22 maggio 2011

Rustico


Rustico
Due cose questa parola mi riporta alla memoria. La prima é un sostantivo, un aperitivo che impazzava nei matrimoni degli anni ottanta. Rustici vari, i Rustici dello chef, i nostri Rustici. Rotoli di pasta sfoglia, sempre industriale e congelata, mi rifiuto di pensare che venisse fatta in loco, al cui interno aleggiava la memoria di un ripieno,che forse un tempo aveva abitato il luogo. Ne restava dunque il vago ricordo, l'eterea memoria, come in quei luoghi abbandonati da persone care o dai ricordi dell'infanzia, dejà-vu infiniti, che si arrolotolano l'un l'altro in un improbabile abbraccio alchemico. L'acciuga era l'inquilino più evidente, non per la quantità, certo che no. Ma il suo sapore deciso ne esaltava anche minime presenze molecolari. L'altro elemento evidente era il "vriustel" esoticamente germanico, invase le patrie terre insieme al "cuore di palma". Il vriustel della mia giovinezza sapeva di chimico fumo e null'altro, oltre il sapore di fumo era l'unico elemento che si poteva riconoscere, tradiva la sua presenza, si vedeva, c'era. I peggiori ? I "vuoti": li infilavi in bocca, lungo gli stretti bordi di piscine impossibili (l'aperitivo in piscina era il top della moda) li masticavi al sole di maggio, perpendicolare sui vassoi di salami sudanti e su mezze forme di grana gocciolante, e non sentivi nulla. Masticavi e masticavi ma niente. E alla domanda del vicino che, tenendo in mano il rustico incriminato, ti chiedeva cosa c'era dentro rispondevi: "vuoto". Vuoto, forse no, magari c'era qualcosa ma le terminazioni nervose delle papille gustative non erano riuscite a localizzare l'eventuale sostanza. E quindi era vuoto. Restavi a fissare il vicino con una espressione compassionevole, che nascondeva però, un profondo senso di vendetta: dai forza! Mangialo !

Rustico.
La seconda cosa che mi torna alla memoria é la forma aggettivizata di questa parola. La "R" leggermente allungata e calcata come a sottolineare la grezzaggine implicita nel soggetto destinatario. Una sorta di carta vetrata che ti raschiava la pelle per rendere evidente la poca educazione, la poca grazia messa nel fare le cose, la mancanza di attitudine al "self-improvment" direbbero oggi tra i banchi dei master in "business developpment". "Quanto sei rustico" mi diceva mia nonna. Rustico non era la negazione assoluta e definitiva, no era un elemento di classificazione, di definizione che quello che eri, quel che facevi si catalogava in qualcosa di definito, magari anche ben fatto, ma che rimaneva in un aurea di grezzaggine, di poca grazia. Rustico era il contrario di grazioso. Grazioso veniva citato con fare cantilenante e in un sorriso beato, accompagnato da occhi lacrimosi. Rustico aveva una sua struttura ben definita: prima era accompagnato da un suono gutturale "mgh" secco e deciso, la bocca pendeva verso il basso in segno di disapprovazione e il "quanto" si intramezzava nella frase." mgh! Quanto sei rustico!"
Ma "rustico" non offendeva, lasciava indifferenti, a volte divertiti, del tutto inoffensivo, quasi quanto "accidioso" ma quella è un'altra storia.

Poi magari con il tempo, quando si diventa grandi, adulti consapevoli della società che ci circonda si potrebbe, obbligatoriamente condizionale, diventare anche:

Dolcemente graziosi

Mi sono cimentato fuori dalla mia cucina "rustica" e terragna (def.:che sa di terra) un dolce che poco ha a che vedere con me, un po' per la complessità, la lunghezza dei tempi di preparazione e per un ingrediente : il cioccolato bianco, di cui non riesco ad entusiasmarmi. Ma leggendo e navigando nel mondo di Pinella, fantastica e bravissima pasticcera, mi sono innamorato di queste strisci di colore .

Copio e incolla, con venerazione, dal blog di Pinella la sua ricetta di "millerighe" :

Per il cremoso di fragole
400 g di purea di fragole ben setacciata
4 cucchiai rasi di zucchero
3 g di gelatina in fogli da 2 g

Far idratare i fogli di gelatina in acqua ghiacciata. Versare alcune cucchiaiate di purea in una ciotolina, scaldarla benissimo al microonde e sciogliervi lo zucchero. Nella stessa ciotola contenente la purea calda, aggiungere la gelatina ben strizzata e mescolare per rendere il composto omogeneo. Scaldare pochissimo al microonde la restante purea e versarvi il contenuto della ciotolina amalgamando bene i due contenuti.

Per la mousse di cioccolato bianco al profumo di limone
80 g di latte intero
2 g di gelatina in fogli da 2 g
scorza di un limone
150 g di cioccolato bianco Ivoire Valhrona
160 g di panna semimontata

Scaldare il latte con le scorze del limone e lasciarlo in infusione per 30'. Idratare i fogli di gelatina. Eliminare la scorza dal latte, riscaldarlo ancora e aggiungere la gelatina ben strizzata. Ridurre in schegge il cioccolato e farlo fondere al microonde. Passare al setaccio il latte caldo e versarlo in tre riprese al centro del cioccolato fuso emulsionando bene fino ad avere una ganache liscia e brillante. Unire la panna semimontata.

Preparazione dei bicchierini
Preparare dei bicchierini alti e stretti come quelli classici da spumante oppure da cocktail. (oppure come i miei) Velare il fondo con un cucchiaio di salsa di fragole. Riporre in abbattitore oppure in frigorifero.
Stratificare la mousse al cioccolato e riporre ancora in frigo. Velare di nuovo con le fragole solo a perfetto raffreddamento allo scopo di mantenere una certa nitidezza nella stratificazione.
Ultimare con uno strato di mousse al cioccolato.

Io ho aggiunto delle scorzette di limone candite: fate bollire le scorzette per 3 minuti in acqua, scolate e lasciate freddare, preparate uno sciroppo con 150gr. di zucchero semolato e 50gr. di acqua, portate a bollore e immergete le scorzette per 2 minuti, scolatele e lasciatele raffreddare. Ripetete l'operazione per 3 o 4 volte.

15 maggio 2011

Vicini

Profuma di una tarda primavera, l'aria della mattina. Un velo di grigio nasconde l'alba, lontano grandi nuvole-pesce galleggiano sopra le colline. Mi siedo nel fresco della terrazza, il profumo del caffè lascia il posto a quello della terra, un profumo gonfio di pioggia imminente. La brezza del mattino ne ha i segni inconfondibili, il volo delle rondini si é fatto più basso, fino a rasentare i tetti delle case, il gatto dei miei nipoti continua a girarmi intorno, si accoccola sul tavolo a poca distanza dalla mia tazza di caffè; ce ne restiamo silenziosi ad osservare le grandi nuvole-pesce che si allungano sotto l'effetto del vento, si schiacciano, si assottigliano e poi scompaiono trasformandosi nel velo uniforme che copre il cielo. Il gatto si Volta verso di me, come a chiedermi che fine possa aver fatto l'enorme pesce, sorseggio l'ultimo sapore, oramai , di caffè, mentre un'espressione incerta e dubbiosa mi si disegna in viso. Restiamo assorti nelle nostre teorie meteo-ittiche non dico una parola, figuriamoci lui.

Una folata di vento Più forte delle altre risveglia il volo delle rondini, lo alza di una decine di metri ma loro picchiano di nuovo verso il basso e tornano a poco metri da noi. Il gatto le osserva, facendo roteare la testa mentre segue il loro volo, ho la sensazione che sia affamato per come reagisce all'avvicinarsi di una rondine più delle altre e al suono della tazzina di caffè che si posa sul tavolo. Ci guardiamo ma senza troppe smancerie, lui lo sa che con me non attacca, le facce piagnucolose di gatto affamato non mi fanno effetto, sono vecchia scuola: topi, sorci, uccelli caduti dai nidi, lucertole, e rospi se proprio siam presi dalla fame. Niente paté al salmone in versione sformatino nouvelle cousine.

Una goccia di pioggia piomba a due centimetri dal mio caffè finito, osservo in giro e ad un paio di metri a terra ce ne un'altra. Il gatto le ha sentite anche lui, si da una stirata allungando le zampe davanti mentre con il muso quasi sfiora il tavolo sul quale ha passato gli ultimi venti minuti. Capisce che il minimo sindacale gli é già stato concesso e allora scivola a terra passando dalla sedia al mio fianco, le gocce di pioggia stanno aumentando e cominciano a lasciare il segno anche sui miei vestiti. Mi alzo dal tavolo, raccolgo la tazza, faccio un cenno al gatto, e per un attimo ho la sensazione che voglia darsi una sfregata sulla mia caviglia sinistra, ma, probabilmente, percepisce la mia sottile disapprovazione e con un cenno della testa si avvia al riparo verso la casa dei suoi padroni. La pioggia sta iniziando sul serio, le nuvole si raggomitolano l'una sull'altra, osservo la collina di fronte, e faccio un fischio al gatto. Lui si ferma si volta e mi guarda, gli faccio cenno verso est, sopra la collina tre grandi nuvole-pesce si sono fermate ad osservare la pioggia che sta arrivando qui da noi. Mi infilo sotto la veranda mentre uno scroscio lo sorprende ad osservare i pesci: ti piacerebbe eh ?!

Un gatto aspetta, le acciughe scappate



Lesso delle linguine Ma-Kaira in acqua abbondante, quando sono al dente le scolo e le salto in padella per pochissimo tempo (meno di un minuto) con un paio di cucchiai di colatura di alici e pinoli tostati. Spengo la fiamma e passo gli spaghetti in una pirofila, aggiungo olive taggiasche denocciolate e pestate al mortaio grossolanamente, pomodorini secchi sott'olio, e un paio di cucchiai per persona di mollica di pane tostata (in padella o al grill). Aggiungo prezzemolo tritato e una grattata di parmigiano. Servo tiepidi, in estate anche a temperatura più bassa se non freddi.

Per i pomodorini secchi sott'olio
Taglio a metà i pomodorini piccadilly o ciliegino, li dispongo su di una placca coperta da carta forno. Metto in forno a 65°/75° gradi finché non saranno giustamente disidratati: 4/6 ore, a me non piacciono eccessivamente secchi, lascio raffreddare e poi li metto in vaso con origano un paio di spicchi d'aglio e un peperoncino coperti da olio evo. Dopo una settimana passata in frigorifero sono pronti ad essere utilizzati.