scusi signora me lo affetta e me lo fa fotografare? E sì...!
E allora, visto che mangiamo tutti i giorni, un paio di ricette provate ultimamente e che sono piacute alla commisione giudicatrice ;-), composta dai componenti della famiglia.
Bon Appétit

Risotto di verdure caramellate, con spinacio al parmigiano e crema di peperone

tempo prima:
Stufate, con poco olio, in una padella 4 carote e un cuore di sedano e 2 patate fatte a tocchettini. Sfumate con vino e acqua, aggiungete dei fagiolini precedentemente sbollentati per cinque minuti. Fate andare coperto per qualche minuto, poi togliete il coperchio e lasciate asciugare l'acqua e rosolate le verdure. Quando prendono una sfumatura d'orata, salate e aggiungete un cucchiaino di miele di acacia. Mettete a parte.
Arrostite i peporoni e sbucciateli eliminando tutte le parti bruciate. In una casseruola scaldate dell'olio e fate soffriggere mezza cipolla, sfumate con del vino. Aggiungete i peperoni a pezzi fateli andare due minuti. Frullate il tutto e aggiustate di sale.
Preparate il risotto (preparazione classica), con un fondo di scalogno appena dorato.

Tre minuti prima
Quando il riso è ancora ben al dente, mantecatelo con burro e parmigiano, aggiungete le verdure stufate. Coprite il risotto con un canovaccio. Scaldate bene una padella e mettete a cuocere gli spinaci (crudi senza sbollentarli), appena si saranno appassiti aggiungete una noce di burro e una presa di parmigiano.

Impiattate disponendo la crema di peperone, calda, a coprire il fondo del piatto, il risotto, e guarnite con gli spinaci. (la foto è diversa ma ritengo migliore il suggerimento)

Zuppa di ceci con verdure croccanti e profumo di speck


tempo prima:
Ammollate i ceci per una notte ( e per tutta la mattina se fate la zuppa per cena ). Lessate i ceci in acqua e sale, devono risultare teneri. Cuocete al vapore tre carote e un cuore di sedano. Lasciateli al dente e freddateli, preparate la verdura facendola a dadini (brunoise), aggiungete otto o dieci pomodorini, anche questi a dadini, senza buccia e semi. Condite con Olio buono e tanto basilico. Salate solo poco prima di impiattare (eviterete mezza scodella di succo).

quindici minuti prima
rosolate una cipolla e una fetta di speck intera in poco olio, sfumate con del vino e lasciate evaporare. Eliminate lo speck. Passate, con un passa verdure, la metà dei ceci e aggiungetela al soffritto, allungate con l'acqua di cottura dei legumi. Aggiungete l'altra metà dei ceci intera. Lasciate andare per un cinque minuti: la zuppa deve risultare abbastanza cremosa. In un padella fate scottare per due minuti due fette di speck fatte a striscioline sottili (julienne).

Impiattate in scodelle, o piatti fondi, la zuppa, insaporite con del parmgiano a scaglie e una generosa grattata di pepe. Aggiungete al centro la brunoise di verdure che avrete salato, e terminate con la julienne di speck. Un filo di olio di oliva a crudo.

20 settembre 2006

Stinco e Valtellina... anzi no: Tacchino

Qualche giorno fa ci chiamano un paio di amici. Cena da loro. Con Lei è una "sfida" non dichiarata ai fornelli (lo faccio ora qui). Tutti e due con la passione della cucina, gareggiamo a sorprenderci a vicenda. Lei ci riesce sempre e anche questa volta lo ha fatto. Ma andiamo per ordine.
Mi offro di portare qualcosa, il solito tira e molla, fino al "mafacometepare tantononstaiasenti". Porto il vino, ma per farlo come sempre chiedo il menù. Stinco di maiale al forno. Stavolta je tocca, lo apro. Sarà giovane, sarà presto. Sti cazzi, non aspettavo altro. Entro in cantina e vado deciso verso la nicchia della Lombardia, ha la capsula verde e lo trovo subito.
CORTE DELLA MERDIANA dei conti Sertoli e Salis. Cantina in Tirano, Valtellina, ergo Chiavennasca o Nebbiolo se preferite. Fanno vino dal 1600 quando la famiglia Salis Von Zizers riforniva il vescovo di Coira. Origine Svizzera, meglio Grigionese, meglio Retica (vabè insultatemi, non lo sapevo).
Per capire un vino bisogna iniziare dalla terra. La Valtellina è una valle stretta e rocciosa. La zona vinicola va da Tirano ad Ardenno. I vigneti si arrampicano sulla destra orografica dell'Adda, meglio assolata. I filari sono trattenuti da muretti in pietra:le "terragne" (foto1, foto2). Vigne che si spingono anche fino a mille metri, curate da infaticabili viticoltori, che nel passato si sono portati in spalla anche la terra che le compongono. Oggi sono stati introdotti sistemi a rotaia, per alleviare le fatiche. Ma in molti casi è ancora l'uomo che fa il lavoro. Un vino così ti comincia a stare simpatico da subito.L'uvaggio è nebbiolo, che, come detto, qui prende il nome di chiavennasca. La denominazione (della DOCG) è Valtellina Superiore, che prevede le sottozone di Sassella, Grumello, Inferno, Valgella e Maroggia. Ed è dalle prime due zone che provengono le uve di questo 2000. La particolarità è l' aggiunta del rinforzo: le stesse uve lasciate ad appassire in fruttaio fino ad autunno inoltrato. Poi niente barrique, ma carati di rovere da 450 litri.
Lo stappo. Il colore è un rosso granato con un accenno di unghia aranciata, i profumi sono complessi: di ribes nero e lampone, dietro esce la nocciola e una nota di vaniglia speziata. Il primo assaggio mi mette seduto, vince una forte sapidità, una freschezza troppo acida, è giovane ! Lo lascio nel bicchiere, e quasi rimpiango di averlo aperto.
Intanto scopro che insieme allo stinco arriva a tavola del tacchino stufato con carote e salsa di ribes. ;-). Se il Meridiana si riprende stasera si va alla grande. Assaggio lo stinco, buono. Provo il tacchino, buonissimo: un gusto agrodolce piacevole, la salsa al ribes è perfetta su questa carne. Ritz ha fantasia da vendere, esce dal seminato e prova, senza paura e senza dosi. Quando gli ho detto di scrivere la ricetta, c'era allegata una pagina di concetti astratti sul: manonso... forseche... maiochepossodire... maseisicuro... Sicurissimo.
Guardo la bottiglia, riprendo il bicchiere, provo. E' fatta. Ora sono i frutti rossi e una nota di spezia dolce, a invadere il palato, il tannino è piacevole e rotondo. Si "accoppia" con lo stinco perfettamente. Ma con il tacchino "ci muore".

Questa è la ricetta di Ritz:
"Tacchino in salsa di ribes
Per il tacchino. Preparate il soffritto con cipolla e carota, quest’ ultima affettata a cubetti abbastanza grandi. Lasciate andare in olio e burro per un paio di minuti. Nel soffritto rosolate il petto di tacchino (messo precedentemente in rete e salato). Sfumate con del vino bianco. Aggiungete poca acqua e cuocete a pentola chiusa per circa un’ora. Raffreddate il tacchino e tagliatelo a fette. Riducete il fondo di cottura ad una consistenza cremosa

Per la salsa Confettura o gelatina di ribes (o altri frutti di bosco rossi). A fuoco lento sciogliere 5 o 6 cucchiai di confettura con del vino rosso (usate un passito o dealcolizzate un rosso di corpo). Solo all’ultimo momento, quanto basta perchè prendano calore, aggiungete dei ribes freschi interi.

Servite il tacchino caldo bagnandolo con il fondo di cottura e accompagnandolo a parte del piatto con la salsa di ribes."

Le altre bottiglie le apro nel 2010
(le foto della Valtellina sono di Roberto Moiola, scaricate dal suo sito
www.sysaworld.com)

17 settembre 2006

Metti che .....

Metti che un sabato ti sei "dimenticato" di fare la spesa e che in frigo non c'è proprio niente. Metti che ti sono rimasti solo mezzo pacco di fette biscottate e due merendine. Metti che è domenica e che tutti i negozi sono chiusi. Metti che è vero che non hai tanta fame, ma che di là c'hai "un grillo" che ogni mezz'ora grida: "MEEE-REN-DAAA!!"
Allora che fai ? Ci pensi due minuti. Fai un inventario, partendo dalla dispensa in cantina. Escludi i congelatori, perchè non avresti tempo. Sali, mentalmente, fin su la dispensa della cucina. Passi per il frigo, che ri-verifichi esser pressochè vuoto. E ti ritrovi con farina, latte, mezza busta di spinaci e un pugno di bietole avanzate. Sarebbe da fare una focaccia, con verdure e affettati. Ma quest'ultimi di domenica 'ndo li trovi?..... Ma sì, certo, ci passi davanti in bici una volta si e una no. Bastia, al bar di Scotini.
Parto, mi porto il grillo che continua a gridare: "meee-ren-daaa!!". Guido come un ubriaco nel tentativo di addormentarlo, ma nello specchietto retrovisore vedo quei due occhi azzurri, da barbagianni, che mi spiano, "meee-ren-daaa!!". Arrivo, parcheggio in curva e in seconda fila. Oggi ha ri-aperto la caccia o "la stagione venatoria" vedete voi. Il bar è affollatissimo. Colgo spezzoni di racconti, storie impossibili, non è cambiato niente. Il grillo mi segue: "meee-ren-daaa!!". 'Nte preoccupà cocco, che ki, da magnà, nun te manca!. Ora che ci siamo fatti riconoscere possiamo entrare !
Indugio tra salami e lonze appese, pecorini di tutti i tipi accatastati sul bancone. Vada per prosciutto, un pò di salame e qualche fetta di lonza. No niente pecorino signora, sono a dieta! (Seeee....). Assaggio, si è buono come sempre. Vuoi un pò di salame con il pane?. No vojo le figurine, quelledeppallone. Ma non aveva fame? La signora non ha il resto. Mi dia la differenza in figurine, così sta buono. Ecco sei contento?. 'Ti, dopo io ci gioco con Leo è !?. Sì bravo, basta che ti addormenti.
Ripartiamo piove da giorni, nuvole basse, quasi buio. Saluto la comitiva di fuori. Un tipo in mimetica racconta: jee passato sopra dritto pe' drittooo, Bam, Bam, Bam, tre botte 'na padella kusciii. Cambio strada, più curve, questa volta s'addormenta. Arrivo a casa, parcheggio. Faccio pianissimo, sta sdraiato sul sedile dietro, quasi quasi lo lascio dormire qui, in garage. Me ne vado in punta di piedi, tocco la maniglia della porta. "MEEE-REN-DAAA!!" Seeeee......

Focaccia... o Crescia... o Pizza bianca, o ... fate voi.
Per quattro persone e tre focacce.

250 gr. di farina 00, 250 grammi di farina manitoba, latte quanto ne serve, tiepido per riavvivare una bustina di lievito secco per pizze. Aggiungete un cucchiaio d'olio buono, due cucchiani di zucchero e tre di sale (questo non deve entrare in contatto diretto con il lievito). L'impasto deve risultare morbido e appiccicoso sulle mani. Se avete un impastatrice usatela, altrimenti lavoratelo a mano lungamente. Lasciate lievitare in ambiente caldo e coperto da un panno umido, per un paio d'ore. Stendete l'imapsto a mano sulle teglie (non usate mattarelli o altri instrumenti vari). Lasciate lievitare per un'altra ora. Prima di infornare (non meno di 220° meglio 250°) affondate le dita nella pasta, lasciando quei bei buchi che si intravedono in foto. Condite con poco olio e sale (meglio se sale d'affioramento). Sfornate quando il colore è di un bruno d'orato. Prima di servire spennellate con una soluzione di olio e acqua in proporzioni uguali, serve ad ammorbidire e dare croccantezza allo stesso tempo.

MEEE-REN-DAAA!!... Arrivo! ... arrivo!

15 settembre 2006

Volevo parlare di vino, ma ...

Oggi parliamo di letteratura. Ma per farlo usiamo due dipinti, quelli che vedete nelle foto qui di fianco. Tendenzialmente a qualcuno piacerà il quadro a sinistra ad altri quello di destra. L'arte figurativa è per definizione piacere emozionale. Nessuno può dare dell'incompetente a chi non piace "l'arte moderna". E' sempre una questione di gusto. Ora è palese che i due dipinti qui sopra, siano frutto di esperienze e idee diverse. Di tempi, cronologicamente, lontani tra loro. Che a dipingerli siano stati "due pittori" che hanno scelto di interpretare, comunque la realtà, ma in modo completamente soggettivo. Per questo, secondo me, è fondamentale capire la vita e le esperienze di colui che realizza un' opera. La vita di un Renoir è totalmente diversa da quella di un Gauguin. Anche se sono quasi coetanei e per la storia dell'arte sono tutti e due impressionisti.

Il primo nel 1880 entra in crisi e chiede aiuto e supporto a Zola, il quale però nei suoi scritti condanna l' incompletezza, l' estremismo e l'incapacità di acquistare uno stile da parte del gruppo degli impressionisti. Renoir si "inncazza un tantinello" e raccoglie la sfida implicita di Zola, dipingendo: "La colazione dei canottieri". Fusione di elementi plastici e cromatici fino ad allora ben distinti nella sua produzione. Il secondo, Gauguin, fa l'agente di cambio e spennella quadri che manda alla famiglia per sostentamento. Nello stesso periodo dell'incazzatura del collega si presenta alla VI mostra (1881) degli impressionisti dove emerge con "nudo di donna che cuce". Poi nel 1888 va ad Arles con un tale Vincent e nel 1891 si trasferisce definitivamente a Thaiti. Noi per definizione conosciamo tendenzialmente la produzione di questo periodo, quella che gli dà la contemporaneità, ma e che è solo la fine della sua esperienza.


Bene la stessa cosa accade in letteratura, un libro è parte di un percorso di vita, di esperienze passate e presenti. Oggi è morta Oriana Fallaci, la cui produzione letteraria fa pensare a due pittori diversi, che abbiano avuto esperienze completamente opposte. Cambiare idea qualche volta è un bene, non è solo condanna. Partire da un punto e arrivare nel corso della propria vita all'esatto opposto, non vuol dire aver tracciato una linea, ma significa aver persorso un cerchio.


Anche nell'arte accadono queste cose: i due quadri delle foto, sono dello stesso pittore. Kandinski vedeva in quello di destra, le stesse cose che noi non vedremo mai in quello di sinistra.

13 settembre 2006

4 'o puorco, ... 88 'e casecavalle

Oltre alle due del titolo, mi risultano, altri sette riferimenti al cibo, nella smorfia napoletana. Io ho una teoria tutta mia. Sostenuta sempre nelle discussioni culinarie, che avevo, e che ogni tanto ho ancora, con Francesco. La cucina napoletana nasce ai tempi di un' era glaciale. Spiego. Avete mai riflettuto sui piatti napoletani ? Fermo restando che la cucina napoletana è: GRANDIOSA. Legata ancora alla cultura popolare più di altre, radicata, nonostante i secoli, alla tradizione. "Lei" sembra, comunque, concepita in un clima da circolo polare artico. Andiamo per ordine, e immaginate una giornata di fine estate o inizio primavera per le vie di Napoli.
Colazione: sfogliatella riccia o frolla, la prima trasuda burro con un rapporto di 1:2 rispetto alla farina. Babà con la crema e cappuccino. E siamo alle 8.00 di mattina. Due passi nel centro magari fino alla Cappella di San Severo a vedere il "Cristo velato" e "le macchine anatomiche" [ci vengo, ci vengo!]
Se poi passeggiando per strada (conosco poco Napoli, se non dai racconti, [scendo... scendo!]) vi venisse un leggero languorino. Dietro l'angolo potete trovare sempre una Pizza fritta. La base è una pizza piegata su se stesssa a racchiudere il ripieno. Questo è una trattativa [è stato sempre così anche in mensa :)] tra voi e il piazzaiolo. Il tutto tuffato in olio bollente e mangiato per strada.
Quando si fa ora di pranzo preparatevi e non abbiate fretta. Tra tutti i racconti rimasi "affascinato" da questo piatto: Pasta alla Genovese. Se vi state sintonizzando su qualcosa che ha a che fare con basilico, o pesce; lasciate perdere. La genovese è una certa quantità di carne di vitello a pezzi grandi e una una volta e mezzo la stessa quantità di cipolle. Ecco la ricetta. Con la "crema" della cipolla che risulta dopo quattro ore di cottura, ci si condiscono degli ziti. La carne diventa il secondo piatto. Ma puoi farti anche una pasta e fagioli "munnezzaglia" dal fatto che la pasta è la raccolta di tutti i formati che hai a casa. Magari dopo ti fai un dolcetto, una pastiera. Non cito gli ingredienti, sono come le tabelline a scuola. Debbono essere conosciuti per definizione.
Nel pomeriggio fatevi due passi per digerire. Consiglio via Partenope, poi giù per Nuova Marina, state lì intorno, non girate troppo. Se doveste sentirvi un poco disturbati c'è sempre il Loreto Mare, per ogni evenienza. Ma se vi dovesse prendere fame, cercate un chioschetto per assaggiare "O' pere o' muss" e "la trippa 'a 'nzalata" lessata, fresca con sale e limone. Maronna mia.
La sera per restare leggeri un pochino di riso. Ricordo solo una ricetta che includeva il riso: "sartù". Un pasticcio di riso con salsa al pomodoro, farcito di fegatelli di pollo, salsicce, uova sode, piselli e mozzarella?. Oppure potete fare una "minestra maritata": verza, broccoli, lattuga, cotenna e costine di maiale, pancetta, salsicce (da qui il nome), brodo, cipolla, aglio, caciocavallo, fette di pane...
Caro Franco, fortuna che non ci siamo conosciuti a Napoli, sarei morto subito. Collasso Colesterolemico fulminante.
Cito per non dimenticare: la mozzarella, la mozzarella in carrozza, il pane cafone, il casatiello, la pizza rustica, la pizza co 'i friarelli e salsicce, la pepata di cozze, le alici 'mbuttunate, 'a Lasagna, 'e purpette, 'o baccalà, 'o bror e purpe, 'e zeppole 'e San Giuseppe, 'e chiacchere, 'o sanguinaccio, e dulcis in fundo la parmigina di melanzane, 'ndorate 'e fritte.
Io ho fatto un:
Tortino di Melanzana
per quattro: due melanzane lunghe e grandi. Tagliale a fette salatele appena, per far perdere l'acqua, e grigliatele a fuoco vivo. In un coppapasta grande componete il tortino alternando una fetta di melanzana, del prosciutto cotto, fior di latte [;-)], caciocavallo basilico. Fatene due strati e chiudete con una fetta di melanzana. Condite con salsa di pomodoro, parmigiano e basilico. Grigliate al forno per 20 min alla temperatura massima. Servite con un filo d'olio buono. Beveteci un falerno o una falanghina, magari di Villa Matilde.
... ahh tengo fame !

08 settembre 2006

Guide e Guidati


"amaroneggia fin dall'ingresso, con la sua sontuosa prugna che s'apre in vene di dolcezza gustativa di polpanza, di maturità come trionfante. La dolcezza s'apre avvolgendo morbida, e tutto l'insieme gusto-aromatico speziosamente, mentosamente, zuccherosamente (il velo bianco, piatta cupola del Pandoro), donando sola polpa, mai buccia tannica, rifulge morbidamente, convessamente delicato. Il frutto qui era essenza pura, compiutamente matura. La sua voltura in vino, per l'eccezionale precisione della trasformazione, ha semplicemente, magnificamente significato il suo spandersi ed effondersi da polpa a soluzione, con la sola aggiunta di tutte le stupende mentosità d'un rovere cristallino. La sua mora dolcissima: semplicemente irresistibile alla sua profonda beva. Uno tra i campioni dal frutto-speziato più integro e bilanciato mai suadentemente avvertito. Ad oggi il miglior rosso delle Marche mai testato, uno fra i migliori italiani e non di sempre."
Se non fosse per l'ultima riga, mi potrei divertire con un idovinello del tipo: "Di che si parla?". E lasciarvi qui, incollati al video, fintanto che il computer, preso da compassione, si spenga in un screensaver liberatorio. Ma non farò così. E anzi vi dirò che con questo commento, Luca Maroni stampa un bel 96 al Pathos 2003 di Santa Barbara, nella sua guida online.
Ora dato che Luca Maroni è costui, che Santa Barbara è una cantina (per la cronaca a "due passi" da casa mia), ne consegue che Pathos è un vino. La domanda è: "Ma di che saprà questo vino?"
Un poco di storia, visto che in cantina ho le altre annate prodotte a partire dal 2000. Questo vino è frutto della passione di Stefano Antonucci patron della cantina, a cui si dedica a tempo pieno dal 1995. Prima si limitava ad un part-time. Di più. Pathos è un frankestein delle colline marchigiane. E' il felice risultato di un triplo esperimento vitivinicolo. Nell'ordine:
1) Uvaggio bordolese nella Marca Anconetana
2) Syirah in abbinamento a Merlot e Cabernet Sauvignon, in proporzioni matematiche di unterzo ciascuno
3) Le tre tipologie sono coltivate nella stessa vigna e con le proporzioni finali.
Chapeau monsieur Antonucci.

Ora ho un dubbio e una paura.
Il dubbio è: se chiamare quattro amici bravi e dedicarci ad una verticale di quattro annate. Per "impossessarci" di questa sontuosa prugna, e di questo cristallino rovere. Per consegnarli definitivamente alla sola sensazione del ricordo. Dopo che hai bevuto non resta altro! Oppure se aspettare che il tempo, quando hai a che fare con un bordolese può volercene molto, faccia il suo lavoro.
La paura invece è questa: in passato un altro marchigiano "emergente" si beccò un bel 92 nel lontano 2000 (o 2001 non ricordo). Con tanto di:
"ricco di un frutto piangente alcol ed essudante polpa è questo vino il cui rosso colore sfiora il nero ed il viola per fittezza e profondità di luce. Che vino!"
Il terre dei Goti del buon Mancinelli da quel di Morro D'Alba, è praticamente scomparso, se si esclude un più normale 86 nel 2004, dalla guida Maroniana. Vedendo vanificati tutti i tentativi di replica di quel non millesimato iniziale.
La paura, quindi, è quella di un tantinello di sfiga portata da questi trasudanti elogi Maroneschi.
Egregio Antonucci se dovesse capitarle di leggere questo post le consiglio vivamente: una decisa ravanata ai coglioni. In attesa della sua, lo faccio io per procura ammirativa.
Cordialità

02 settembre 2006

Effetti collaterali del peperoncino

Agli occhi di un bambino, e di un ragazzo poi, i genitori sono degli asessuati. Anche quando si diventa adulti, si deve fare uno sforzo non indifferente per immaginare il proprio padre e la propria madre impegnati nel momento della propria procreazione. Il subconscio alza una cortina protettiva che ci difende dal pensiero di corpi nudi avvinghiati in pose, alla fin fine, naturali.
Anche effusioni amorose e del tutto normali, di fronte ai figli diventano un momento di imbarazzo e di sorrisi ad occhi bassi. Così quando qualche giorno fa ho ascoltato dalla viva voce di mia madre il racconto del suo risveglio, ho avuto, almeno inizialmente, un minimo di stupido imbarazzo.
Debbo precisare due cose. La prima: è che mia madre e mio padre a volte dormono, per motivi "logistici" in camere separate. La seconda è che mio padre ha una passione viscerale per il proprio orto. Ogni anno oltre alle colture basi (insalata, pomodori, zucchine ecc.) appaiono "colture sperimentali". Quest'anno, è l'anno del peperoncino piccante con ben quattro varieta coltivate.
Tornando al racconto di mia madre scopro che appena sveglia, lei, si intrufola nel letto di mio padre. Il quale intento ad ascoltare i notiziari radiofonici del mattino, non si lascia sorprendere. E l'accoglie con effusioni, comprendenti affettuosi bacetti sul collo di Lei.
Fermi ! Rewind.
La sera prima mia madre cuoce un bellla quantità di peperoni. E mentre li pulisce con le proprie nude mani, accusa un leggero affanno respiratorio. I peperoni erano in effetti peperoncini piccanti raccolti per errore, i cui gas, sprigionati dalla pulitura, stavano "compromettendo" la respirazione della povera donna (sic!). Le mani sono sature di olio essenziale del peperoncino. Il raspino alla gola diventa insisitente, la donna si passa più volte le mani attorno al collo.
Quel collo che qualche ora dopo il galante genitore sta sbaciucchiando. L'effetto è pressochè immediato:
intenso bruciore alle labbra, violenta lacrimazione, pianto insistente, salto fuori dal letto, corsa al bagno, lavaggio della bocca, viso e occhi, risarella della mamma, smoccolamento del padre.

Mi sembrava strano che il racconto potesse prendere una piega hard. Va bè, sarà per la prossima..... Con quei peperoncini ho provato a fare:

Peperoncini piccanti ripieni di tonno.

Ho pulito i peperoncini e li ho scottati in acqua bollente salata con un quarto di bicchiere di aceto di vino rosso. Li ho fatti raffreddare e asciugare. Ho preparato la farcia con tonno rosso in olio di oliva prezzemolo, mollica di pane ammollata con poco latte e un uovo, sale e pepe. Ho riempito i peperoncini e li ho ripassati al forno a 180° per 10 minuti appena. Li ho freddati e li ho immersi in buonissimo olio di oliva.

Non male. Chissà per quanto possono durare ?