Tempo di "pista"
Il tempo è questo. Il tempo di calendario si intende. Invece non è il tempo metereologico ideale, per ammazzare il "porco". La pista del maiale vuole il freddo, o meglio "la gelata", perchè la pacca appesa nella cantina deve frollare con l'aria dell'inverno. Chissà che fine faranno le piste di quest'anno, che di inverno non se ne vede e sente neanche l'ombra.
L'ultima volta che ho fatto la pista saranno stati dieci anni fa. Ciccio il contadino di fiducia, marchigiano doc, ma di cui ho sempre sospettato un' origine bresciana visto l'intercalar di bestemmie nel normale discorso, allevava le bestie. Teneva otto o dieci maiali, metà per la sua famiglia, l'altra metà per una ristretta cerchia di amici. Noi durante l'anno andavamo a trovare il "porco", la bestia ci veniva mostrata con fiero orgoglio nel suo habitat naturale: "lo stalletto". Nonostante la puzza di stabbio ogni volta mi fermavo a cercare con gli occhi il "nostro" maiale, non mi spostavo dal cancello fintanto che non lo riconoscevo o così mi pareva. Ciccio, poi, spiegava le varie fasi di vita del "porco", con tanto di illustrazione del menù tipo: ghianda ammollata in acqua, mele (nonostante il detto popolare lo sconsigli), e "il pastone" o "broda", un insieme di avanzi della casa mischiati a farina di mais e crusca, il tutto cotto nel caldaro, e servito due volte al giorno alla bestia, "(...) Chè adà sta bene (...) mica che deve, (...), tribbolà (...), se no te ,che te magni? (...)". Dalla visita al "parente" ritornavamo sempre con una forma di "cacio" e con la ricotta. La ricotta era considerata da Ciccio assolutamente inadatta, al contrario del pecorino, all'alimentazione maschile, in quanto non solo non aveva doti afrodisiache, ma l'effetto era esattamente il contrario. Quella ricotta era qualcosa di unico: tutto il buono che aveva era condito con un leggero sentore di affumicato, di camino, visto che Sara la faceva lì, con il paiolo de rame.
La festa c'era il giorno dell'ammazzata, o tra Natale e capodanno o subito dopo capodanno, quel giorno morivano tutti i maiali. L'aia fumava di caldari bollenti, il norcino guidava le due o tre squadre che ammazzavano, dalle sette della mattina a mezzogiorno ero un macello, sembrava una catena di montaggio. Ricordo quelle coltellate precise e perfette che mettevano fine alla vita terrena del "porco" la bacinella a raccogliere il sangue, destinato al miaccetto o sanguinaccio. La foga e la velocità nel pelare le bestie con l'acqua bollente, nel togliere le unghie alle zampe, nel trsformarli in due "pacche", lo sventramento e il gonfiaggio delle vesciche fatto a bocca. Non ho mai sofferto di incubi, neanche da bambino, per le quelle immagini, ci soffro oggi da grande ma per altre visioni. E poi c'era il pranzo il momento principe per il quale avevo seguito mio padre, e per il quale ero rimasto tutto il giorno a soffire il freddo in giro, nonostante il mio incarico di portare il vino ai lavoranti mi facesse correre tutta la mattina tra la cantina e l'aia.
Sara preparava di tutto, era un menù di campagna grasso e succolento, pecorino e prosciutto dell'anno prima, vincisgrassi, gnocchi e arrosto misto. Io aspettavo solo gli gnocchi, gnocchi alla papera, duri, tosti e buoni:
Gnocchi con ragù di papera.
Per 4 persone.
Per gli gnocchi: lessate 1 kg di patate con la buccia, ancora calde passatele in un macinatutto, aggiungete 100gr di parmigiano, 1 uovo (discrezionale), sale e noce moscata. Incorporate farina all'impasto fino ad ottenere un composto elastico e abbastanza morbido. Lavorate l'impasto per ottenere lunghe striche rotonde della misura desiderata. Tagliate con un coltello e lasciate ben infarinati.
Per il ragù: prendete una mezza anatra o un quarto se è grande pulitela eliminando il grasso e parte (solo parte della pelle), mettetela a rosolare in poco olio con un soffritto di cipolla carota e sedano tritate finemente, aggiungete le interiora dell'anatra, un paio di "maghetti" di pollo, e un paio di pezzetti di lonza di maiale o di magro di bovino. Una volta che tutto è ben rosolato sfumate con un mezzo bicchiere di vino bianco e grappa (sic!). Aggiungete della polpa o passato di pomodoro (un chilo, un chilo e mezzo) profumate con chiodo di garofano, alloro e basilico. Lasciate boillire per un paio di orette.
Lessate gli gnocchi in abbondante acqua salata, sono pronti quando tornano a galla, (aurea legge di cucina). Saltati in padella con il ragù al quale avrete precedentemente disossato la papera, per poterla ritrovare a pezzi nel sugo.
Cosa bere? Tutto quello che è rosso, di corpo e con un tannino vivace e deciso, necessario a "pulire " quella succulenza e untuosità tipica di questa preparazione.
Devo andare a trovare Ciccio!
3 commenti:
Scusa per un errore sul commento ad Avanzi: ero convinto che fossi una donna.
Bravo, e bis per questa descrizione della macellazione del maiale. Molto bella, la descrizione.
No problem Chef, spero di non averti deluso cambiando di sesso ;-). Grazie e a presto.
Dopo una descrizione del genere "de la pista" potrei mangiare anche gli gnocchi che evito accuratamente, fortunamente con la papera sono buone anche le tagliatelle di mammma. Ciao un abbraccio.
P.S. visto i tempi di "dieta" meglio vivere di ricordi.
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