06 giugno 2011

Dormiveglia

Socchiudo gli occhi, un senso di ansia, leggera, mi ha colto nel sonno. Un sonno veloce, rapido, un dormiveglia più veglia che dormi. Guardo fuori dal finestrino, il treno corre lungo la statale, ogni tanto supera auto che tentano, invano, una gara senza storia. Dai finestrini di quelle auto a volte si affacciano faccette di bimbi curiosi, che guardano la macchia di colore correre avanti. Qualcuno saluta, qualcuno fa linguacce, smorfie, facce, mentre la macchia rosso accesso e grigio lucente si allunga verso il mare. Oltre la strada l'ondeggiare morbido delle colline della mia terra, inframezzato da interruzioni di cemento che passano come in un film di un secolo fa. Mi sistemo sul sedile, e resto a fissare la risacca verde dei campi contro il cielo azzurro. Un cavallo nero, enorme, mi galoppa incontro, ci incrociamo veloci, lui immobile, sospeso nel suo galoppo illusorio, mentre il treno si infila nella raffineria di Falconara. Respiro quel vago odore pungente che ha segnato la mia infanzia, una sapore dolciastro in bocca, una via di mezzo tra liquirizia e asfalto. La fiamma sulla torre brucia lenta confondendosi con il rosso del tramonto verso le montagne lontane.

Il treno rallenta le prime case appaiono ai lati. Una volta qui c'era un passaggio a livello, proprio all'ingresso della città. Ogni volta che passavamo era chiuso, in attesa di un treno in partenza o di uno in arrivo. La stazione di Falconara mi scappa via veloce, senza neanche darmi il tempo di riconoscerla. Poco più avanti riconosco la fermata del bus della mia scuola. Da li attraversavo la statale "stai attento alle macchine mi raccomando !" ed entravo in città. Il negozio di dischi dove passavo dei lunghi quarti d'ora a guardare le copertine degli album appesi in vetrina, i nomi impossibili che cercavo di memorizzare, per poi "rivendermeli" a scuola, per non essere meno degli altri. Poco più in là il negozio di abbigliamento della "fiorucci" dai prezzi impossibili. Mia madre che ci scopiazzava i capi esposti in vetrina, cuciva giacconi, camice, maglioni fu con uno dei suoi giacconi che feci l'inverno del secondo ragioneria: uno splendido "fiorucci" tarocco, prima che arrivassero i cinesi. Più avanti la chiesa dove giocavano a pallavolo, loro gli altri, io non sono mai stato bravo abbastanza per meritarmi un'entrata in campo. Oltre la chiesa a sinistra la mia scuola, i pomeriggi passati ad aspettare l'inizio delle lezioni, quando esisteva ancora il doppio turno. La notte che arriva alla terza ora, il sonno, la fame, la stanchezza, il buio, le lezioni con le luci accese quando a casa si apparecchiava la tavola suonava la campanella. E via ancora: chiesa, destra, negozio, dischi, fermata, bus.

Butto uno sguardo a sinistra, da quella parte il mare si affaccia verso questo treno che scivola oramai stanco della corsa. Qualche barca, un paio di pontili, mi avvicino a quella che una volta era casa mia. La prima volta che presi l'autobus per tornare a casa da scuola non contai le fermate e quando tutti i miei compagni scesero, e da fuori del finestrino si sbraciavano per farmi scendere, io feci segno di "no" che preferivo andare a casa. Mia madre mi aveva spiegato che non dovevo seguire i miei compagni quando facevano cose strane. Quando il bus ripartì cominciai a non riconoscere i palazzi che mi scorrevano in faccia: me ne stavo andando verso Ancona. Mi attaccai al campanello della "fermata a richiesta" fino a farmi diventare il pollice bianco, scesi terrorizzato e m'incamminai da dove ero venuto. Mi aspettava un amico, uno solo rimasto per compassione, e quando mi chiese dove ero andato, gli dissi che volevo vedere una cosa laggiù più avanti. Mi vergognavo della mia dabbenaggine. Un pontile mi appare a sinistra davanti, e a destra il sotto passo di Palombina Vecchia.

Riconosco il posto dove c'era il giornalaio: una casa vecchia di mattoni, dove compravo "Billy Bis" e "Ghibli" e due pacchetti di figurine a settimana: quelle di UFO. All'angolo c'era, e c'è ancora, un bar, proprio di fronte alla fermata per Ancona, ci compravo solo i biglietti del bus. Il posto puzzava, sapeva di legno marcio e di muffa, e non volevo mangiare o bere niente che venisse da lì. In mezzo all'incrocio la pensilina del sotto passo che porta(va) alla spiaggia, nuova di ferro e con il tetto in vetro, una volta era in cemento bianca e azzurra. Più indietro, poco prima della salita c'è ancora un enorme tiglio quasi in mezzo alla strada, sotto quell'albero si metteva Alfredo il pesciarolo. Il treno è passato ma io chiudo gli occhi e mi fisso quell'incrocio per sempre per tutto il resto del tempo, prima di non ricordarmelo ancora.
Aveva un carretto piatto a due ruote, Alfredo, con il fondo di lamiera, metteva il pesce sopra ad un letto di ghiaccio tritato, che mi ricordava la granita dei gelati al limone, qualche alga lungo i bordi, nascosto al sole all'ombra del tiglio. Un paio di secchi azzurri e vecchi penzolavano, sotto al carretto uno pieno di fogli di carta e buste di plastica, un altro che tutto faceva tranne che raccogliere l'acqua del ghiaccio, che lasciava un lungo rivolo fino alla statale. Non ho mai visto quel carretto muoversi: Alfredo già c'era quando io scendevo per andare a scuola, ed era scomparso quando tornavo. Sembrava che la terra, l'asfalto della strada, lo sputasse e lo risucchiasse ogni volta.

Mia madre scendeva con me e mentre io andavo alla fermata del bus lei si fermava a comprare il pesce. Il pesce di noi montanari scesi al mare, un pesce più povero di quello che il mare già dava, un pesce di poca fantasia i merluzzi da fare lessi o in minestre aggiustastomaco, sempre esclusivamente di venerdì, dopo gli gnocchi del giorno prima, scritto nel libro delle tradizioni, qualche volta apparivano anche:

Le seppie con i piselli di mia madre, ma anche i paccheri miei



Per 4 persone
vi occorrono 4 seppie di media grandezza, pulite e lavate. Separate i tentacoli e le braccia e divideteli al centro facendone due o tre ciuffi ciascuna, tagliate il resto delle seppie a listarelle. In una casseruola mette a soffriggere due spicchi di aglio in poco evo, quando l'aglio comincia a colorire tuffate le seppie e lasciatele rosolare ben bene. Quando il liquido comincerà ad addensare, salate (poco) e pepate (tanto) e poi sfumate con mezzo bicchiere di vino bianco e lasciate evaporare completamente. A questo punto aggiungete il pomodoro pelato ne bastano 300gr / 400gr. Fate riprendere bollore e poi chiudete con un coperchio e lasciate andare per 15 minuti a fuoco basso. Dopo questo tempo aggiungete i piselli 250 gr già puliti, incorporate bene al sugo e lasciate andare per un quindici minuti coperti. I piselli debbono restare al dente. Ora aggiungete i paccheri (80 gr a persona) e fateli incorporare al sugo, tenete a parte dell'acqua bollente o del fumetto di pesce sempre bollente che vi servirà da aggiungere durante la cottura.

Lasciate cuocere sempre coperto, ogni tanto aggiungete l'acqua o il fumetto se il sugo si addensa troppo e la pasta non è cotta. Se vi siete regolati con acqua e fumetto arriverete alla cottura della pasta con un sugo denso e una pasta impregnata e trasudante il profumo di mare che da quell'incrocio respiravo mentre tornavo a casa da scuola.

11 commenti:

Martina ha detto...

Che poesia... il tuo post ma anche le Seppie coi piselli!
:-)

fragoliva ha detto...

un piatto sempre gettonatissimo a casa mia... con i tuoi suggerimenti potrà solo essere più buono. :-*
A.

Maurice ha detto...

Non ho trovato tracce femminili: tra chiesa, dischi, scuola, bus, non c'era nessun vicoletto semibuio dove ti strusciavi con quella di 4C?
Comunque il paesaggio parla da solo.

Stefania - Food for the Soul ha detto...

bello, bello, bello questo post. Si sente il profumo dei ricordi e quasi quasi anche quello delle seppie. Sniff.

Gambetto ha detto...

Per un evidente motivo logistico...ho paesaggi&carretti diversi...ma non tanto distanti dai tuoi perchè ad accomunarli c'è una certa sensibilità verso i 'propri' luoghi...che in qualche modo li rende universali. Con te su quel treno o su quell'autobus, grazie a te, c'ero anche io :)
PS
La ricetta è un ottimo spunto per la cottura...ma non solo...

silvia.moglie ha detto...

mi sono riconosciuta in quasi tutto. un quasi che ci accomuna sempre. la dabbenaggine a pallavolo, sull'autobus, il dar retta a mamma. e anche io ho la ricetta della seppia con piselli di mamma. sul bus, ora, sopratutto in terra straniera, rimango volutamente sino al capolinea per vedere cosa c'è dopo.

LA LUNA NERA ha detto...

Lo aspettavo da un pò un'altro post della memoria. Attesa ampiamente ripagata, come sempre.
Ritrovarmi ancora una volta in certe imbranataggini, mi ricorda che siamo più simili di quanto crediamo: è solo la presunzione di sentirsi troppo o troppo poco che ci tiene lontani. E quanta strada dobbiamo fare prima di rendercene conto!
Per fortuna ci sei tu a ricordarcelo.
Si, le seppie coi piselli erano la cena del venerdì, nella stagione dei piselli, quando cucinava la nonna.

Loste ha detto...

Grazie @Martina :)

E si @Fragoliva, le seppie con i piselli sono come le polpette o le fettine panate :)

Non ho più memoria per quelle cose @Maurizio :D e poi te lo immagini, un ragazzo che arrivava dalle montagne un "contadino" che tipo di ormone poteva risvegliare ? :D

Grazie, grazie, grazie @Stefania :)

Posti diversi @ Gambetto, ricordi simili, profumi uguali, piacevole certezza di un adolescenza che ho sempre pensato un po' sfigata (la mia intendo) grazie ;)

Forse è vero @Silvia varrebbe sempre la pena di restare fino al capolinea per vedere cosa c'è... Però io non ho voglia di scoprire che non c'è niente e dovermela rifare a piedi per tornare indietro. Che poi non è detto che dai capolinea si possa sempre tornare indietro :)

Grazie @Luna magari diciamo che me lo ricordo anche io, piuttosto che ricordarlo a tutti :) non voglio essere così presuntuoso

JAJO ha detto...

Senza parole per la preparazione: praticamente una cottura dei paccheri nel sugo? Mi piace...

P.s.: senza parole per il resto: ti basti che ho come suoneria del cellulare la sigla di U.F.O. e come suoneria dei messaggio quel rumore di sferragliare metallico che faceva l'ufo :-D

Loste ha detto...

Si @Jajo cotti direttamente nel sugo.... Grande UFO !!!!

Francesca_lasuafra ha detto...

l'ho visto solo oggi.... mi ricordo di mamma che faceva le seppie con i piselli una settimana si e una no, in dosi da caserma.... non le ho mangiate per anni dallo choc, poi ho ricominciato!