Déjà vu
Vi è mi capitato di avere la sensazione di aver già vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando? Si tratta di “paramnesia”, non è grave! Il nome più diffuso è: “Déjà vu”, già visto.
A me capita, ogni tanto. A volte è la sensazione di essere stato in un posto anche se effettivamente è la prima volta che ci vado . Oppure la sensazione più classica di vivere una situazione e ricordare di averla già vissuta. Ma mi capita anche, e spesso, di “sentire” odori quando sono in posto, in cui quegli odori non possono esser prodotti.
In particolare “sento” due profumi. Il primo è quello di una minestra che mangiavo da bambino, all’asilo. Il menu era sempre uguale: la minestra un giorno e penne lisce al pomodoro il giorno dopo. Lasciamo stare le penne, ma la minestra mi piaceva, aveva un profumo particolare e intenso. Il brodo era cremoso di un colore rossoarancione, la cucchiata raccoglieva pezzetti di patata e maccaroncini sempre al dente. Non l’ho più mangiata e non sono mai riuscito a replicare quel profumo. Sono tornato in quel paese arroccato su di una collina in mezzo ai monti, dove ho memorizzato i primi ricordi d'infanzia. L’asilo non c’è più, non ci sono abbastanza bambini. Ho chiesto in giro chi fosse stata la cuoca ai miei tempi, nell'improbabile tentativo di ritrovare la ricetta. Un lavoraccio.
L’altro profumo che mi “assilla” è quello del “sugo”. Da queste parti, quando parli di sugo, parli di ragù, ma non quello "alla bolognese" quello con cui i tedeschi condiscono gli "ssppaghtte bbologneeese". Non quello dove per trecento grammi di carne sono previsti cinque cucchiai di pomodoro. Nel ragù marchigiano, invece, prevale la salsa di pomodoro, con profumi di chiodi di garofano e noce moscata. La consistenza più fluida rispetto al blasonato "bolognese" colora di un rosso vivace le paste. Così diventa il condimento ideale dei piatti della domenica: la pasta al forno, (le lasagne) che percorrendo una quarantina di chilometri verso il mare diventano "i vincisgrassi", dei ravioli sia di magro che di carne e delle immancabili, classiche e onnipresenti,
A me capita, ogni tanto. A volte è la sensazione di essere stato in un posto anche se effettivamente è la prima volta che ci vado . Oppure la sensazione più classica di vivere una situazione e ricordare di averla già vissuta. Ma mi capita anche, e spesso, di “sentire” odori quando sono in posto, in cui quegli odori non possono esser prodotti.
In particolare “sento” due profumi. Il primo è quello di una minestra che mangiavo da bambino, all’asilo. Il menu era sempre uguale: la minestra un giorno e penne lisce al pomodoro il giorno dopo. Lasciamo stare le penne, ma la minestra mi piaceva, aveva un profumo particolare e intenso. Il brodo era cremoso di un colore rossoarancione, la cucchiata raccoglieva pezzetti di patata e maccaroncini sempre al dente. Non l’ho più mangiata e non sono mai riuscito a replicare quel profumo. Sono tornato in quel paese arroccato su di una collina in mezzo ai monti, dove ho memorizzato i primi ricordi d'infanzia. L’asilo non c’è più, non ci sono abbastanza bambini. Ho chiesto in giro chi fosse stata la cuoca ai miei tempi, nell'improbabile tentativo di ritrovare la ricetta. Un lavoraccio.
L’altro profumo che mi “assilla” è quello del “sugo”. Da queste parti, quando parli di sugo, parli di ragù, ma non quello "alla bolognese" quello con cui i tedeschi condiscono gli "ssppaghtte bbologneeese". Non quello dove per trecento grammi di carne sono previsti cinque cucchiai di pomodoro. Nel ragù marchigiano, invece, prevale la salsa di pomodoro, con profumi di chiodi di garofano e noce moscata. La consistenza più fluida rispetto al blasonato "bolognese" colora di un rosso vivace le paste. Così diventa il condimento ideale dei piatti della domenica: la pasta al forno, (le lasagne) che percorrendo una quarantina di chilometri verso il mare diventano "i vincisgrassi", dei ravioli sia di magro che di carne e delle immancabili, classiche e onnipresenti,
Tagliatelle col sugo della domenica
Per il sugo (4 commensali)
400 gr di carne mista di manzo e maiale NON MACINATELA battetela grossolanamente con un coltello affilatissimo, se non lo avete chiedete al macellaio il favore. Qui la letteratura è piena di variazioni: salsiccia, mortadella a tocchetti, agnello, io mi fermo al classico. In una casseruola fate dorare una piccola cipolla tritata in olio buono e burro. Aggiungete la carne e fatela andare una ventina di minuti sfumate con del vino bianco e una spruzzata di grappa, salate, pepate e spruzzate di noce moscata. Aggiungete un chilo di pomodori pelati, passati nel passaverdure, una carota intera una costa di sedano, due chiodi di garofano e fate alzare il bollore. Appena il ragù inizia a bollire aggiungete uno o due rametti di basilico intero. Fate bollire non meno di un'ora (ma anche di più) a fuoco lento.
Per le tagliatelle
4 uova, 400 gr di farina un cucchiaio d'olio sale q.b. Fate la classica fontana e preparate l'impasto che va fatto riposare per almeno una ventina di minuti in frigo e avvolto nella pellicola. Tirate la sfoglia a mano, se siete capaci, altrimenti a macchina e fate le tagliatelle.
Lessate la pasta e saltatela in una padella con il ragù e servite con generosa grattata di parmigiano e un filo d'olio a crudo.
Chissà chi era quella cuoca ?!
1 commento:
....andando verso il mare? veramente da noi (a metà strada fra Pesaro e Urbino) si son sempre chiamate millefoglie, anche su ultimamente si tende più al romagnoleggiante "lasagne".
e sempre complimenti, caro e felice 2011!
Romi
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