Un'altra estate ...
Quella fu l’estate in cui diventai grande.
Fu l’estate alla fine della quale avrei voluto tornare bambino.
Fino ad allora avevo girato l’Italia, “spedito” in vacanza da nonni e zii, a turno con mio fratello, in uno scambiarci stanze e letti. Nel mezzo qualche ora per ritrovarci, a raccontare le cose dei bambini, a ridere complici, ad abbracciarci da fratelli che siamo in lunghi saluti. Per poi riperderci, alternati, nell’assolata spensieratezza dell’estati dell’Italia del “boom”.
Conobbi così, la Val’ da’Aosta, Follonica, Capanne, Viareggio. Tutte località legate da un unico filo conduttore: la Montecatini, le sue miniere e le sue cave di marmo. Passai un paio di estati nel piccolo giardino di Lillaz, a romper le palle ai quattro pesci rossi che vivevano nella fontana che c’era lì. Mi feci intimidire da un paio di gatti che non mi lasciavano passare sull’unica stradina di Capanne, obbligandomi a giri improbabili per raggiungere il negozio di alimentari del paese. Mi piantai su un marciapiede di una via di Follonica finché non mi comprano una macchinina gialla, quando invece avrebbero dovuto prendermi a schiaffi. Feci volare per ore un aquilone paracadutista ai bagni Rossella di Viareggio, in attesa dei miei genitori, e quando poi una folata di vento me lo sbatte a terra, loro arrivarono.
Poi le cose cambiarono cominciai a crescere. Alla veneranda età di undici anni inizia a passare le estati nella casa di campagna dei nonni. Dalla costa anconetana alle colline dell’entroterra. Quelle estati in cui il canto delle cicale faceva da contraltare alle grida dei ragazzini. I primi mangianastri, e le scatole di scarpe piene di canzoni. Le prime sigarette, i pacchetti infilati nei calzini o nelle maniche delle magliette, lo sciacquarsi la bocca prima di tornare a casa, per mascherare il puzzo del fumo. In quel periodo fece la sua comparsa, improvvisa e inaspettata, anche il testosterone. Da ragazzini rincoglioniti diventammo ragazzini rincoglioniti e “affigati”. Nacquero i primi amori, e le prime grandi delusioni. Ci si innamorava di coetanee impossibili, ragazze a cui apparivamo bambini con la puzza di latte. Una fiat 850 sport aveva molte più chance di successo, di una bicicletta tenuta con il fil di ferro. Sognavamo, di quei sogni che ti fanno camminare strano, un improbabile “Felice Della Pietà”, per le strade di un paesetto di trecento anime. Ogni estate ripartivamo da dove avevamo lasciato l’estate prima, con un continuum spazio-temporale da far invidia al triangolo delle bermuda. Ogni estate la stessa scenografia, gli stessi personaggi la stessa coreografia, la trama che filava liscia come un olio.
Poi arrivo quell’estate. L’estate in cui divenni grande. Di quell’estate ho ricordi sfocati in generale, vividi per alcuni momenti quelli che mi fecero diventare grande.
Di quell’estate ricordo anche un panino che mi venne propinato. Era imbottito di un “salume” che a detta delle leggende metropolitane raccoglieva gli scarti del cibo. Ma era buono e mi ci volle un po’ di tempo per conoscere la vera origine della:
Galantina
Considerato che di scarti non si tratta, io, per una bella galantina ho usato:
Due cosci di pollo disossati e un petto di pollo a fette, che ho battuti salati e pepati. Ho disposto il tutto su pellicola, aggiunta una farcia di 400 gr di vitello magro, 200 gr di maiale, magro anch'esso, e 100 grammi di mortadella, il tutto macinato finemente e condito con un uovo, 75 gr di parmigiano grattugiato, pistacchi sbucciati e spellati, noce moscata, sale e pepe. Ho poi aggiunto due uova sode, olive varietà ascolana denocciolate, un paio di carote e pezzi di prosciutto tagliati spessi. Ho chiuso tutto nella pellicola, e insaccato poi in una sacca da salumiere. Qui va bene anche un bel canovaccio inodore. Ho messo tutto a bollire con sedano, carota e cipolla per due ore due. Lasciato riposare per una notte e servito accompagnato da una giardiniera in agrodolce bella croccante.
Fu l’estate alla fine della quale avrei voluto tornare bambino.
Fino ad allora avevo girato l’Italia, “spedito” in vacanza da nonni e zii, a turno con mio fratello, in uno scambiarci stanze e letti. Nel mezzo qualche ora per ritrovarci, a raccontare le cose dei bambini, a ridere complici, ad abbracciarci da fratelli che siamo in lunghi saluti. Per poi riperderci, alternati, nell’assolata spensieratezza dell’estati dell’Italia del “boom”.
Conobbi così, la Val’ da’Aosta, Follonica, Capanne, Viareggio. Tutte località legate da un unico filo conduttore: la Montecatini, le sue miniere e le sue cave di marmo. Passai un paio di estati nel piccolo giardino di Lillaz, a romper le palle ai quattro pesci rossi che vivevano nella fontana che c’era lì. Mi feci intimidire da un paio di gatti che non mi lasciavano passare sull’unica stradina di Capanne, obbligandomi a giri improbabili per raggiungere il negozio di alimentari del paese. Mi piantai su un marciapiede di una via di Follonica finché non mi comprano una macchinina gialla, quando invece avrebbero dovuto prendermi a schiaffi. Feci volare per ore un aquilone paracadutista ai bagni Rossella di Viareggio, in attesa dei miei genitori, e quando poi una folata di vento me lo sbatte a terra, loro arrivarono.
Poi le cose cambiarono cominciai a crescere. Alla veneranda età di undici anni inizia a passare le estati nella casa di campagna dei nonni. Dalla costa anconetana alle colline dell’entroterra. Quelle estati in cui il canto delle cicale faceva da contraltare alle grida dei ragazzini. I primi mangianastri, e le scatole di scarpe piene di canzoni. Le prime sigarette, i pacchetti infilati nei calzini o nelle maniche delle magliette, lo sciacquarsi la bocca prima di tornare a casa, per mascherare il puzzo del fumo. In quel periodo fece la sua comparsa, improvvisa e inaspettata, anche il testosterone. Da ragazzini rincoglioniti diventammo ragazzini rincoglioniti e “affigati”. Nacquero i primi amori, e le prime grandi delusioni. Ci si innamorava di coetanee impossibili, ragazze a cui apparivamo bambini con la puzza di latte. Una fiat 850 sport aveva molte più chance di successo, di una bicicletta tenuta con il fil di ferro. Sognavamo, di quei sogni che ti fanno camminare strano, un improbabile “Felice Della Pietà”, per le strade di un paesetto di trecento anime. Ogni estate ripartivamo da dove avevamo lasciato l’estate prima, con un continuum spazio-temporale da far invidia al triangolo delle bermuda. Ogni estate la stessa scenografia, gli stessi personaggi la stessa coreografia, la trama che filava liscia come un olio.
Poi arrivo quell’estate. L’estate in cui divenni grande. Di quell’estate ho ricordi sfocati in generale, vividi per alcuni momenti quelli che mi fecero diventare grande.
Di quell’estate ricordo anche un panino che mi venne propinato. Era imbottito di un “salume” che a detta delle leggende metropolitane raccoglieva gli scarti del cibo. Ma era buono e mi ci volle un po’ di tempo per conoscere la vera origine della:
Galantina
Considerato che di scarti non si tratta, io, per una bella galantina ho usato:
Due cosci di pollo disossati e un petto di pollo a fette, che ho battuti salati e pepati. Ho disposto il tutto su pellicola, aggiunta una farcia di 400 gr di vitello magro, 200 gr di maiale, magro anch'esso, e 100 grammi di mortadella, il tutto macinato finemente e condito con un uovo, 75 gr di parmigiano grattugiato, pistacchi sbucciati e spellati, noce moscata, sale e pepe. Ho poi aggiunto due uova sode, olive varietà ascolana denocciolate, un paio di carote e pezzi di prosciutto tagliati spessi. Ho chiuso tutto nella pellicola, e insaccato poi in una sacca da salumiere. Qui va bene anche un bel canovaccio inodore. Ho messo tutto a bollire con sedano, carota e cipolla per due ore due. Lasciato riposare per una notte e servito accompagnato da una giardiniera in agrodolce bella croccante.
8 commenti:
sempre un poeta nelle descrizioni...
io non ho mai conosciuto vacanze così, ma andavo ogni estate per un due settimane nel mese di agosto con i miei a visitare qualche paese d'europa. fino a quando sono diventata "grande" anch'io...
Strano che un maschietto si ritrovi a rimpiangere il "prima". O forse ho solo mal interpretato....
Giusto per cambiare argomento: non ho mai provato la Galantina, non faceva e non fa parte delle abitudini alimentari di casa mia, ma con l'afa di questo periodo forse è un suggerimento da considerare.
Ogni volta passo di qua con l'aspettativa di leggere i tuoi bei racconti-amarcord (ho recuperato i precedenti non letti) e poi vengo ammaliata anche dalle tue ricette
Un bel lavoro d'intarsio, la galantina che ripaga dell'ora di cottura: è una preparazione che mi affascina :))
L'anno scorso ho sperimentato una pasta fredda con il gelato e l'accostamento è piacevolmente sorprendente
Ciao
Beh...così non vale però! Gustati con calma la galantina, rilassati, rinfrescati e prima di cucinare di nuovo regalaci la continuazione del racconto: visto il caldo puoi risparmiare i particolari piccanti ma non puoi privarci del resto...
L'ho detto: non varrebbe!
Scusa, non ho capito un dettaglio: hai lasciato la pellicola dentro lo strofinaccio? Perchè se è pellicola normale mi immagino dia problemi in lessatura... Ma magari sbaglio.
@Marzia ... :) grazie
Non rimpiangevo quel prima @Iaia ... c'è un'altra cosa che non ho raccontato :|
mmmmh @Lenny ... ho fatto proprio centro :)
:) @Virò ... non credo sia il casoi di farlo qui ... magari un giorno chissà !!
Si @Acquaviva lasciata dentro anche se il mio non era uno strofinaccio ma un "budello" sintetico da salumiere fatto di una specie di carta oleata. La pellicola ha solo perso elasticità ed è stata eleminata una volta raffreddato... non ho notato problemi :)
Che bella la galantina!
La voglio proprio provare quest'estate: ti farò sapere.
Buona estate a te,
Barbara
Meravigliosi: la ricetta ed i ricordi (è proprio vero... c'era un continuum temporale da un'estate all'altra :-D)
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