Le cose essenziali
In Svizzera, abitavamo in un paesino veramente piccolo, arrocato alle pendici del monte (credo) Gradiccioli, o comunque alle pendici di quello spartiacque che è composto dalla catena che va dal monte Lema a sud al monte Tamaro a nord, zona veramente pregevole da un punto di vista escursionisitico. Sopra casa nostra, non visibile dal basso, intorno ai 1400 metri c'era, e c'è tutt'ora l'alpe di Torricella. Alpe, nell'etimologia ticinese, sta ad indicare quello che in Italia è un alpeggio, e quindi un'attività produttiva agricola o zootecnica. In pratica, ci sta un contadino allevatore di vacche o capre, che raccoglie i prodotti dell'orto e fa il formaggio.
Il contadino in questione, di età indefinita ma non giovane, barba e capelli estremamente lunghi, brizzolato, cappellaccio di feltro sulla fronte, camiciona a scacchi, pantalone in coste di velluto alla zuava, calzettoni e scarponi da montagna. Immagino che se lo si incontrava di notte per il sentiero che portava a Torricella, poteva anche far pensare "all'uomo nero". La persona invece, ricordava il nonno di Heidi, estremamente "a modo" come avrebbe detto mia nonna. Tanto che un pomeriggio passando per casa sua, di ritorno da un lungo giro in rampichino (mountain bike), ebbi modo di scambiarci due parole. Era pomeriggio tardi, mi ero fermato alla sua fonte per riempire la borraccia d'acqua. Lui si presentò con un bicchiere di latte e due fette di pane con del formaggio. Seduto su un ciocco di legno con lo sguardo che si perdeva nella valle del Vedeggio, sotto di me, il lago di Lugano più in la e giù fino al confine con l'Italia, feci una di quelle merende che ti rimangono scolpite nella mente, e nel cuore, per sempre. Scambiammo poche parole, mi chiese da dove venivo e dove andavo, di cosa mi occupassi in Svizzera e dove abitavo. Io gli chiesi come si stava a vivere lassù da soli, lontano dalla gente. Fece un largo sorriso e disse: "Io qui ho quello che mi basta." Mi fece poi notare che non era solo, aveva un cane, qualche vacca , diverse capre, e che per quel sentiero, che stavo percorrendo, passavano anche abbastanza persone, persone diverse. Mi indicò la valle e disse: "Perchè le persone che arrivano fin qui, a piedi o in bicicletta, come te, sono diverse da quelle che rimangono laggiù."
Lo salutai, risalii in bici e ripresi a scendere, con quelle due frasi che rimbalzano ad ogni sasso e ad ogni buca che prendevo, e mentre da "diverso" ritornavo ad essere "normale" man mano che scendevo a valle, mi resi conto che non c'eravamo neanche presentati.
Qualche tempo dopo, forse mesi non ricordo, in coda alla cassa del supermercato sotto casa mia, lo vidi davanti a me, che spingeva un carrello. Pensai che anche lui nonostante tutto doveva piegarsi alla "globalizzazione". Quando appoggiò la merce sul banco della cassa, apparvero diverse confezioni di sale, zucchero, farina e due pacchi di spaghetti. Mentre riempiva uno zaino da ottanta litri i nostri sguardi si incrociarono, "Come va?" gli chesi. Mi indicò i due pacchi di pasta che teneva in mano e disse "Sono il solo vizio che mi concedo... il resto è l'essenziale, venga a trovarmi che ne parliamo."
Non andai più. Il lavoro, la famiglia, il tempo, non salii più all'alpe di Torricella e oggi, che non abito più lì, diventa quasi impossibile ritornarci. Ma la scena di quel supermercato è una foto, per niente scolorita, nella mia mente, lo zucchero, la farina e il sale: l'essenziale, il resto era sù, sopra quei boschi che si vedono sulla sinistra, percorrendo l'autostrada verso nord, lasciando Lugano. A più di un amico ho raccontato questo fatto, ma non per semplice anedottismo, ma, mi rendo conto ora, per convincere, se ce ne fosse bisogno, me stesso che si può vivere di essenziale, o quanto meno del "non troppo".
La ricetta?
Uno spaghetto, burro, formaggio e ricotta come si mangierebbero all'alpe di Torricella.
Nella foto la discesa dal Tamaro verso l'alpe di Torricella e l'alta val Vedeggio (fonte Bikexplorer)
Non andai più. Il lavoro, la famiglia, il tempo, non salii più all'alpe di Torricella e oggi, che non abito più lì, diventa quasi impossibile ritornarci. Ma la scena di quel supermercato è una foto, per niente scolorita, nella mia mente, lo zucchero, la farina e il sale: l'essenziale, il resto era sù, sopra quei boschi che si vedono sulla sinistra, percorrendo l'autostrada verso nord, lasciando Lugano. A più di un amico ho raccontato questo fatto, ma non per semplice anedottismo, ma, mi rendo conto ora, per convincere, se ce ne fosse bisogno, me stesso che si può vivere di essenziale, o quanto meno del "non troppo".
La ricetta?
Uno spaghetto, burro, formaggio e ricotta come si mangierebbero all'alpe di Torricella.
Nella foto la discesa dal Tamaro verso l'alpe di Torricella e l'alta val Vedeggio (fonte Bikexplorer)
2 commenti:
bello e commovente
Sono arrivata all'alpeggio leggendo con te, ti ringrazio di cuore dell'emozione che mi hai regalato, so che è impossibile da credere, ma ho la sensazione in bocca del pane e del formaggio e gli occhi lucidi. Non credo che quel Signore soffra di solitudine, semmai siamo noi ad averne bisogno qualche volta. :)
Un bacio e un abbraccio al Signore della montagna se mai lo rivedrai e un grazie immenso a te!
Posta un commento