29 novembre 2009

Niente storie: le ricette del pranzo di Natale che non cucinerò

Mi passa davanti e mi guarda. Poi gira per la cucina e non mi stacca gli occhi di dosso. Io lo guardo silenzioso. Ha sulle spalle una punizione di dieci giorni senza tecnologia. Un macmini in camera che puzza di nuovo, con quattro giorni di accensione e poi niente. Televisori spenti. Giochi elettronici scomparsi. Mi guarda rassegnato. E' rimasto senza "cose elettriche" come dice lui.

"Che c'è ?!"
"No niente, niente, è che mi annoio un pochino !"
"... e si immagino manca ancora tutta una settimana prima che finisca la punizione !"
Il labbro inferiore ha un fremito impercettibile, tira leggero sul mento. Non abbassa lo sguardo no mi guarda fisso, sperando in un mio velato senso d'ironia, che invece non c'è.
"E poi in una settimana, c'è sempre il rischio di prendersi un'altra punizione che allunga la prima. E se la prima si allunga di una settimana, diventano due settimane, e così via. Si potrebbe arrivare a Natale, senza neanche rendersene conto."
Adesso gli occhi gli si stanno velando di lucide lacrime che però non scendono. Il labbro inferiore ha preso una smorfia tirata, nel tentativo di trattenere il pianto imminente. Aspetto.
Aspetto un attimo ancora prima che scoppi in lacrime e poi gli dico:
"Però ... !"
Tira su con il naso e mi guarda speranzoso. No niente perdono, ma un filo di speranza che un babbo mette a sostenere quel peso, su quelle spalle da scricciolo nano.
"Però tu sei un ragazzo in gamba. E sono convinto che riuscirai a fare il bravo e a superare questa punizione."
Gli arruffo i cappelli e gli faccio un sorriso.
Si passa la manica sugli occhi, asciuga le lacrime non scese. Tira su con il naso, fa un lungo respiro e si schiarisce la voce: "Che cosa cucini papà?"
"Cucino un pezzetto del pranzo di Natale."
"Ma di già ? Manca tanto a Natale."
Ora il tono della voce è quello che tutti i bambini hanno quando vogliono farsi vedere bravi.
"Si ma noi lo mangiamo oggi, perché a Natale ci facciamo invitare dalla nonna."
"Ah ... e allora ti posso aiutare ?"
"Mmmmh ce l'hai un curriculum vitae? "
"... "
"Lascia stare vieni qua ti spiego come si prepara una brunoise di verdure al vapore... che poi ci facciamo..."

Millefoglie di triglie con crema di baccalà su brunoise di verdure



Per la crema di baccalà
per 4 persone rimediate 300 grammi di baccalà ammollato, privatelo della pelle e delle lische. In una casseruola antiaderente soffriggete, in un abbondante olio evo, mezza cipolla piccola e due spicchi di aglio. Io l'aglio l'ho eliminato, se vi piace lasciatelo. Aggiungete 2 filetti di acciuga sottosale deliscati e lavati. Lasciate sciogliere l'acciuga e poi aggiungete il baccalà fatto a pezzetti. Lasciate insaporire per qualche minuto e poi aggiungete tanto latte fino a coprire il baccalà. Lasciate sobbolire a fuoco lento fintanto che il latte si sarà quasi completamente assorbito. Mettete da parte e lasciate raffreddare. Poco prima di servire aggiungete un paio di macinate di pepe, correggete di sale se serve, e mantecate con olio evo usando un frullatore ad immersione a bassa velocità, il composto deve risultare denso e cremoso, aggiungete un trito di prezzemolo.

Per la brunoise
cuocete al vapore una zucchina, una melanzana che avrete messo a spurgare una mezz'ora con poco sale, e un paio di carote. lasciate le verdure croccanti. E poi preparate la brunoise, come ha fatto il mio aiutante.


Per la millefoglie di triglie
passate 12 filetti freschissimi di triglia nella farina, usate metà farina 0 e metà di semola rimacinata. In una padella scaldate un dito di olio evo e quando pronto friggete le triglie. Un minuto per parte sarà più che sufficiente. Passate in carta assorbente, salate leggerissimamente e tenete in caldo.

Preparate il piatto mettendo nel fondo un cucchiaio di brunoise che avrete saltato in padella in poco olio evo e salato appena. Alternate un filetto di triglia ad un chucchiaio di crema di baccalà. Condite con una spruzzata di prezzemolo e un filo di olio evo a crudo.



E questo sarebbe l'antipasto, per il primo ci si sente tra una settimana ...

24 novembre 2009

The Human Tree

Se ne sta ancora lì fuori della finestra, immobile, silenziosa. E’ tutta la mattina che sta lì, e se ci sta anche adesso, che è quasi mezzogiorno, vuol dire che non se ne andrà più per oggi. Non mi piace questa nebbia immobile poco pesante, buia di un grigio fastidioso. Una via di mezzo tra nebbia, foschia e fumo inesistente. Una cosa che rimane a mezz’aria e che lascia vedere anche oltre il ciliegio dell’orto. Meglio quella densa, bianca e lucente della mattina, che ti fa andare a tastoni fin verso le nove, ma che poi si alza ed esplode in una giornata di sole. I vetri del salone cominciano a velarsi di condensa.

Lui è seduto al tavolo. La testa china sulle inseparabili parole crociate. L’auricolare della vecchia radiolina nell’orecchio, quasi nascosto dal biondo dei capelli. La matita sospesa nell’aria, in attesa di scendere in picchiata verso il foglio a riempire caselle, come un falco ad abbrancare un coniglio. La legge della natura fatta gioco e sapere. Le ciglia folte che nascondono lo sguardo e i pensieri. Cadrà un passo più in là, abbandonando falchi e conigli per sempre, incapace di nuove picchiate. Gli scivolo piano davanti, il mio passo leggero fa vibrare i bicchieri nella vetrina della dispensa. Sotto hanno scavato una cantina, ed ora il pavimento galleggia in precario equilibrio in un piccolo vuoto. Mi guarda sardonico e abbozza un sorriso, restiamo a fissarci per un attimo, per tanti attimi, per tutta una vita: la mia da quando mi ha conosciuto, la sua finché c’è stata. Poi scappo in cucina.

L’aria è calda, densa di profumo di brodo. Le maniche corte di mia nonna contrastano con la temperatura del resto della casa. La vampa di caldo mi si infila sotto il maglione pesante. Mi seggo sul davanzale della finestra: il marmo fresco. il freddo attaccato ai vetri. Lei si muove per la cucina come se ballasse, in quelle vecchie balere qua attorno. Veloce passa dal brodo alla sfoglia, la stende sottile e poi la piega. Gli anni sono solo anagrafe, e quando comincia a tagliare la sfoglia il suono mi prende: tutumtata tutumtata tutumtata …
Faccio scorrere la manica sinistra sul vetro: e tutto quel profumo che fino all’attimo prima era condensato in un etereo velo, esplode in acqua che distorce la vista, mi bagna il maglione e allaga il davanzale. E se prima vedevo offuscato, ora proprio non vedo. Non vedo il marciapiede lì fuori, non vedo gli alberi che circondano il vecchio campo da tennis. Non vedo quel cielo sopra quella casa, che grigio o azzurro che fosse è stato il cielo di me bambino. Non vedo. Ma sento quel profumo di brodo caldo e quel tutumtata, di quando mia nonna faceva:

I tagliolini in brodo



Si lo so con i tagliolini di nonna questi non c'entrano nulla. Non li faceva proprio così e di questa grandezza.
Ma ogni volta che vado in Cina e mangio un piatto di noodles, penso a come è strano esser partiti tutti dallo stesso posto, dall’Africa, attrezzati di uova, farina e matterello ed esser finiti ad essere così diversi da non capirsi. A parte poi ritrovarsi a cucinare le stesse cose o quasi.

No non erano neanche questi i tagliolini di mi nonna, i suoi erano sottilissimi ma la preparazione non cambia.



Si fa un brodo di carne buono, lo si filtra e sgrassa per la salute. Lo si riporta ad ebollizione, mentre a parte in una padella si fa soffriggere un "battuto" di guanciale e maggiorana, sempre per la salute. Quando il grasso è sciolto, si aggiunge mezzo cucchiaio di salsa di pomodoro. Nel frattempo si buttano i taglioni fatti con 100 gr di farina ogni 3 tuorli d'uovo, tagliati sottilissimi. Dopo un minuto, massimo due si aggiunge, al brodo e ai tagliolini, il condimento di guanciale. Attenzione che quando lo incorporate tende a "scoppiettare" da cui un'altra preparazione di questa terra: i "tagliolini al chioppo" dove al brodo è sostituita semplice acqua salata, e ai tagliolini all'uovo si usano quelli stile cinese acqua e farina. Comunque alla fine entrambi si impiattano e si condiscono con pecorino grattugiato. Parmigiano se li volete più delicati.



Se invece volete fare dei noodles cinesi, o qualcosa che gli somigli, da mangiare con i ravioli di gamberi: gli Har Gau. Dovete limitiarvi ad un impasto di acqua e farina, io ho aggiunto due albumi, ed un pizzico di sale. Con lo stesso impasto tirate anche una sfoglia sottile per i ravioli. Saltate i gamberi in padella con un po' di olio aromatizzato, come questo qui, o semplicemente con aglio. Li disponete sulla sfoglia e li chiudete a fagottino. Lessate i tagliolino e a metà cottura aggiungete i ravioli. Potete usare un brodo di verdure, o lo stesso brodo di carne come ho fatto io.

Tanto qualcuno affamato lo trovate sempre



16 novembre 2009

Io sono Sassoferratese

Sono di questa terra lontana dal mare, in mezzo a questa striscia d’Italia, quasi più vicina all’Umbria che alle Marche stesse.
Montanaro da sempre, con un indole marinara retaggio di una parentesi di vita Anconetana. Contadino per destino, cuciniere per vocazione, cultore della zappa e della vanga, apostolo della tecnologia e adepto della rete.
Sono figlio di questo nulla, dove ci si arriva per caso e raramente a ragione, di questo entroterra lontano dal molto, vicino all’essenziale.

Sono il nocciolo sputato da questa terra che mi puzza ancora sotto le unghie da generazioni: un vago odore di zolfo, e ancora di terra e poi d’inchiostro stantio. Sono il profugo che non si conosce, il personaggio episodico della piazza del paese, lo sconosciuto dal vivo, il conosciuto da finto. Sono l’uomo viaggiato, sono il padre partito, il figlio ritornato; ogni volta, in questa valle incastrata nella spina dorsale dell’Appennino. Una terra che lega, che tiene vicini, da cui non vedi l’ora di andartene. Per poi chiederti perché? Perché altrove, e perché non qui ?

Allora si sta come in trincea, a mordere stretto il cuoio della ragione, a non mollare, a rispondere picche alle cassandre del resto del mondo là fuori. A spiegare la ragione del perché quel leggero filo, quella bava, ti tiene legato, più della parentesi di una vacanza degli altri. A spiegare alla fine che non è solo perché ci sei nato, ma perché ci credi, credi che ci si può stare, ci si può far crescere figli con aspirazioni che siano un filo più grandi di quelle che tuo padre aveva per te, e che tuo nonno aveva per lui. Solo piccoli passi, ché quelli grandi non possiamo permetterceli.

E se rifletti, poi, a ragione ci sta tutto: ci stanno mille chilometri per andare al lavoro, ci sta di svegliarti alle sei per andartene a scuola, ci sta di andare al cinema anche se il film non t’interessa. Ci sta di rispondere, che sì in altri posti poteva andare meglio, ma questa è casa mia. Qui siamo nati, qualcuno c'è cresciuto, qualcuno ci è venuto, e se tutti ce ne andassimo, chi farebbe ancora:

I bigoli


Questo piatto è parte integrante della tradizione familiare, e quindi della terra che vivo. Anche se da un giro su Facebook, nonostante qualcuno li abbia associati alle famose pincinelle di Colonna, nessuno li ha riconosciuti per la loro particolare preparazione.

I bigoli son fatti con la polenta.



Questo è un piatto del giorno dopo, il giorno dopo aver fatto la polenta, con l'avanzo che rimane nel paiolo, si fanno i bigoli. Effettivamente in casa mia l'avanzo è voluto e cercato con aumento di quantità ad hoc.
Si prende quindi una quantità di polenta, qui le dosi e i grammi non esistono si và ad occhio. La polenta la si rimpasta con farina 00, in una quantità tale che la massa risulti malleabile ma non troppo morbida. Fatene quindi dei vermicelli o pincinelle o bigoli come diceva mia nonna. Come vanno conditi? Immancabilmente di magro, perché ? Perché la carne l'avete mangiata il giorno prima con la polenta, e quindi.

per il sugo e per quattro persone:

Sciogliete 4 alici sotto sale, che avrete lavate e sfilettate, in un soffritto di olio, aglio, peperoncino e prezzemolo. Lasciate soffriggere a fuoco basso per qualche minuto poi aggiungete dei pomodori pelati buoni o dei filetti di pomodoro freschi. Salate con attenzione (ricordate le alici ), lasciate sobbollire per una ventina di minuti il sugo fino a farlo addensare. Lessate i bigoli, scolateli e conditeli con il "finto" sugo, aggiungete prezzemolo fresco e una grattata di parmigiano reggiano, si, anche se ci sono le alici. Servite con un filo di olio a crudo


Magari non vale, ma io ho fatto una variante con del tonno "San Lorenzo" sott'olio ed un trito di olive taggiasche. Magari non vale mangiarli sui piatti, perché come per la polenta andrebbero mangiati sulla spianatora, magari non vale, ma ci sta.

04 novembre 2009

Fuso 13 volte

Non che sia facile raccapezzarsi a volte. É come un "melange", è come quando impasti un dolce: è tutto lì sotto, a quel velo lucido di impasto giallo. Poi quando lo metti in forno sarà quello a tirar fuori la forma, il sapore finale. Ecco ha me manca il forno, per tirar fuori la forma, per il resto dentro la testa, l'impasto c'è tutto. Pensieri, voci sensazioni, parole, persone, odori, profumi. Ti sei mai svegliato in un posto credendo di essere altrove ? Chiedeva un amico tempo fa.
Io mi devo ancora addormentare, quindi figurati se riesco a svegliarmi in un posto diverso.

Ho bisogno di tornare alla normalità del mio mondo, dopo esser passato per 13 fusi orari. Dopo essermi divincolato in pranzi di lavoro e di cene, fatti di semplice frutta, o tentativi di pasta cinese, di pizze Hut non mangiate, di fried rice freddi e incollati, di noodles scivolati fuori dal cartone, portarti su da uno dei tanti fastfood di Kowloon. Di Sushi ghiacciato e wasabi che apre il cervello, quando vorresti qualcosa di caldo. Di shabu shabu bollente quando vorresti qualcosa di fresco. Di un club sandwich a luci spente perché la cucina dell'albergo chiude alle undici di sera e a Tokyo non sentono cazzi, a meno che non ti inginocchi a mani giunte e ti metti a piangere. Di Pepperoni pizza, di un'altra pizza all'apparenza meno dannosa, ma che nascondeva aglio in quantità industriale, sotto ad improbabili fette di bufala del new jersey. Di insalate a cui con chirurgico metodo ho sfilato tutti i pezzi di cipolla che sono riuscito a trovare. Di un tonno anche decentemente cucinato, nella downtown della grande mela, ma che poi poggiava su un letto di spinaci impestato da una ventina di spicchi di aglio fritti.
Potrei vendermi un rene per un filo di olio extra vergine su di un'insalata di semplice lattuga, rucola e pomodoro, invece di quella gelatina che si ostinano tutti a chiamare Italian dressing, che non mi spaventa Italian ma che dressing è una parola tanto grossa.

Ho bisogno di ritrovare i miei ritmi, i miei sapori, di mettere in forno, finalmente l'impasto che mi galleggi a in testa. E si che io sono uno che si integra con la cucina indigena, più che con gli indigeni, dei posti dove vado. Ma dopo tre settimane cominciano a traballarmi le convinzioni, i principi. Comincio ad avere dejà vù di sapori e visioni di cibo di casa. E si che mi integro così tanto che prima di partire per questo viaggio ho fatto:

La sbirraglia ma con i tonnarelli di farro




Ho disossato un pollo e ridotto la polpa a striscioline e a tocchettini. Con le ossa ho fatto un brodo aggiungendo carota, cipolla, sedano e un pezzetto di manzo. Fatto un trito con cipolla e pancetta piuttosto magra, e soffritto in olio evo. Lasciato rosolare fino ad imbiondire ho poi aggiunto le interiora di pollo ben lavate, fatte a tocchettini e la polpa di pollo, salato e pepato. Ho lasciato rosolare e insaporire a fuoco deciso, e poi ho sfumato con vino bianco che ho fatto evaporare bene e aggiunto alla fine un cucchiaio di salsa di pomodoro. Ho fatto cuocere a fuoco lento per una quarantina di minuti mettendo a posto di sale.

A questo punto la tradizione veneta vorrebbe che si tirasse un risotto molto fluido quasi una minestra, direttamente con questo ragù e con il suo brodo. Io ho cambiato le carte in tavola e pensando al risotto ho pensato ai risi e bisi e ....

Va bè mi sono fatto dei tonnarelli, o uno spaghetto alla chitarra, al farro. Il farro lo coltivano vicino a casa mia, qui dietro proprio, lì su quella collina. Ho preparato una sfoglia con 4 uova intere 200gr. di farina 0 e 200 gr.di farina di farro. L'ho tirata molto spessa e poi tagliata. Mentre mi dedicavo alla pasta o rosolato con poca cipolla e in un filo di olio dei piselli (congelati). Lessato la pasta, scolata a metà cottura e finita in padella con il ragù di pollo e i piselli, aggiungendo brodo fino a cottura terminata. Ho condito con un filo di olio e una grattata di parmigiano.



Se invece volete farci il risotto eccolo qua, tirato con il brodo di pollo e unica eccezione la presenza del pisello, altrimenti sarebbe il risotto alla sbirraglia di Trevigiana tradizione.



C'ho fame !!!!!!!!!!!!!