Visite di cortesia
Checco ha i capelli ricci, lunghi sulle spalle, due occhi neri. Non è alto, la corporatura piazzata di chi lavora duro. Ci accoglie in casa alle nove passate di sera, i modi sbrigativi ma gentili, i convenevoli di rito. Apre una bottiglia di rosso, e ci offre due bicchieri, ringrazia per quelle che gli ho portato, poi prende il coraggio a quattro mani e dice, scusandosi “Io debbo mangiare. E' da oggi a mezzogiorno che giro come un matto. Allora posso fare due cose, darvi quello che siete venuti a prendere e mandarvi via, o chiedervi di pazientare e gustarvi questo bicchiere mentre io ceno.” Figurati se ci/mi scandalizzo. Mi accomodo sul divano il bicchiere in mano il camino acceso che mi coccola. Un casale in cima ad una collina dell’entroterra pesarese, una bella casa ristrutturata in maniera lineare e con gusto, evidente la mano femminina di Elena, che si divide tra il suo lavoro e la casa, senza che l’ospite se ne accorga. L’ Umbria ad uno sputo il mare lontano.
Non mangiano, si strozzano, e dopo neanche dieci minuti si siedono con noi davanti al camino. Una fetta di dolce, la scoperta di amicizie comuni, roba dei tempi di scuola. Frequentazioni passate “Ci saremo sicuramente incontrati”.
Poi attacco con le domande. Checco fa il Pastore. Quasi quattrocento pecore che se passi di giorno vedi pascolare nelle colline intorno casa. Un paio di cento di queste da mungere due volte al giorno tutti i giorni, rigorosamente a mano, nessun mungitrice automatica, niente sabato e domenica, nessuna festa, nessuna malattia. Il latte conferito ad un consorzio per la trasformazione, gli eccessi lavorati direttamente in casa, tra qualche giorno torno a provare il pecorino. Checco sembra instancabile e se fosse per Lui potremmo star lì a chiacchierare fino a notte fonda, ma mi metto nei suoi panni, e se fossi io mi sarei già mandato via. Salutiamo Elena che ci ha accolto con garbo e cortesia.
Carico in macchina il motivo della mia visita e me ne ritorno a casa. Lungo la strada penso: Checco non ha telefonino, non ha connessione internet, probabilmente è più importante la salute di una delle su pecore che la sua. La "civiltà" non è lontana come lo è dall’alpe di Torricella, ma anche qui si respira la stessa aria: quella dell’essenzialità.
Non mangiano, si strozzano, e dopo neanche dieci minuti si siedono con noi davanti al camino. Una fetta di dolce, la scoperta di amicizie comuni, roba dei tempi di scuola. Frequentazioni passate “Ci saremo sicuramente incontrati”.
Poi attacco con le domande. Checco fa il Pastore. Quasi quattrocento pecore che se passi di giorno vedi pascolare nelle colline intorno casa. Un paio di cento di queste da mungere due volte al giorno tutti i giorni, rigorosamente a mano, nessun mungitrice automatica, niente sabato e domenica, nessuna festa, nessuna malattia. Il latte conferito ad un consorzio per la trasformazione, gli eccessi lavorati direttamente in casa, tra qualche giorno torno a provare il pecorino. Checco sembra instancabile e se fosse per Lui potremmo star lì a chiacchierare fino a notte fonda, ma mi metto nei suoi panni, e se fossi io mi sarei già mandato via. Salutiamo Elena che ci ha accolto con garbo e cortesia.
Carico in macchina il motivo della mia visita e me ne ritorno a casa. Lungo la strada penso: Checco non ha telefonino, non ha connessione internet, probabilmente è più importante la salute di una delle su pecore che la sua. La "civiltà" non è lontana come lo è dall’alpe di Torricella, ma anche qui si respira la stessa aria: quella dell’essenzialità.
Cosciotto di agnello ripieno di fave e pecorino, con patate novelle.
Prendete un coscio di agnello, aprendolo al centro disossatene il femore che staccherete dal ginocchio. Preparate un trito di profumi: salvia, rosmarino, santoreggia e uno spicchio di aglio, aggiungete sale e pepe, spalmate il composto all'interno del coscio. Prendete le fave, che avrete preparato precedentemente, sono sufficienti circa 500 gr di fave che vanno pulite e sbollentate 3/4 minuti in acqua, sbucciate e tritate al coltello, incorporate alle fave 2 o 3 fette di pecorino fatto a piccoli tocchettini, aggiungete poco olio buono e farcite l'interno del coscio, richiudete il coscio ricucendolo con dello spago.
In una teglia da forno fate sciogliere una noce di burro con poco olio buono, (sempre extravergine mi raccomando), e gli odori usati all'interno, fate rosolare ben bene il coscio, sfumate con una spruzzata di grappa e una di vino, infornate a 180° per circa 45/60 minuti. Prima di tagliarlo lasciate riposare, rischiate che il ripieno se ne vada per conto suo, servitelo con delle patate novelle con la buccia (dolcissima) sbollente e cotte al forno insieme al coscio.
Da accompagnare con Rosso Conero (prossimamente DOCG) Cumaro della Umani Ronchi, morbido e persistente ideale pe una carne come quella di agnello.
1 commento:
Caro loste ieri su rete 4 hanno fatto vedere una famiglia di 4 persone che hanno deciso di vivere in una casetta in montagna con il lavoro delle loro mani.
Vivono di ciò che fornisce la natura e di prodotti fatti manulamente che vendono a quelli come me che li vanno a trovare, rigorosamente in macchina, la domenica. Io poi non riesco a fare neanche 1 km a piedi e la mia schiena ha preso le forme del sedile della mia macchina. I figli vanno ogni giorno a scula a piedi e si fanno 2 km per i sentieri della montagna. Mi ha colpito la loro serenità. Hanno ristrutturato una vecchia casetta da loro: " mio marito sa fare di tutto, dall'elettricista all'imbianchino, dal falegname al muratore. Io non so neanche cambiare una lampadina.
Fanno molti lavori diversi e lavorano 10 ore al giorno, ma non noti stanchezza, che io quando esco la sera quasi quasi vado al pronto soccorso.
A proposito sai come passano la sera visto che non hanno televisione ? A leggere libri e a fare i compiti con i loro figli.
Anche questi rigorosamente diversi dai nostri: faccia intelligente e tranquillità, giocano con le mucche e le pecore, si rotolano sui prati in mezzo ai fiori di primavera senza nessuno che li sgridi perchè si sporcano.
Caro mio se rinasco faccio il pecoraro, lontano mille miglia da quella che ora chiamiamo civiltà.
Chiudo questo mi inetervento dicendoti che anche il loro " riscaldamento " è tutto al naturale; camino e stufa a legna tagliata da loro e accesi con le " frasche " che i figli raccolgono per gioco.
Grazie loste per ciò che scrivi, ci costringi a fare una cosa che forse non facciamo più: PENSARE
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