Maccaroncini ed esperimenti
La stanza è fredda. La parte del corpo che ho fuori dalle coperte, sembra congelata. Naso e bocca freddi, e un vago cerchio alla testa, sono i sintomi di una temperatura troppo bassa. I miei fratelli dormono, accanto a me nell'enorme letto di ferro battuto. Dalle persiane socchiuse, filtra la luce grigia del giorno. Scivolo fuori dalle coperte, e saltello, a piedi nudi fino in cucina. Lì la temperatura è quasi tropicale. Mi infilo tra la finestra e la stufa scoppiettante. La grande piastra di ghisa infuocata, i tubi del camino bianco, che sopra la mia testa fanno una stretta curva per uscire da sopra la finestra, riempiono la stanza di caldo. Mi siedo sulla panca che serve a raccoglier la legna, e mi crogiolo a quel calore rassicurante.
I vetri hanno una patina di condensa spessa e pesante. Ogni tanto una goccia scivola dall'alto, un percorso quasi rettilineo. Prima piano quasi incerta, avanza, s'arresta, poi come a seguire un richiamo, fa una leggera curva ad incontrare un altra goccia. Si uniscono si aggregano, aumentano di peso e volume, e alleate nel gioco, partono, veloci verso il basso ora perfettamente diritte. Nella corsa trascinano altre gocce, precipitano giù finendo sul bordo di legno, mangiucchiato dal tempo. Allargano la traiettoria liberandola dalla condensa e lasciando una fessura sottile da cui si intravede il mondo di fuori.
Di fuori mia madre e mia nonna, che puliscono una gallina, ormai morta. Un pentolone di acqua bollente che fuma nel freddo di novembre. Movimenti veloci, la massa di piume bianche che finisce nel pentolone. Una breve immersione per facilitarne la spiumatura.
Sobbalzo. Un ciocco scoppia nella stufa, il crepitio del legno spaccato e attaccato dal fuoco continua. Fuori, quattro mani veloci, stanno spennando l'animale, appoggiato su di un tavolaccio tra orto e giardino. Mia mamma fa il lavoro "di fino" elimina, con fare certosino, le piccole piume più coriacee. Mia nonna sventra la gallina, la apre, infila una mano dentro, elimina parte delle interiora e recupera qualcosa che finisce in un piccolo tegame. Un ultima lavata sotto l'acqua corrente, gli attrezzi: il caldaro, il tavolaccio, coltelli e parananze, finiscono al loro posto. Salto giù dalla panca e mi nascondo dalla parte opposta, tra la credenza e la stufa. Da lì posso tener d'occhio l'ingresso senza farmi vedere, uno scherzetto.
La gallina appare sulla soglia, il collo nudo esce, penzolando, dalla pentola che mia nonna ha in mano. Mi viene incontro l'occhio vitreo fisso che mi guarda, mi passa accanto e si ferma sul tavolo della cucina.
Che ci fai ? Chiedo. Mia nonna sobbalza, lanciando un grido. E tu che fai qua, ancora in pigiama e tutto scalzo? Mi guarda con un piglio di rimprovero. Io osservo la gallina e il mucchietto di fegatini nel piccolo tegame.
Che ci fai con la gallina? Metà la facciamo al forno con qualche salsiccia vicino, con l'altra metà ci facciamo il brodo. Guardo i fegatini, un dito spunta dalla manica troppo lunga del mio pigiama: e questi? Con quelli ci faccio un sughetto. E poi? e poi, facciamo:
I maccaroncini con le battecche
I vetri hanno una patina di condensa spessa e pesante. Ogni tanto una goccia scivola dall'alto, un percorso quasi rettilineo. Prima piano quasi incerta, avanza, s'arresta, poi come a seguire un richiamo, fa una leggera curva ad incontrare un altra goccia. Si uniscono si aggregano, aumentano di peso e volume, e alleate nel gioco, partono, veloci verso il basso ora perfettamente diritte. Nella corsa trascinano altre gocce, precipitano giù finendo sul bordo di legno, mangiucchiato dal tempo. Allargano la traiettoria liberandola dalla condensa e lasciando una fessura sottile da cui si intravede il mondo di fuori.
Di fuori mia madre e mia nonna, che puliscono una gallina, ormai morta. Un pentolone di acqua bollente che fuma nel freddo di novembre. Movimenti veloci, la massa di piume bianche che finisce nel pentolone. Una breve immersione per facilitarne la spiumatura.
Sobbalzo. Un ciocco scoppia nella stufa, il crepitio del legno spaccato e attaccato dal fuoco continua. Fuori, quattro mani veloci, stanno spennando l'animale, appoggiato su di un tavolaccio tra orto e giardino. Mia mamma fa il lavoro "di fino" elimina, con fare certosino, le piccole piume più coriacee. Mia nonna sventra la gallina, la apre, infila una mano dentro, elimina parte delle interiora e recupera qualcosa che finisce in un piccolo tegame. Un ultima lavata sotto l'acqua corrente, gli attrezzi: il caldaro, il tavolaccio, coltelli e parananze, finiscono al loro posto. Salto giù dalla panca e mi nascondo dalla parte opposta, tra la credenza e la stufa. Da lì posso tener d'occhio l'ingresso senza farmi vedere, uno scherzetto.
La gallina appare sulla soglia, il collo nudo esce, penzolando, dalla pentola che mia nonna ha in mano. Mi viene incontro l'occhio vitreo fisso che mi guarda, mi passa accanto e si ferma sul tavolo della cucina.
Che ci fai ? Chiedo. Mia nonna sobbalza, lanciando un grido. E tu che fai qua, ancora in pigiama e tutto scalzo? Mi guarda con un piglio di rimprovero. Io osservo la gallina e il mucchietto di fegatini nel piccolo tegame.
Che ci fai con la gallina? Metà la facciamo al forno con qualche salsiccia vicino, con l'altra metà ci facciamo il brodo. Guardo i fegatini, un dito spunta dalla manica troppo lunga del mio pigiama: e questi? Con quelli ci faccio un sughetto. E poi? e poi, facciamo:
I maccaroncini con le battecche
Il procedimento è meno complicato di quanto possa sembrare, ed è illustrato nel post precedente, qui, si fa una sfoglia abbastanza sottile di pasta all'uovo, per quattro persone sono sufficienti due uova intere impastate con 200 gr di farina e un pizzico di sale. Si tira la sfoglia e poi la si taglia alla dimensione di una pappardella. La pasta si avvolge attorno alla battecca e poi la si passa sul pettine da telaio imprimendo la forma dei fili e formando il maccaroncino. La cosa difficile magari è procurarsi un vecchio pettine da telaio, abbandonato in qualche vecchia soffitta, le battecche sono rametti di frassino puliti e lasciati seccare. Si prepara, poi, un brodo di gallina, oppure per renderlo più leggero usate un pezzetto di gallina e un pezzo di muscolo di manzo. Il brodo deve bollire per un tre ore con sedano, carota, cipolla e un chiodo di garofano. Mentre il brodo va, si prepara il sughetto di rigaglie: tagliando a tocchetti piccolissimi le interiora di un pollo: fegato, cuore e maghetto (ventricoli). Le si rosolano, ben bene per una decina di minuti, in padella con una noce di burro e una foglia di salvia. Si sfumano con del vino bianco e si aggiunge un cucchiaio di passata di pomodoro. Si lascia andare per altri quindici venti minuti e poi si tiene il sughetto al caldo. Si filtra il brodo, lo si rifà prendere bollore e poi si tuffano dentro i maccaroncini che devono rimanere al dente, si impiattano lasciando che i commensali si servano del sughetto a piacimento (magari non tutti gradiscono, ma merita). Senza dimenticare una bella grattatugiata di parmigiano.
Ecco questo è un piatto della profonda tradizione dell'entroterra marchigiano. Questo è un piatto che rappresenta il concetto: "in campagna non si butta mai niente". Di più: questo è un piatto che nessuno fa quasi più, non l'ho mai trovato proposto in un ristorante, e come avete letto dal post precedente, da altri parti d'Italia non lo si conosce, così come lo si fa nella Marca Ancontena. Esiste però qualche cosa di simile, probabilmente delle dimensioni di una "penna", condito con sughi diversi, come molti di voi hanno segnalato. Ma il brodo no vero? L'esperimento era questo trovare qualche cosa di Tradizionale, la cui memoria si sta perdendo e metterlo in rete. Per farne cosa? Per renderlo immortale. Magari tra qualche giorno su google digitando "maccaroncini" lo "spider" metterà questo post tra i primi dieci risultati della ricerca. E magari è vero che internet è limitata al solo senso della vista ... ma nonna diceva "Cocco mio, si mangia anche con gli occhi".
Ecco questo è un piatto della profonda tradizione dell'entroterra marchigiano. Questo è un piatto che rappresenta il concetto: "in campagna non si butta mai niente". Di più: questo è un piatto che nessuno fa quasi più, non l'ho mai trovato proposto in un ristorante, e come avete letto dal post precedente, da altri parti d'Italia non lo si conosce, così come lo si fa nella Marca Ancontena. Esiste però qualche cosa di simile, probabilmente delle dimensioni di una "penna", condito con sughi diversi, come molti di voi hanno segnalato. Ma il brodo no vero? L'esperimento era questo trovare qualche cosa di Tradizionale, la cui memoria si sta perdendo e metterlo in rete. Per farne cosa? Per renderlo immortale. Magari tra qualche giorno su google digitando "maccaroncini" lo "spider" metterà questo post tra i primi dieci risultati della ricerca. E magari è vero che internet è limitata al solo senso della vista ... ma nonna diceva "Cocco mio, si mangia anche con gli occhi".
12 commenti:
attraverso il tuo racconto mi pareva di vedere quella che chiamavamo la "casa vecia" al mio paese, dove era vissuta la mia mamma e che poi per molti anni è stata un parco di divertimenti per noi piccoletti e cuginetti. c'era pure una di quelle vecchie vasche con la fontanella. eh.. bei tempi! quante mangiate si facevano in quella cucina. non so se questa zuppetta mi piacerebbe, forse troppe interiora... ma chissà, in fondo mangio fegato e rognone... ciao loste!
Ciao Loste,
hai visto che ho riconosciuto il telaio di nonna?
Ma mi hai fatto rivivere dei ricordi d'infanzia meravigliosi ed aggiungerei che poi nonna quando faceva il sugo con le frattaglie e quelli che in dialetto marchigiano chiamavamo "i ruspi" mi dava sempre "pane e sugo" a metà mattina, che libidine!Che bei ricordi!
Ciao e bravo!
Fantastico anche questo racconto...
la mia testimonianza, da brava bresciana, non è così distante dalla tua..La gallina ha fatto da padrona in tanti pranzi domenical della mia infanzia:ripiena e poi lessata.Il brodo, poi sia mai buttarlo!, lo si usa/va per minestre e risotti sopraffini.
Un piatto tipico bresciano è lo "spiedo":carne di vario di tipo infilzata su un omonimo attrezzo e rosolata irrorandola di burro per 5 h..moolto lentamente...Una bella polenta "menata" 45 miinuti e si apre lo stomaco che è una meraviglia!
Tuttavia, i veterani nonchè puristi, usano far precedere alla lauta libagione la cosiddetta "minestra de sfruss":non è altro che una minestrina(con pastina) di brodo di fegatini...
Direi che il il cerchio a questo punto si chiude in maodo sublime.Ricordi d'infanzia, tradizioni e prelibatezze..come potremmo farne a meno?
Buona giornata
saretta :)
Google lo da già al secondo posto trai risultati di ricerca. D'altra parte è difficile strappare il primo posto a ebay. Proverò a rifare il piatto qui a Roma...per lo meno il sughetto (io tutti quegli attrezzi lì e tutta quella manualità non credo di averli). Magari usciranno fuori dei bucatini con le battecche ma si sa che le tradizioni sono un po' come il gioco del telefono senza fili: il risultato è sempre diverso dalla ricetta iniziale.
Scherzi a parte (il bucatino col brodo non c'entra proprio nulla a meno che lo si voglia usare come cannuccia!!) la ricetta proverò a rifarla sul serio, anche perché se è vero che si mangia pure con gli occhi è anche vero che "dopo" si mangia sempre anche con la bocca!
Saluti Vittoria
Emozionata dal tuo racconto ti ringrazio per avermi condotto nei tuoi ricordi...
caro amico, sei un gran testone. io voglio pubblicare il tuo libro????? tu mi devi ascoltare e fare un salto su www.lulu.com e trovare il sistema dirccogliere i tuoi splendidi racconti, raccogliere eh??? che è cosa facile visto che già sono stati digitati e ridotti in file, e poi PUBBLICARLI con pochissima spesa (garantito) grazie a questo sito.
e noi e tu, te li trovi belli belli impaginati con la copertina, a casa tua
complimenti
ADRIANA
Loste, fenomeno! Ma come hai fatto? Bravo, bravo davvero, ma la cosa pìù interessante (tu la soluzione la conoscevi gia!) sono le similitudini con una regione, la Calabria.Chissà come mai?Proviamo ad indagare? CIao continua così, è un vero piacere leggerti.
chi mangia solo con gli occhi campa tre giorni..
@Adina: appunto se mangi fegato e rognoni godrai di questo accostamento ;)
@Lorella: appunto, brava! Ruspi, grigigli, fegatelli... il pane e sugo...........
@Saretta quante idee metti lì, in una settimana vissuta a insalata e toast :(
@Vittoria Prova con una pasta all'uovo comunque.
@Viviana Tres merci
@Adriana lo faccio appena ritorno a respirare promesso.... ma il tempo :((
@Leprina non esagerare che mi emoziono facilmente.
@Chi commenta senza firma al terzo giorno viene cancellato... :)
Loste
Tradizione tradizione...ottimo tentativo. Riuscito a mio parere. La rete è obsoleta, vero, ma se può servire a qualcosa allora sia una banca dati, enorme, alla quale con passione e tenacia, attingiamo per non perdere gli sguardi. Devo vedere dalle nostre cosa del genere può recuperarsi. Saluti. ste-
..... e noi non aspetteremo tre giorni a cimentarci.
Avanti ancora così.
Grazie Loste!!!!!!!
Domenico
ho trovato anche la seconda parte.. una domanda tecnica... oltre al tipo di farina 0 o 00? la lunghezza delle fettuccine di pasta da arrotolare quanto deve essere? è importante perchè farebbe la differenza con i garganelli.. dalle foto oltre a non avere le punte a penna sembrano più spessi,? mi sbaglio?
Grazie
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