Alla fine si torna sempre
Quando mi ha dato le indicazioni non ho fatto caso ai nomi. Ho pensato: poi metto il navigatore e vado. I navigatori rovinano la consapevolezza dei viaggi, la certezza dei luoghi. Arrivi in posti che pensi sconosciuti, ma poi scopri familiari. Posti che poi quando ci arrivi ti penti di averlo fatto con il navigatore. Allora lo spegni di corsa e lo infili sotto il bracciolo, o nel cruscotto, lo nascondi, ma non alle persone, lo nascondi alla tua coscienza. Perché in quel posto dove sei arrivato, tutto dovevi fare, tranne che arrivarci con il navigatore. E’ una debolezza, un tradimento, ecco si un tradimento. Ci venivi in bicicletta nelle domeniche di autunno, senza navigatori e senza carte. E se non sapevi la strada per tornare a casa, ti fermavi e chiedevi. Mi sono vergognato si, anche se non c’era nessuno, ho pensato che se per arrivare qui ad Iseo avevo bisogno del navigatore era il momento di buttarlo. Ed ora arrampicato lungo questa scalinata che porta alla chiesa, in attesa come il parroco e il sacrestano, degli altri, penso che un tempo mi masticavo i chilometri di queste strade. Dal paese dove abitavamo arrivavo al confine con l’Italia poi lo costeggiavo senza attraversarlo e ritornavo salendo e attraversando tutto il Malcantone.
Ci rituffiamo verso Lugano. Scendo lungo via San Gottardo, nello scarso traffico del sabato. Turisti indecisi nell’abbigliamento, serpeggiano lungo i marciapiede. Le pelli bianche lattiginose sinonimo di settentrionalità o dello scarso sole di questa non-estate.
Quando vivevo qui non frequentavo questo posto. Era il ristorante di una banca. Era aperto al pubblico, ma onestamente non mi entusiasmava, mi sapeva tanto di mensa, mensa da una stella, ma mensa. Ora è diverso. E’ sempre nello stesso palazzo, sempre di una banca, anche se diversa, la globalizzazione detta regole ferree. Ma la banca non c’entra più nulla e a gestirlo è una società che di mestiere fa questo. Quello di gestire tre dei posti più interessanti per la ristorazione e l’accoglienza di Lugano.
A farmi da guida, come un tempo, è la Lucia, gerente del locale. La Lucia del nostro essere italiani emigrati in Svizzera, quella che diede il nome di Spaccabal a Spaccabal. Mi porta in cucina a rincontrare Alessandro Fumagalli e la sua brigata. Lei si muove come faceva un tempo nella sua “Rupe”, come nella cucina, enorme, di casa sua: sicura, decisa e impenitente.
In sala Pablo mi confessa la difficoltà di essere spagnoli in terra Svizzera dopo, l’uno a zero rimediato a Durban qualche giorno prima. Lo guardo compassionevole ma ho poco da commiserare se non il malcomunemezzogaudio, o il meglioavoicheanoi.
Alla fine ci buttiamo tutto alle spalle mentre mi accoccolo su questa poltroncina, a sorseggiare una Ribolla Gialla che non faccio in tempo a mettere in bocca e penso: Ribolla. Il profumo fruttato si sposa con la tartare di gamberi e papaia, l’insalta di astice e zeste d’arancia, la polpa di granchio e pesche, e si alla fine ci muore pure con lo scampo di tempura, tanto per non farsi mancar nulla.
Potrei saltare il risotto a piedi pari, ma non vorrei pentirmi di non potermi pentire, e non mi pento: la cottura è perfetta nella semplicità dei fiori di zucchina e zafferano; la mantecatura da tre giri di “ola” è tutto merito dello stracchino e della mano del cuoco. Il polpo tiepido con le olive taggiasche mi strappa una lacrima per la cottura del polpo, e mi lascia un dubbio sulle olive taggiasche. Quando mi portano la lombata d’agnello in crosta di semi speziati i dubbi se ne sono tornati in Sud Africa dritti come una palla. Mi restano solo le certezze di una cottura perfetta e di un equilibrio di sapori che con il Merlot di questa terra, balla la rumba, la samba, la salsa e… la salsa era da urlo, roba da scarpettare ingegnosamente il piatto se solo avessi avuto ancora pane. Alla fine ho degnato di attenzione un sorbetto al limoncello, di giusta e buona fattura.
Mi alzo e me ne fuggo nella "smoke longue" con la voglia di un "Romeo y Giulieta" nr. 3, che tale rimane. Mentre ripenso all'agnello il deja-vù di sapori, che prima mi era rimasto sulla punta dell'ippotalamo, ora mi si apre davanti agli occhi: era un pepe. Un pepe conosciuto la sera prima, grazie a due care persone, trovate in questo blog, e incontrate sulle rive del lago Maggiore. Ma questa è un'altra storia e la racconterò un'altra volta.
Villa Saroli
v.le Franscini, 8
CH-6900 Lugano
Ci rituffiamo verso Lugano. Scendo lungo via San Gottardo, nello scarso traffico del sabato. Turisti indecisi nell’abbigliamento, serpeggiano lungo i marciapiede. Le pelli bianche lattiginose sinonimo di settentrionalità o dello scarso sole di questa non-estate.
Quando vivevo qui non frequentavo questo posto. Era il ristorante di una banca. Era aperto al pubblico, ma onestamente non mi entusiasmava, mi sapeva tanto di mensa, mensa da una stella, ma mensa. Ora è diverso. E’ sempre nello stesso palazzo, sempre di una banca, anche se diversa, la globalizzazione detta regole ferree. Ma la banca non c’entra più nulla e a gestirlo è una società che di mestiere fa questo. Quello di gestire tre dei posti più interessanti per la ristorazione e l’accoglienza di Lugano.
A farmi da guida, come un tempo, è la Lucia, gerente del locale. La Lucia del nostro essere italiani emigrati in Svizzera, quella che diede il nome di Spaccabal a Spaccabal. Mi porta in cucina a rincontrare Alessandro Fumagalli e la sua brigata. Lei si muove come faceva un tempo nella sua “Rupe”, come nella cucina, enorme, di casa sua: sicura, decisa e impenitente.
In sala Pablo mi confessa la difficoltà di essere spagnoli in terra Svizzera dopo, l’uno a zero rimediato a Durban qualche giorno prima. Lo guardo compassionevole ma ho poco da commiserare se non il malcomunemezzogaudio, o il meglioavoicheanoi.
Alla fine ci buttiamo tutto alle spalle mentre mi accoccolo su questa poltroncina, a sorseggiare una Ribolla Gialla che non faccio in tempo a mettere in bocca e penso: Ribolla. Il profumo fruttato si sposa con la tartare di gamberi e papaia, l’insalta di astice e zeste d’arancia, la polpa di granchio e pesche, e si alla fine ci muore pure con lo scampo di tempura, tanto per non farsi mancar nulla.
Potrei saltare il risotto a piedi pari, ma non vorrei pentirmi di non potermi pentire, e non mi pento: la cottura è perfetta nella semplicità dei fiori di zucchina e zafferano; la mantecatura da tre giri di “ola” è tutto merito dello stracchino e della mano del cuoco. Il polpo tiepido con le olive taggiasche mi strappa una lacrima per la cottura del polpo, e mi lascia un dubbio sulle olive taggiasche. Quando mi portano la lombata d’agnello in crosta di semi speziati i dubbi se ne sono tornati in Sud Africa dritti come una palla. Mi restano solo le certezze di una cottura perfetta e di un equilibrio di sapori che con il Merlot di questa terra, balla la rumba, la samba, la salsa e… la salsa era da urlo, roba da scarpettare ingegnosamente il piatto se solo avessi avuto ancora pane. Alla fine ho degnato di attenzione un sorbetto al limoncello, di giusta e buona fattura.
Mi alzo e me ne fuggo nella "smoke longue" con la voglia di un "Romeo y Giulieta" nr. 3, che tale rimane. Mentre ripenso all'agnello il deja-vù di sapori, che prima mi era rimasto sulla punta dell'ippotalamo, ora mi si apre davanti agli occhi: era un pepe. Un pepe conosciuto la sera prima, grazie a due care persone, trovate in questo blog, e incontrate sulle rive del lago Maggiore. Ma questa è un'altra storia e la racconterò un'altra volta.
Villa Saroli
v.le Franscini, 8
CH-6900 Lugano
10 commenti:
Che dire? Ammirazione per i cuochi ma anche golosità e un po' d' invidia per tutti 'sti sapori lontani da me qualche migliaio di km...aspetto la prossima sul pepe! Ciao e buon inizio settimana
Attendo sempre con trepidazione i tuoi post e li leggo con la meraviglia di una bimba beandomi della descrizione di luoghi e cibi entrambi molto diversi dal mio quotidiano vedere e gustare.Ti auguro una buona giornata.
la mia avversione per i navigatori non mi terrà lontatna dalle mete che voglio raggiungere, chiedere in giro ancora mi piace, perdermi pure. se poi si "rischia" di trovare un ristorante con piatti come quelli descritti...come sta spaccabal? passate le postuline?
Bene @Ornella ci si sta lavorando ... sul pepe, ma la "pipe" è carica di idee pronte da sputar fuori, specialmente una prima che il sole ci uccida. :)
Mi piace sapere che qualcuno sta qui dietro ad aspettare il mio post :) presuntuosetto eh ?! :) grazie @Mimì
Si si i navigatori andrebbero spenti @Silvia, anche se accessi ti dicono se stai per essere fotografato da dietro :) Spaccabal sta meglio grassie :)
ahahah, marco, che brutta immagine essere fotografati di sorpresa da dietro!
speriamo davvero che il sole uccida e ...puoi presontuosarti...aspettiamo tutti i tuoi post ma anche i tuoi pre.
Questa mattina uno scambio di battute, di sguardi complici e quel “basta annuire per capirsi” tra me e M: collega, amica, spirito affine che condivide con me e tanti di noi l'amore per la cucina e la passione per la propria creatura o blog, che dir si voglia... Mi ha parlato di te, di una colica d'acqua e di come risulta piacevole leggerti, così sono arrivata qui. Le devo dare questo merito, a te i complimenti per la cura e la passione che ci metti nel raccontare le tue storie. A presto, Tì
sarà fatto @Silvia :)
Ah ben arrivata @Tiziana ! Mettiti comoda ... si parte ;)
Tre dei posti più interessanti di Lugano... E gli altri due quali sono?
Non ci resta che provare!
Un caro saluto
Carla
La Villa Principe Leopoldo e Villa Sassa @Virò
E si cara @Carla è da provare, chiaramente lontano dalla poesia del grotto del Claudio ;)
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