Chiudi gli occhi
Se ti dico estate, e poi ti dico chiudi gli occhi.
Picchia ancora sulla pelle, il sole caldo di Viareggio. Quando uscivo dal portone di via Vittorio Veneto e giravamo verso via Regia, e da lì ancora a destra verso il molo, verso la “passeggiata”. Davo la mano a mia nonna, una mano fresca, fredda quasi, mai calda. Le mani dei vecchi sono sempre fredde. Godevo di quella sensazione nella calura estiva del mattino toscano. Era un sole che ti accartocciava, come i fogli di carta appena usciti da una fotocopiatrice, secco e bollente. Sudavo, anche solo a respirare, se poi ci mettevi che eri un bambino e avevi dieci anni sudavi per definizione. Anzi forse perché i grandi ti raccomandavano sempre di non farlo. Non sudare ! Ti prendeva una tensione che cominciavi subito a sudare. Anche adesso, quando sento dire ad un figlio: non sudare, resto con una discreta dose di domande da fare. Quel “non sudare” è la sintesi ultima assoluta, è il riassunto sintetizzato, il “supernumero”. Mica ti dicevano: non correre, non saltare, non stare al sole ! Bastava: non sudare, e il tuo destino era scritto.
Camminavo sul grigio di quei marciapiedi asfaltati degli odori del mare, del porto canale, le ciabatte celesti incollate dal caldo. Andavamo sul molo. Passavamo davanti all’edicola con il merlo indiano che diceva: “buongiorno”, ma anche “stronzo”. Compravo “tiramolla” e sognavo la confezione di bocce colorate in valigetta professionale. Costeggiavamo il canale, la passerella pedonale con la baracca dell’omino addetto all’apertura al passaggio delle barche a vela.
Mia nonna si sedeva sul muretto, sfilava la camicetta e restava a spalle scoperte, fasciata da costumi di un’altra era. Gonna e costume, bassa, più bassa di me, ma grande come solo le nonne. Ripeteva all’infinito, sta attento, e poi, non sudare; mentre armato di retino mi aggiravo tra gli scogli. Ma quei retini a cosa servivano ? Qualcuno ci avrà mai acchiappato un pesce? Forse qualche granchio, lasciato a cuocere nei secchielli abbandonati tra le sdraie. Cercavo invano, con il pensiero a enormi scorfani rosso argentati, sognavo branchi di acciughe che fuggendo dalla parte sbagliata avrebbero riempito il mio retino. Cacciavo per un paio di ore buone, ché il pesce si prende alla mattina presto. Poi mi sedevo sullo stesso muretto, il giornalino in mano, alle mie spalle le spiagge della marina di ponente, e oltre più lontano la grande pineta.
Chiudevo gli occhi a quella luce bianca sul biancore del molo, sulle mura delle barche, sui pescherecci accoccolati oltre la madonnina. Ascoltavo i profumi, gli odori, del mare, delle cozze morte tra gli scogli, della carta nuova del giornalino, della naftalina della camicetta di mia nonna, dei bomboloni e delle ciambelle calde portati nelle ceste dalle “bombolonaie”. Quel profumo di fritto e di zucchero attaccato alle dita. Il primo morso che taglia in due l’anello di pasta, che i bordi ti si infilavano nelle orecchie, la croccantezza della crosta la morbidezza del cuore. La merenda della mattina. C’è ancora il “Gatto nero” nella pineta di ponente ? E il suo dirigibile ? Che scaricava bomboloni nello zucchero ? Sento ancora i rumori di quell’ estati passate: lo sciabordio dell’acqua del canale, la sirena del battello turistico, il garrito stridulo dei gabbiani. Il ciabattare rumoroso degli zoccoli, il clack-clack di quelle odiose palline legate ad un filo. Il respiro ridicolo di mia nonna che dorme nel suo stanzino.
E allora se ti dico estate e poi chiudi gli occhi. Cosa vedi?
“Vedo scuro. Tutto nero. Se stringo forte gli occhi, vedo tutte palline colorate” Lascia stare Matti, tu tienili aperti i tuoi occhi, così da grande quando li chiuderai vedrai quello che vedi oggi.
Lo strudel ai frutti di mare
Ho preparato l'impasto classico per gli gnocchi con le proporzioni di un chilo di patate lessate e sbucciate, 300 gr di farina, 1 uovo (in questo caso serve) salato e profumato con noce moscata. Ho diviso l'impasto in 6 porzioni che poi ho steso su carta alluminio spennellata con olio evo. Ho aggiunto la farcia composta da calamari e gamberetti sminuzzati, e da vongole e cozze sgusciate, quest'ultime le ho fatte aprire in padella conservando a parte il liquido di cottura che servirà dopo, ho appena salato e pepato. Ho chiuso lo strudel e l'ho sigillatto nella carta alluminio.
Ho cotto al vapore per una ventina di minuti. A questo punto potete gestire gli strudel come meglio preferite, in questo modo si conservano in frigo anche per 24 ore e quindi possono essere preparati anche il giorno prima.
Poco prima di servire: rosolate in padella gli strudel in poco olio profumato con uno spicchio di aglio evitate di fare una crosticina troppo spessa che renderebbe troppo croccante lo strudel, quindi giratelo spesso. A parte in padella scottate qualche anello di calamaro, fate aprire qualche cozza e vongola tenute da parte. Togliete il pesce e scaldate una salsa base di pomodoro, salate, pepate e diluite con qualche cucchiaio di acqua di cottura delle cozze e delle vongole.
Servite specchiando la salsa, disponete il pesce e lo strudel e profumate con del basilico fresco.
E se li chiudi tu gli occhi ?
Picchia ancora sulla pelle, il sole caldo di Viareggio. Quando uscivo dal portone di via Vittorio Veneto e giravamo verso via Regia, e da lì ancora a destra verso il molo, verso la “passeggiata”. Davo la mano a mia nonna, una mano fresca, fredda quasi, mai calda. Le mani dei vecchi sono sempre fredde. Godevo di quella sensazione nella calura estiva del mattino toscano. Era un sole che ti accartocciava, come i fogli di carta appena usciti da una fotocopiatrice, secco e bollente. Sudavo, anche solo a respirare, se poi ci mettevi che eri un bambino e avevi dieci anni sudavi per definizione. Anzi forse perché i grandi ti raccomandavano sempre di non farlo. Non sudare ! Ti prendeva una tensione che cominciavi subito a sudare. Anche adesso, quando sento dire ad un figlio: non sudare, resto con una discreta dose di domande da fare. Quel “non sudare” è la sintesi ultima assoluta, è il riassunto sintetizzato, il “supernumero”. Mica ti dicevano: non correre, non saltare, non stare al sole ! Bastava: non sudare, e il tuo destino era scritto.
Camminavo sul grigio di quei marciapiedi asfaltati degli odori del mare, del porto canale, le ciabatte celesti incollate dal caldo. Andavamo sul molo. Passavamo davanti all’edicola con il merlo indiano che diceva: “buongiorno”, ma anche “stronzo”. Compravo “tiramolla” e sognavo la confezione di bocce colorate in valigetta professionale. Costeggiavamo il canale, la passerella pedonale con la baracca dell’omino addetto all’apertura al passaggio delle barche a vela.
Mia nonna si sedeva sul muretto, sfilava la camicetta e restava a spalle scoperte, fasciata da costumi di un’altra era. Gonna e costume, bassa, più bassa di me, ma grande come solo le nonne. Ripeteva all’infinito, sta attento, e poi, non sudare; mentre armato di retino mi aggiravo tra gli scogli. Ma quei retini a cosa servivano ? Qualcuno ci avrà mai acchiappato un pesce? Forse qualche granchio, lasciato a cuocere nei secchielli abbandonati tra le sdraie. Cercavo invano, con il pensiero a enormi scorfani rosso argentati, sognavo branchi di acciughe che fuggendo dalla parte sbagliata avrebbero riempito il mio retino. Cacciavo per un paio di ore buone, ché il pesce si prende alla mattina presto. Poi mi sedevo sullo stesso muretto, il giornalino in mano, alle mie spalle le spiagge della marina di ponente, e oltre più lontano la grande pineta.
Chiudevo gli occhi a quella luce bianca sul biancore del molo, sulle mura delle barche, sui pescherecci accoccolati oltre la madonnina. Ascoltavo i profumi, gli odori, del mare, delle cozze morte tra gli scogli, della carta nuova del giornalino, della naftalina della camicetta di mia nonna, dei bomboloni e delle ciambelle calde portati nelle ceste dalle “bombolonaie”. Quel profumo di fritto e di zucchero attaccato alle dita. Il primo morso che taglia in due l’anello di pasta, che i bordi ti si infilavano nelle orecchie, la croccantezza della crosta la morbidezza del cuore. La merenda della mattina. C’è ancora il “Gatto nero” nella pineta di ponente ? E il suo dirigibile ? Che scaricava bomboloni nello zucchero ? Sento ancora i rumori di quell’ estati passate: lo sciabordio dell’acqua del canale, la sirena del battello turistico, il garrito stridulo dei gabbiani. Il ciabattare rumoroso degli zoccoli, il clack-clack di quelle odiose palline legate ad un filo. Il respiro ridicolo di mia nonna che dorme nel suo stanzino.
E allora se ti dico estate e poi chiudi gli occhi. Cosa vedi?
“Vedo scuro. Tutto nero. Se stringo forte gli occhi, vedo tutte palline colorate” Lascia stare Matti, tu tienili aperti i tuoi occhi, così da grande quando li chiuderai vedrai quello che vedi oggi.
Lo strudel ai frutti di mare
Ho preparato l'impasto classico per gli gnocchi con le proporzioni di un chilo di patate lessate e sbucciate, 300 gr di farina, 1 uovo (in questo caso serve) salato e profumato con noce moscata. Ho diviso l'impasto in 6 porzioni che poi ho steso su carta alluminio spennellata con olio evo. Ho aggiunto la farcia composta da calamari e gamberetti sminuzzati, e da vongole e cozze sgusciate, quest'ultime le ho fatte aprire in padella conservando a parte il liquido di cottura che servirà dopo, ho appena salato e pepato. Ho chiuso lo strudel e l'ho sigillatto nella carta alluminio.
Ho cotto al vapore per una ventina di minuti. A questo punto potete gestire gli strudel come meglio preferite, in questo modo si conservano in frigo anche per 24 ore e quindi possono essere preparati anche il giorno prima.
Poco prima di servire: rosolate in padella gli strudel in poco olio profumato con uno spicchio di aglio evitate di fare una crosticina troppo spessa che renderebbe troppo croccante lo strudel, quindi giratelo spesso. A parte in padella scottate qualche anello di calamaro, fate aprire qualche cozza e vongola tenute da parte. Togliete il pesce e scaldate una salsa base di pomodoro, salate, pepate e diluite con qualche cucchiaio di acqua di cottura delle cozze e delle vongole.
Servite specchiando la salsa, disponete il pesce e lo strudel e profumate con del basilico fresco.
E se li chiudi tu gli occhi ?
18 commenti:
è magnifico. sono commossa
avevo vista dalla cheffa un impasto simile e cercando di non inorridire alla parola gnocco e uova vado oltre e apro gli occhi e la testa e anche la bocca a questa meraviglia. che la cozza li da sola, vicino al totanino...non sia mai...
Se li chiudo io? Vedo risacca di mare su quel porticciolo ormai scomparso, vedo spuma di onde su lido deserto dove solo noi ci attardavamo a giocare e il tramonto sul pelo dell’acqua, all’orizzonte… mentre i delfini mostravano dorsi in movimenti sinuosi. Se apro gli occhi all’estate di oggi quei delfini li vedo ancora, però bisogna allontanarsi in barca per sperare che si avvicinino a giocar con la prua. Oggi è un vedere lo stesso orizzonte deteriorato, pur vivendo sopra un isola dove ancora il paesaggio si difende.
Il tuo post dolce e nostalgico mi ha fatto pensare a quando il mare me lo vivevo tre mesi l’anno, pienamente… bello.
Tì
... anch'io leggevo Tiramolla!
e se chiudo gli occhi rivedo i sassi tondi di Marotta (da piccina mi portavano là al mare nel mese di luglio,un viaggio così lungo per me che venivo da BO!;)) e risento mia madre che mi urlava :
"Non andare in acqua ,è presto!"
(aveva la fissa delle 3ore dalla colazione e invece gli altri bimbi erano già tutti a mollo!)...e il profumo della schiacciata con i pomodori e le olive e i nostri pranzi con la frutta e quelle giornate magiche in cui mi perdevo fra un bagno e un gioco....
Sogni ormai...
GRAZIE Loste come smepre mi hai riportato indietro nel tempo.
ciao
valverde
c'è un motivo in particolare per cui consigli di non fare la crosticina troppo spessa? perchè a me la crosticina croccante piace :)))
Grazie @Hysteria anche io :)
Qui ci vuole @Silvia è una questione di sicurezza :) le cozze fanno sempre le cascamorte con i totanini !
Bello anche il tuto di mare @Tiziana ! Ero sicuro che se chiudetevate gli occhi qualcosa vedevate :)
Si è vero @Valverde anche i miei avevano sta cosa delle tre ore, che mi contrastavano terribilmente con la merenda delle dieci quando passava il bombolonaio, era una cosa terribile saltare il bagno o saltare il bombolone :( non ho mai avuto dubbi: rimanevo asciutto !
@Cuochella, semplicemnte perché mi piaceva l'idea della sofficità dove usare solo la forchetta. Un paio mi son venuti che la crosticina aveva bisogno dell'aiuto del coltello per esser tagliata. Comunque era buona e se ti piace vai !! :))
E noi, poveri montanari?
saluti
Carla
vedo il vecchio furgone volkswagen che mio papà aveva attrezzato per dormirci dentro... sento quel profumo particolare che c'era dentro, di pane, pesche (perchè la frutta si portava da casa!) ed un miscuglio di molto altro.
vedo le partenze all'alba o anche prima, ma tanto io ero già sveglia, eccitata dalla partenza...
che spettacolo....
ma lo scriverai mai un libro....
di ricette dico... ; )
E voi @Carla avete il verde smeraldo delle montagne, l'azzurro argentato del lago e il grigio brillante delle pietre della Val Verzasca :)
E si @Marzia anche il mio Spaccaball vuole partire sempre e solo "quando ancora è notte "
@Evelyn magari é questo che dici ?!
Scusami, ma io gli occhi proprio non li chiudo di fronte a questa meraviglia... O meglio, magari lo faccio, ma per immaginarne il sapore. Bellissimo....
vedo la strada verso la spiaggia costeggiata da un corrimano di legno con una fessura piena di lumachine che adoro staccare con le dita piccole di 6 anni. vedo la mia prima tromba marina in lontananza, nera e minacciosa, più spaventosa dei cattivi dei cartoni animati. e le amicizie di un'estate che ogni sera giocano a nascondino tra le casette da villeggiatura...
questa ricetta mi ha colpito molto, complimenti davvero :)
La pensione Europa a Fano, i portatovaglioli di plastichina fatti a busta, col nome da scrivere, il dondolo e la sala tv dove abbiamo visto Italia Germania, mio padre che veniva in spiaggia con scarpe e calzini. Poi tanta tanta montagna, canti intorno a un fuoco e krapfen di pasticceria. Ma il tuo racconto di Viareggio lo rivivo ora, a fine estate, dopo l'ubriacatura sarda. La Madonnina, le meravigliose barche nei cantieri, il caciucco nella trattoria sulla darsena... Ma questi strudel...meraviglia!! Grazie come sempre. Ciao, Lucia
no ma che dici????
un bel libro da sfogliare sul divano, o in cucina mentre eseguo tra schizzi e sorrisi... non qui ingobbita davanti al pc.
Io lo aspetto, sul serio.
Nel frattempo leggo tutto quello che mi son persa.
saluti
Davvero interessante questo gnocco/bauletto ripieno di mare; non ci sono dubbi: a te ricordare fa bene al cuore ed alla fantasia gastronomica...continua a chiudere gli occhi!
E allora non chiuderli @parentesi e se ti serve aiuto, anche il sapore era invitante quanto la vista :)
Mi piace questa immagine B&B del corrimano che arriva alla tua testolina e del "click" secco delle lumachine che cedono :)
Si erano così i nostri genitori e mio zio @Lucia pantalone corto stile shaariano, calzino e mocassino, camicia a maniche corte e canottiera, e il cappello di paglia ... vero ?!
Bé allora per adesso @Evelyn sfogati con il blog chissà magari un giorno potrà anche accadere
Io @Virò gli occhi li tengo quasi sempre chiusi, li aprò ogni tanto per evitare spigoli di muro e buche allagate, di cui questa strada è infestata. Se non li tenessi così chiusi sarei un vecchio cinquantenne senza sogni da sognare e tantomeno da raccontare
Se chiudo gli occhi non riesco a ricordare, a parte che forse dovrei trovarmi nei boschi sotto le Piccole Dolomiti per riuscirci....ma c'è questo meraviglioso gnoccostrudel che mi distrae troppo! Ciao!
magnifico.. sento fi qui il profu mo di mare =)
dai un occhio se ti va a
www.modemuffins.blogspot.com
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