20 luglio 2010

gudsziguà

Il rumore è assordante e per parlare dobbiamo urlare. Basterebbe questo per farci grondare di sudore, il resto lo fanno i 40 gradi e il 95 per cento di umidità. Il calore che le quaranta presse plastica di questo reparto vomitano fuori, è solo un dettaglio.

Dieci secondi
Ha il fiato corto, si guarda attorno, la camicia attaccata alla pelle, i capelli come se fosse appena uscito dalla doccia. Andiamo ? Me lo chiede con un filo di voce e un espressione di rispetto, per chi sta lavorando. Un minuto, devi aspettare un minuto. Aspettiamo il minuto mentre le macchine aprono le bocche gli stampi arretrano e sputano pezzi e calore.

Venti secondi
Forse ora starà facendo i conti, di quelli fatti a mente, così difficili da giovane, e più facili da vecchio se mangi pane e numeri. Starà pensando che quei 10 centesimi sul sedile posteriore di quel taxi ad Hong Kong li doveva proprio prendere, anche se andavamo di corsa, anche se dietro strombazzavano e anche se erano solo 10 centesimi di euro.
E come fai a dargli il giusto valore a quei 10 centesimi se lo devi far capire ad un ragazzo di sedici anni. Sedici anni vissuti qui nel 2010. Che gli dici? Eh ai tempi miei! Ah quando ero giovane io!

Trenta secondi
No non funziona, come pretendi che capisca quando un ghiacciolo costava centocinquanta lire e con duecento ci prendevi un quotidiano. Non funziona, no. Allora serve qualche giusto confronto, raffronto, proporzione. Hai presente una pizza margherita? Bene ora dividila in sei fette come fai di solito. Poi prendi una di queste fette poi dividila in 10 pezzetti. Ecco uno di quei pezzi sono 10 centesimi. Si il bordo, ecco il bordo. Ma io il bordo non lo mangio mai. Il bordo non lo mangia nessuno, il bordo lo lasciano lì tutti. Aspetta. Allora prendi quel gelato nuovo e strafigo quello che non mi ricordo come si chiama. Quello famoso con il cioccolato fuori il variegato all'amarena dentro e che ha qualche pezzetto di croccantino, ecco hai presente? Ecco in quanti morsi lo mangi ? Dieci, dodici morsi? Ecco mezzo morso sono 10 centesimi. Mezzo morso? Si va bé quando siamo con gli amici di mezzi morsi me ne vanno via una mezza dozzina.

Quaranta secondi
Ed è qui nella zona industriale del mondo che forse ad un ragazzo dei nostri tempi, gli riesci a far percepire cosa stiamo diventando, cosa gli prepara la vita. E allora dai, vieni questa volta, ti porto con me.
Sono stato in Cina, ho visto Hong Kong, le luci, i grattacieli, i mercatini di Mong kok,i bar alla moda di Hollywood road, e i negozi di Wan Chai. Poi sono entrato in Cina, in quella vera, e ho capito un po' di cose. Poche magari, perché a sedici anni hai ancora gli occhi di un ragazzo. Piccole cose che ti lasciano piccoli segni. Come le ferite che ti fai da ragazzino e che quando te le riguardi da adulto, da uomo fatto ti ricordi il dolore e le lacrime. Ecco magari da questo viaggio con mio padre qualche piccola cicatrice mi resterà.

Cinquanta secondi
Respira a fatica fa caldo quasi troppo per chi non ci è abituato. Mi guarda lo guardo e capisco che ha capito. Fa cenno con la testa e poi apre la bocca dice qualcosa, non sento. Sopra il rumore delle macchine urla più forte: “Scusate !”
Il plurale è rivolto a me e al mio collega che con il piglio di padre e di figlio cresciuto nella campagna del basso Veneto, primo a studiare di tutta la famiglia, gli spiega che non c’è da scusarsi. Se alla fine hai capito, le scuse non servono.

Sessanta secondi
Un minuto, urlo sopra il “Daaang” ritmato delle presse. Ecco quanto valgono 10 centesimi di euro: un minuto di lavoro in fabbrica. Un minuto di lavoro se sei in Italia, 10 minuti se fossi in Cina.
Torniamo al fresco dei quaranta gradi fuori. La lezione è finita. Sfila quasi di nascosto, la sua moleskine, e ci scrive qualcosa sopra. Si torna in albergo per oggi chiudiamo.

Good Xīguā


C'è poco da scriver ricette, è tutto lì in quel che vedete, a parte che la Xīguā (sziguà)西瓜, il cocomero, in Cina è la frutta più popolare tra i Guó wài, gli stranieri. La bravura di chi la prepara è tutta nella speranza che si ricordino di tenerla in frigo. E il trucco è in quel "Good" messo prima. Senza quello il risultato sarà del tutto scadente.

Zàijiàn

04 luglio 2010

L'illusione delle certezze

Pochi cazzi è una questione di certezze. La gente pensa che le certezze siano l'impalcatura della propria vita. Stronzate. Le certezze sono la cortina fumogena, il drappo pesante della tenda doppia, i vetri posteriori oscurati, il lavoro certosino del chirurgo plastico. Le certezze sono l'illusoria verità non vera di questi tempi di merda che stiamo vivendo.

La falsa tranquillità di una vita in precario equilibrio sulla realtà delle cose. I suv da venticinquemila euro, con dentro quattro aifon per raccontare che si cara c'è un traffico della madonna e pensa che poi parlano di crisi. L'ombrellone sulla spiaggia appiccicato ad altri quattro, che al pomeriggio la tua ombra se la ciucciano due file più in là. I racchettoni giocati con i piedi a mollo sul bagnasciuga con fare atletico. Dove cazzo sono finiti i tamburelli? Rivoglio i tamburelli, adesso qui subito. Me ne fotto che non vadano più di moda. Rivoglio la complessità della pelle di pecora vera, tirata da due circonferenze di legno contrapposte, la sicurezza della maniglia rossa e del "toc" consapevole come il rullante di una batteria.
Tenetevi pure quei due pezzi di finto legno, stampati nel guangdong al costo di undici centesimi alla coppia, e rivenduti sulle spiagge italiane a dieci euro. Io rivoglio i tamburelli. Io rivoglio la coppa del nonno, da spappolare con il cucchiaino di plastica e non l'espresso zero o come diavolo lo han chiamato, già spappolato. Io rivoglio la piadina vera e non quella con la sottiletta. Io rivoglio le “svizzere”, gli hamburger dateli agli americani, ignoranti e obesi. Io rivoglio l’insalata croccante e non quella in busta che puzza di piedi. Io rivoglio i politici della prima repubblica ladri e puttanieri ma con il senso del limite, e non quelli di oggi senza neanche l'illimite della decenza di farselo mettere in culo in festini sotto il ponentino romano. Io rivoglio la paura della responsabiltá, e non l'indecenza del cazzomenefrega. Io rivoglio la consapevolezza dei dubbi e non l'illusione delle certezze.

Io vivo con una valigia di dubbi, e un paio d’armadi a casa per farne il cambio. E non venitemi a raccontare che la colpa è dei media, dei giornali, della televisione della cultura. Cazzate. Quelli sono prodotti. E i prodotti seguono la domanda. I casi in cui sia l’offerta a fare il mercato sono talmente rari che potete contarli sulle dita di una mano di un falegname. E’ tutto più semplice, ve lo dico io, siamo solo meno intelligenti e un filino più coglioni di una o due generazioni fa. Tutto qui. Siamo una generazione con il bisogno di apparire, di farsi notare, di farsi osservare. Il resto è nulla indifferenza, falsa realtà, certezze appunto.

Come le Svizzere ma più buone


Passa una pubblicità con tre sorci dalle vocette schizzofreniche che con il binomio caldo afoso, potrebbero strappare, un paio abbondanti di idee omicide anche al parroco del paese. Matti mi guarda, e io lo guardo, non è che ci voglio andare, mi fa ma è che mi andrebbe di mangiare quei panini con dentro la carne le patatine e…Lo mando a letto senza promesse, solo dubbi, nessuna certezza.


Mi sveglio alle quattro, sai che novità e attacco ad impastare, obiettivo i panini di Adriano ma più grandi. Alle otto sono dal mio macellaio: 150 gr di coscio di pollo disossato e 150 gr di petto, 300 gr. di capocollo di maiale, e 300 gr di polpa di spalla di agnello. Un paio di fette di pancetta fresca per compensare la poca grassezza di agnello e pollo. Dalla fruttarola: un peperone rosso da fare arrosto nel forno, 3 carciofi i cui cuori affettai salteranno in padella, e una patata grande da bollire e lasciare a metà cottura. A casa macino le carni lasciandole separate, le salo e pepo, incorporo le verdure nei binomi assoluti: maiale-patate, agnello-carciofi, pollo-peperoni. Profumo il maiale con un trito di rosmarino e timo, la maggiorana per l’agnello e la salvia per il pollo. Uno spicchio d’aglio per tutta la carne o più se vi piace. Il risultato è la verità assoluta: le Svizzere sono meglio della pubblicità.


Che fortuna essere in un posto "fuori dal mondo"