Tu aspettami !
L'aia è assolata e calda nel mattino di luglio. Mario se ne sta in disparte. Seduto su una di quelle pietre di sabbione, che questa terra ogni tanto sputa dal suo ventre come tanti noccioli di ciliege. Nessuno parla con lui, son tutti lì impegnati a salutarsi, a stringersi mani. I vestiti del giorno di festa, con le scarpe e il fondo dei pantaloni impolverati di bianco. La poca strada da qui alla chiesa e ritorno, ha reso vano il lavoro di lucido e spazzola.
Le donne, man mano che arrivano, scompaiono inghiottite dalla porticina che porta in cantina. Mario ha provato ad affaciarvisi prima. La fame gli mordeva lo stomaco, gli sarebbe bastato un pezzo di pane. Ma appena è apparso sul ciglio della porta è stato ricacciato fuori da un urlo spaventoso. E' stata la Tecla la zia de l'Anna, l'addetta alla cucina, a gridargli contro. Neanche un pezzo di pane.
Le donne riappaiono dalla cantina indossando le "parananze" sopra i vestiti della festa. Veloci finiscono di apparecchiare i quattro lunghi tavoloni, disposti tra "la noce" e "la cerqua". Ecco che arriva anche il pane, un paio di donne lo tengono nei loro grembiuli, i cui lembi sollevati han trasformato in sacche da trasporto. Veloci dispongono le fette al centro delle tavolate. Mario osserva.
"Ma non hai fame tu ?" La domanda lo coglie alla sprovvista a fargliela è stata Renata, la cugina de l'Anna, la figlia della Tecla. Renata ha un paio di anni più di lui, quasi dodici. Ha trecce nere e lunghe, legate in fondo con due fiocchi rossi e bianchi. Ha gli occhi scuri e il naso storto. Ha una fetta di pane nella mano destra, che tagliata a metà e sovrapposta, forma un mezzo panino in cui sono evidenti i segni di un paio di morsi. Mario si "sgola", sembra incantato dal panino, ma in effetti sta cercando di capire cosa ci sia tra le due fette di pane. Renata lo osserva curiosa , ha capito: "... ciauscolo, ma non mi va più !".
Mario ha un mezzo sorriso di gratitudine che scompare, quando Renata apre le due mezze fette di pane, e offre al suo cagnetto, Bobi, quella in cui il ciauscolo è rimasto attaccato. Il cane la strappa di mano con un morso secco, e con altri due assesta il pane che scompare nella sua bocca. Mario si volta verso Renata, appena in tempo per vedere l'altra mezza fetta di pane volargli sopra la testa e cadere oltre il recinto alle sue spalle. Dove appena tocca terra una decina di galline ci si tuffano curiose. Scomparendo poi alla sua vista all'inseguimento della fortunata che fugge con il pane nel becco.
La fame adesso gli torce le budella. Molla un calcio alla terra, e i sassolini bianchi del selciato gli si infilano nei sandali blu. Un applauso gli fa sollevare lo sguardo. Gli invitati sono tutti corsi verso la strada. E' arrivata Anna, ha i capelli biondi che brillano al sole di luglio, un velo bianco ne nasconde la lunghezza, sorride felice alle amiche che l'abbraciano e la baciano. Oggi ha sposato Checco. Checco ha il collo lungo e lo sguardo mezzo spiritato. Ride sguaiato tra gli uomini che fanno battute e continuano a dargli pacche sulle spalle.
Eppure. Eppure ad Anna glielo aveva detto che lui era innamorato. Anzi gli aveva detto "Anna. Tu aspettami ! Che io da grande ti sposo..!" Lei aveva sorriso e lo aveva stretto in un abbraccio lungo e dolcissimo. In cui Mario si era lasciato cullare, la testa appoggiata al seno grande e morbido. Era restato con le braccia abbandonate, lungo il corpo mentre la guancia, che poggiava sulle tette si infiammava e sembrava incendiarsi, tanto che aveva pensato di poter bruciare quella scollatura generosa e profumata di vaniglia. Era restato lì mentre Anna gli carezzava la testa, e mentre nella pancia e più giù, sentiva come se centinaia di farfalle avessero cominciato a svolazzare. "Oh Anna amore mio, amore mio!", aveva sussurrato, stando attento a non farsi sentire. Anna gli aveva sollevato il viso dal suo petto e guardandolo negli occhi lo aveva chiamato "il mio piccolo principe". Era stato in quel momento che Lei gli aveva dato un bacio. Un bacio sulla guancia, ma non proprio. Si perché Mario era sicuro che un'angolo delle labbra di Anna avesse incrociato un angolo delle sue labbra, ne aveva percepito, il bagnato della saliva. E per Mario non ci furono più dubbi, quello era un bacio sulla bocca, e un bacio sulla bocca non è altro che un bacio di fidanzamento.
Anna, la sua fidanzata.
Lo aveva detto anche a Ugo, il suo migliore amico, durante la ricreazione a scuola. Ma poi quando Ugo si era messo a ridere a bocca larga, finendo quasi per strozzarsi con il pane che stava mangiando, non era andato oltre, e il bacio sulla bocca rimase il loro grande segreto.
Ed ora era sposata, seduta nel centro della tavola più lunga mentre mangiava il brodo con i passatelli. La mamma di Mario continua a chiamarlo ma lui resta lì seduto su quella pietra di sabbione, sputata dal ventre di questa terra come un nocciolo di ciliega. Continua a scalciare i sassolini del selciato, lasciando due solchi scuri dove i piedi hanno scoperto la terra nera. Mentre la fame ora se ne è andata, e una rabbia triste gli ha riempito lo stomaco. E ora in fondo a quei due solchi neri che sembrano i binari di una ferrovia, appare una nuvola bianca e grande. E mentre Mario segue i bordi di quella nuvola, il grande vestito da sposa sembra sgonfiarsi verso terra. Anna è accovacciata di fronte a lui. "Ehi piccolo principe, che succede ?! Non vieni a mangiare !?"
Succede che mi hai tradito, ecco cosa succede !! E' quello che vorrebbe dire, ma lo pensa soltanto, mentre le farfale, ora sono pinguini che saltano. E forse una lacrima gli sta per spuntare dagli occhi, e mentre stringe i denti, un grido si solleva tra i tavoli: "L'allessoooo !!".
Mario ha lo sguardo fisso su quello verde di Anna. Su quel viso rotondo, e su quelle labbra che una volta ha baciato. Poi con un filo di voce sussurra: "Aspettavo l'allesso !!"
Il Bollito, e non "l'allesso"
Non è mai stato di questa terra. Non esiste il bollito nelle Marche. E se qualcuno vi vuole convincere del contrario non è mai stato marchigiano.
Nelle Marche il bollito è il "lesso" ma siamo distanti in termini concettuali come se parlassimo di farfalle e di pinguini. Gli effetti sono abbastanza simili, ma nulla a che vedere l'uno con l'altro. Il lesso è lo strumento per ottenere il brodo, base principale, per cappelletti, passatelli, maccaroncini. E per non buttare quella carne la si mangia comunque, anche se è sfinita e sfruttata dalla cottura. Nei tradizionali pranzi di festa di una volta, seguiva la minestra che era la prima portata, e anticipava la tagliatella al ragù e gli arrosti misti.
Il bollito invece è l'insieme delle carni che vengono cotte in acqua bollente. Quello che resta non è brodo, è acqua e la si butta, la carne invece diventa il piatto. Accompagnata da un purè di patate profumato con noce moscata e da una salsa verde "il bagnet vert" a base di prezzemolo e peperoni, diventa un piatto di goduria. In cui il palato passa dalla gallina, alla lingua di manzo, al muscolo della giulietta, alla coda anche, o al finale della bistecca, e poi il cotechino, grasso, profumato e succulento, da cuocere a parte per evitare la commistione eccessiva di sapori.
Il bollito non è mai stato di questa terra.
Le donne, man mano che arrivano, scompaiono inghiottite dalla porticina che porta in cantina. Mario ha provato ad affaciarvisi prima. La fame gli mordeva lo stomaco, gli sarebbe bastato un pezzo di pane. Ma appena è apparso sul ciglio della porta è stato ricacciato fuori da un urlo spaventoso. E' stata la Tecla la zia de l'Anna, l'addetta alla cucina, a gridargli contro. Neanche un pezzo di pane.
Le donne riappaiono dalla cantina indossando le "parananze" sopra i vestiti della festa. Veloci finiscono di apparecchiare i quattro lunghi tavoloni, disposti tra "la noce" e "la cerqua". Ecco che arriva anche il pane, un paio di donne lo tengono nei loro grembiuli, i cui lembi sollevati han trasformato in sacche da trasporto. Veloci dispongono le fette al centro delle tavolate. Mario osserva.
"Ma non hai fame tu ?" La domanda lo coglie alla sprovvista a fargliela è stata Renata, la cugina de l'Anna, la figlia della Tecla. Renata ha un paio di anni più di lui, quasi dodici. Ha trecce nere e lunghe, legate in fondo con due fiocchi rossi e bianchi. Ha gli occhi scuri e il naso storto. Ha una fetta di pane nella mano destra, che tagliata a metà e sovrapposta, forma un mezzo panino in cui sono evidenti i segni di un paio di morsi. Mario si "sgola", sembra incantato dal panino, ma in effetti sta cercando di capire cosa ci sia tra le due fette di pane. Renata lo osserva curiosa , ha capito: "... ciauscolo, ma non mi va più !".
Mario ha un mezzo sorriso di gratitudine che scompare, quando Renata apre le due mezze fette di pane, e offre al suo cagnetto, Bobi, quella in cui il ciauscolo è rimasto attaccato. Il cane la strappa di mano con un morso secco, e con altri due assesta il pane che scompare nella sua bocca. Mario si volta verso Renata, appena in tempo per vedere l'altra mezza fetta di pane volargli sopra la testa e cadere oltre il recinto alle sue spalle. Dove appena tocca terra una decina di galline ci si tuffano curiose. Scomparendo poi alla sua vista all'inseguimento della fortunata che fugge con il pane nel becco.
La fame adesso gli torce le budella. Molla un calcio alla terra, e i sassolini bianchi del selciato gli si infilano nei sandali blu. Un applauso gli fa sollevare lo sguardo. Gli invitati sono tutti corsi verso la strada. E' arrivata Anna, ha i capelli biondi che brillano al sole di luglio, un velo bianco ne nasconde la lunghezza, sorride felice alle amiche che l'abbraciano e la baciano. Oggi ha sposato Checco. Checco ha il collo lungo e lo sguardo mezzo spiritato. Ride sguaiato tra gli uomini che fanno battute e continuano a dargli pacche sulle spalle.
Eppure. Eppure ad Anna glielo aveva detto che lui era innamorato. Anzi gli aveva detto "Anna. Tu aspettami ! Che io da grande ti sposo..!" Lei aveva sorriso e lo aveva stretto in un abbraccio lungo e dolcissimo. In cui Mario si era lasciato cullare, la testa appoggiata al seno grande e morbido. Era restato con le braccia abbandonate, lungo il corpo mentre la guancia, che poggiava sulle tette si infiammava e sembrava incendiarsi, tanto che aveva pensato di poter bruciare quella scollatura generosa e profumata di vaniglia. Era restato lì mentre Anna gli carezzava la testa, e mentre nella pancia e più giù, sentiva come se centinaia di farfalle avessero cominciato a svolazzare. "Oh Anna amore mio, amore mio!", aveva sussurrato, stando attento a non farsi sentire. Anna gli aveva sollevato il viso dal suo petto e guardandolo negli occhi lo aveva chiamato "il mio piccolo principe". Era stato in quel momento che Lei gli aveva dato un bacio. Un bacio sulla guancia, ma non proprio. Si perché Mario era sicuro che un'angolo delle labbra di Anna avesse incrociato un angolo delle sue labbra, ne aveva percepito, il bagnato della saliva. E per Mario non ci furono più dubbi, quello era un bacio sulla bocca, e un bacio sulla bocca non è altro che un bacio di fidanzamento.
Anna, la sua fidanzata.
Lo aveva detto anche a Ugo, il suo migliore amico, durante la ricreazione a scuola. Ma poi quando Ugo si era messo a ridere a bocca larga, finendo quasi per strozzarsi con il pane che stava mangiando, non era andato oltre, e il bacio sulla bocca rimase il loro grande segreto.
Ed ora era sposata, seduta nel centro della tavola più lunga mentre mangiava il brodo con i passatelli. La mamma di Mario continua a chiamarlo ma lui resta lì seduto su quella pietra di sabbione, sputata dal ventre di questa terra come un nocciolo di ciliega. Continua a scalciare i sassolini del selciato, lasciando due solchi scuri dove i piedi hanno scoperto la terra nera. Mentre la fame ora se ne è andata, e una rabbia triste gli ha riempito lo stomaco. E ora in fondo a quei due solchi neri che sembrano i binari di una ferrovia, appare una nuvola bianca e grande. E mentre Mario segue i bordi di quella nuvola, il grande vestito da sposa sembra sgonfiarsi verso terra. Anna è accovacciata di fronte a lui. "Ehi piccolo principe, che succede ?! Non vieni a mangiare !?"
Succede che mi hai tradito, ecco cosa succede !! E' quello che vorrebbe dire, ma lo pensa soltanto, mentre le farfale, ora sono pinguini che saltano. E forse una lacrima gli sta per spuntare dagli occhi, e mentre stringe i denti, un grido si solleva tra i tavoli: "L'allessoooo !!".
Mario ha lo sguardo fisso su quello verde di Anna. Su quel viso rotondo, e su quelle labbra che una volta ha baciato. Poi con un filo di voce sussurra: "Aspettavo l'allesso !!"
Il Bollito, e non "l'allesso"
Non è mai stato di questa terra. Non esiste il bollito nelle Marche. E se qualcuno vi vuole convincere del contrario non è mai stato marchigiano.
Nelle Marche il bollito è il "lesso" ma siamo distanti in termini concettuali come se parlassimo di farfalle e di pinguini. Gli effetti sono abbastanza simili, ma nulla a che vedere l'uno con l'altro. Il lesso è lo strumento per ottenere il brodo, base principale, per cappelletti, passatelli, maccaroncini. E per non buttare quella carne la si mangia comunque, anche se è sfinita e sfruttata dalla cottura. Nei tradizionali pranzi di festa di una volta, seguiva la minestra che era la prima portata, e anticipava la tagliatella al ragù e gli arrosti misti.
Il bollito invece è l'insieme delle carni che vengono cotte in acqua bollente. Quello che resta non è brodo, è acqua e la si butta, la carne invece diventa il piatto. Accompagnata da un purè di patate profumato con noce moscata e da una salsa verde "il bagnet vert" a base di prezzemolo e peperoni, diventa un piatto di goduria. In cui il palato passa dalla gallina, alla lingua di manzo, al muscolo della giulietta, alla coda anche, o al finale della bistecca, e poi il cotechino, grasso, profumato e succulento, da cuocere a parte per evitare la commistione eccessiva di sapori.
Il bollito non è mai stato di questa terra.
11 commenti:
Questa storia mi è piaciuta molto!
Io da brava emiliana ho sempre mangiato il lesso (e sinceramente non ne vado pazza), ma appena tornerò nelle marchè provvederò ad assaggiare il bollito
Un abbraccio e buona settimana
fra
qui a Piacenza ci sono entrambe le cose:il lesso che si fa appunto per fare il brodo di quarta (dicesi brodo di quarta brodo fatto con 4 tipi tagli di carne, di solito manzo, costine di maiale, vitello e gallina)per gli anolini(tortellini ripieni di stracotto), e il bollito misto classico tipo cremonese che ormai fanno in pochi posti!
bello come sempre il tuo racconto poetico!
Hai mai letto qualcosa di Salvatore Niffoi? L'ho scoperto da poco e il tuo stile mi ricorda il suo: schietto, pulito, incisivo... Ma, in realtà, cucini come scrivi? Se è così...beati i tuoi commensali...
MAGISTRALE !!!
E grazie anche per aver ribadito la differenza tra le due preparazioni, visto che spesso non si fa distinzione.
Bene, bravo, 7+ !!!
....poi il bollito nelle terre lungo il corso del Po lo si accompagna con la mostarda, se non erro; mentre da me per il Natale il lesso viene accompagnato da una "salsa" di peperoni rossi e patate. Infine l'ultimo avanzo (gli "intingoli") di lesso continua a vivere in squisite polpette.
@Fra se vuoi il bollito credo che da buona emiliana sei nel posto giusto ... a parte Piemonte e Lombardia :)
Davveo in pochi posti @Giò ? Ma no dai nel Piacentino ne conosco un paio io !!
No @Virò prima di curiosare su internet in cerca del nom,e non sapevo neanche che esistesse.. Nessuno inventa nulla, tantomeno io.
@Jajo fai il bravo !! :) E grazie per il voto ...
E si @Smilzo non erri, la mostarda e parmense e piacentina ... ma non piemontese e neanche verso la foce del grande fiume. Si da noi il peperone rosso o verde (che ricorda il bagnet piemontese) la fa da padrone e poi anche le polpette ... però alla fine di questo allesso non se ne po' più !!!!
@Cibou.. immagino che non sia proprio di quella terra il brodo ma perché il 26 dicembre ???
In effetti è vero: lo stile non si inventa...è lo specchio di ciò che si è...
bellissimo racconto, come sempre.
il bollito invece è della mia terra... un vero rito! però devi avere la carne giusta, per non ritrovarti a ruminare in bocca un bolo filamentoso, come purtroppo accade comprando certa roba in macellerie poco serie :-(
Da buon Piemontese, come Marzia son fedele al bollito anche se qualche giorno fa ho ceduto alla tentazione per un risotto trovato da Adina.
Un "Risotto con succo di vitello e pere" rubato ad Oldani e veramente strepitoso nella sua semplicità.
Certo, le 4 ore di cottura per avere un "ristretto" di vitello, filtrarlo e ridurlo ulteriormente, son tante davvero, ma ne valeva la pena...
Il limite grosso del bollito è che per farlo buono ce ne vuole tanto... mentre un brodo buono lo si può fare anche con meno carne.
Riguardo alle salse da accompagnare, tra poche ore vado in missione al mercato per trovare il Crèn, o rafano, per il prossimo bollito. Il wasabi della Padania !
:)
In questi giorni mi sento un po' Mario, ed i complimenti sono ancora più sentiti.
E si mio caro @Q ce ne vuole molto è vero...il crèn è anche della marca Trevigiana, eeeeh quando vivevo a Torino !!!
;) ci si sentiamo tutti un po' Mario ogni tanto .... !!!
"Il bollito non è mai stato di questa terra"
Grande :-))
Ovviamente, condivido al 100%
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