25 maggio 2010

Troppo presto

A volte mi vengono delle idee strane. Capita no ?!
Ecco l’idea strana della settimana scorsa era far scrivere il post a LUI
Lui, la cui presenza, forse più di altri, aleggia in questo blog. Ho iniziato per tempo l’opera di convincimento, in pratica ad ogni occasione in cui ci siamo sentiti la scorsa settimana lo invitavo a pensare al piatto, precedentemente richiesto, preparato e mangiato, e a cosa scrivere.
In fondo, in fondo, pensandoci bene, altro non era che una sorta di domanda indiretta, inconscia: cosa pensi di tuo padre? Ricerca di una certezza che piano, piano senti affievolirsi. Quella strana sensazione che hai guardando crescere un figlio, una sorta di cronometro, sul cui display i numeri volano verso lo zero. Lo zero rappresentato da quel momento in cui il bambino lascerà il posto all’adolescente, con tutte le conseguenze del caso. La prima: la solitudine di genitore, alle dimostrazioni di affetto che normalmente un bambino produce, e che un adolescente no.
Non basteranno più i saluti sussurrati all’orecchio alle quattro del lunedì mattina, quando fuori non è buio, è notte fonda. Il ripetere “ti voglio bene” fino a che nel dormiveglia provocato, non arrivi quel flebile “anch’io”. Arriverà il momento in cui invece di “ti voglio bene ! ti voglio bene ! ti voglio bene ! ti voglio bene ! “ mi limiterò ad una arruffata di capelli, ad un ciao timido e sussurrato per paura di svegliarlo, come oggi faccio nella camera a fianco. Gesti diversi per esprimere lo stesso identico sentimento.

E quindi mi son buttato in questa cosa convinto e convincente, o almeno ero convinto di convincere. Per un po’, lui sempre lui, mi ha detto che si vergognava che non sapeva cosa scrivere. E io ad insistere. Poi ha iniziato a dirmi che ci stava pensando, che ci stava ragionando ecco mi ha detto proprio “ci stavo ragionando proprio mentre mi hai chiamato.”
Alla fine della settimana verso giovedì, forse venerdì scorsi, l’incertezza e i dubbi hanno iniziato a scomparire all’orizzonte, ha iniziato a rispondere alle mie domande anche insistenti “Si, si, ci ho pensato tutto a posto. Ti passo mamma ?”
Mi sentivo soddisfatto quasi orgoglioso, avevo portato Matti, il piccolo Matti, Spaccabal a scrivere i suoi pensieri ciboaffettivi.
La domenica l’ho portato nel mio studio, gli ho aperto la videata e gli ho detto scrivi quello che pensi del piatto che hai mangiato, delle cose che mangi e di tutto quello che ti passa per la testolina che hai. Mi ha guardato un po’ come ti guarderebbe un bambino che deve far pipì ad un angolo di strada. Uscendo ho pensato che un bambino di nove anni per scrivere un “temino” avrebbe impiegato un’oretta. Ho fatto in tempo a sedermi sul divano che mi è passato davanti il pollice alzato a farmi “OK” ed è scomparso in giardino...

Mi presento, sono Matteo, il figlio di Marco, Loste della Colica. Vengo chiamato ragazzo C, e sono qui per raccontarvi la più squisita ricetta di mio padre.

Norma(lmente) diversa


Si. Ce l'ho anch'io quella leggera sensazione di presa per il ...

Comunque se volete fare una pasta conquistabambino che ne accontenti 4 (magari anche grandicelli)preparate tante polpettine, con 300 gr di polpa di manzo, mollica di pane bagnata nel latte, 1 uovo, prezzemolo sale e pepe. Friggete le polpettine in olio evo, e tenete da parte. Friggete due melanzane medie fatte a tocchetti, anch'esse in evo, lasciate precedendemente a spurgare nel sale, e infarinate.
Lessate la pasta, io ho usato un rigatone "Felicetti" scolatela 3 minuti prima della cottura al dente. Disponetela in un ring con una fetta di melanzana fritta, condite con una salsa base di pomodoro profumata la basilico, che si deve infilare dentro ai rigatoni. Aggiungete un cucchiaio raso di parmigiano grattugiato, miscelato al 50% con pangrattato, sopra disponete una cucchiata abbondante di ricotta buona.
Ripassate al grill per una decina di minuti, poi aggiungete le polpette e le melanzane a tocchetti e rimettete al grill per gli ultimi cinque minuti.


Ne acchiappa più la forchetta che la penna !!!


Se proprio non volete diventar matti (non Matti) a far ring e impattate complicate, potete prepararla anche così.



E voi ce lo avete il dubbio che qualcuno vi diventi grande ?!

16 maggio 2010

Il coraggio ritrovato

Ninna nanna, ninna oh
'sto monello a chi lo do

Ho detto a Matti che è ora di andare a dormire e mia zia ha iniziato a canticchiare. Quante volte avrò sentito cantare questa filastrocca? Quante volte l'ho cantata ai miei figli. Sdraiato al loro fianco per farli addormentare, la mia mano sui loro occhi, respirando il loro respiro. É liquida questa filastrocca, come un ruscello che scorre nel bosco. Mi si
srotola davanti, mentre la canticchio penso alla strofa successiva, alla paura che da bambino avevo nel buio della notte.

Ninna nanna, ninna oh
'sto monello a chi lo do
Lo daremo alla befana,
che lo tenga una settimana.

Una vecchia befana, brava solo una volta all'anno quando portava i regali, per il resto dell'anno pronta a portarti via per una settimana intera. Poi arriva colui che ho sempre immaginato con la barba bianca. L'immagine di una pagina di sussidiario dove il passaggio tra il 31 dicembre e il 1 gennaio era raffigurato da un vecchio con la barba bianca che se ne va, e un bambino che resta li a rappresentare il nuovo anno che arriva.

Ninna nanna, ninna oh
'sto monello a chi lo do
Lo daremo alla befana,
che lo tenga una settimana.
Lo daremo all'omo bianco
che lo tenga tanto, tanto.

Ma la paura più grande mi arrivava con la penultima strofa. Lì c'era quello che oggi è l' immaginario collettivo del male ai bambini. Internet, i pedofili, i pazzi che vagano senza esser fermati. Un' anno intero, come i rapimenti sull' Aspromonte. Mi raggomitolavo sotto le coperte e speravo no... speriamo che non tocchi a me.

Ninna nanna, ninna oh
'sto monello a chi lo do
Lo daremo alla befana,
che lo tenga una settimana.
Lo daremo all'omo bianco
che lo tenga tanto, tanto.
Lo daremo all'omo nero
che lo tenga un anno intero

L'omo Nero



Per la bisque
Un soffritto fatto a dadolata di sei carote, un porro, una cipolla e un cuore di sedano. Ho fatto andare in olio evo: 3 cucchiai e in una noce di burro di 30 gr.. Rosolate bene le verdure, ho aggiunto la punta di un cucchiaino di concentrato di pomodoro. Ho messo dentro sedici scampi, avendo diviso la testa dalla coda. Rosolato per un paio di minuti e sfumato con mezzo bicchiere di cognac e mezzo bicchiere di vino bianco. Ho lasciato andare per qualche minuto, poi ho recuperato le code e tenute da parte. Ho fatto alzare il bollore, aggiungendo poca acqua bollente se serviva. Ho spento e lasciato raffreddare.Ho recuperato le teste dei gamberi e in un mortaio capiente ho pestato il tutto. Ho allungato con poco brodo di verdure bollente, filtrato e incorporato alla bisque. Ho passato il tutto con un frullatore ad immersione, riportato a bollore e ridotto, salato e pepato.

Per la sfoglia:
Impastate 2 uova con 200 gr di farina "0", un pizzico di sale e una confezione di nero di seppia. Preparate l'impasto e lasciate riposare almeno mezz'ora in frigo.

Per la farcia del tortello:
questa volta ho usato 150 gr di filetto di branzino, 150 gr di code di scampi, il tutto passato al mixer. Ho insaporito con pepe, sale, noce moscata e la buccia grattugiata di un limone.

Ho tirato la sfoglia e fatto dei tortelli di media grandezza.

Servito con code si scampi e punte di asparagio cotte al vapore.



Come finiva, o com'è, questa filastrocca dalle vostre parti ?

09 maggio 2010

NiiiiK!T

„Nicht berühren, kleines Baby!“

Il “Nicht” mi fa saltare sul posto dallo spavento. Ha un tono altissimo quasi gridato, ed è lungo: “Niiii …” talmente lungo che per un attimo pensi: “E adesso ?!”. Poi arriva “..cht”. Ma non è proprio così come te lo immagini “…cht”, è più “..KT” l’acca è sparita e la ci è un cappa. Il tutto diventa un “NiiiiKT !” anzi forse addirittura un “NiiiiK!T” talmente è rapida la chiusa della parola. Il resto non serve, basta “NiiiiK!T” a bloccare la mano di Matti allungata verso un pezzo di mela. Mi guarda con quegli occhioni e mi chiede “Perchéèè” un’espressione triste, lo sguardo piagnucolante e le “èè” strascicate. Lui non sa il tedesco e non serve tradurgli la frase. Bastato è il “NiiiiK!T”. Ha capito che quel pezzetto di mela avanzato non sa da toccare.

E’ voluto venire con me mentre lo chef di questo ristorante altoatesino mi ha invitato nella sua cucina a spiegarmi il mondo dello Strudel. E' nato tutto un po' per caso, la sera prima faccio un paio di domande, probabilmente ben fatte, e dopo le risposte lo chef mi chiede se per caso siamo colleghi. No non mi permetterei, ma spiego la mia passione e si parla, "mi fenga a trovare domani pomegriggio, dopo lo sciato". Ma al pomeriggio, dopo lo sciato, "Spaccabal" non mi molla, lo porto con me: però stai buono, stai fermo, stai composto, non parlare, non toccare, non piagnucolare, e non dire che hai fame. "Tutto insieme, non devo fare papà ?!"
In effetti quando ho chiesto se potevo portarlo, lo chef, non era molto convinto e di fronte alla mia rinuncia a partecipare a questo incontro, alla fine ha acconsentito.

Ma ora ha allungato quella mano, congelata da quel “NiiiiK!T” E ce ne siamo tutti pentiti. "Ma neanche un pezzo di mela posso mangiare ?!" Pare di no. Con gli occhi mi sforzo di fargli capire che non si può, che deve abbassare la mano, che dopo gli faccio far merenda, agli occhi aggiungo mimiche facciali che neanche Marcel Marceau e Joséphine Baker messi assieme riuscirebbero a fare altrettanto. Mi guarda, tra il sorpreso e l'incompreso: "Eeeeh ?!..." mi chiede "Voglio la mela !!!" E va bè allora lasciamo stare, uno può essere anche un artista, ma se non c'è feeling.

Intanto alle mie spalle si è materializzato lo chef altoatesino, quello del "NiiiK!T", lo sguardo serio, un coltello da cucina in mano, che passa e ripassa nello strofinaccio appeso al grembiule. Addirittura ! Si allunga oltre di me, che faccio scudo con il mio corpo di genitore, di padre. "Permesso, mi scusi" Allunga un braccio verso Matti, verso il banco, verso la sua testa di capelli arruffati. Tutta la vita mi passa davanti, ora gli blocco il braccio con il coltello, cadiamo in una lotta all'ultimo respiro, è più grosso di me e maneggia meglio la lama, ma io ho la forza del padre. Lo blocco a terra con le ginocchia sulle sue braccia mentre gli assesto un colpo di kungfu in piena faccia .

"Eh mi scusi", dice ancora. Mi spinge di lato si allunga sul banco a prendere una teglia che il suo assistente, gli passa , calda di forno.
"Non defi manciare mela. Mancia Struutel" taglia veloce una fetta e l'allunga a Spaccabal.

Strudel di agnello e patate


Per questa preparazione ho usato una variante della "pasta tirata" sostituendo a l'olio lo strutto, e quindi impastate 150 gr di farina 00, 80 gr di acqua tiepida, un cucchiaino di strutto, un pizzico di sale e un cucchiaino di aceto o vino bianco. Una volta ottenuta la massa lasciatela riposare in frigo. Intanto scottate in una padella calda e con un filo d'olio, un carrè di agnello: rosolatelo bene bene, da tutte le parti e poi lasciatelo raffreddare. Preparate una sorta di rosti con un paio di patate schiacciate, un uovo intero, profumando con erba cipollina, sale e pepe. Cuocete il rosti in padella con un filo d'olio, poi lasciate raffreddare.


Componete lo strudel stendendo la pasta sottile, una volta stesa spennelatela con olio evo, cospargete la pasta con un paio di cucchiai di pane grattato. Disponete il rosti e sopra di esso il carrè di agnello che avrete imburrato e poi insaporito con un trito di timo, rosmarino, sale e pepe. Chiudete bene lo strudel poi infornate a 180° per 20 minuti finché non diventa bello dorato.



"Pampino in cucina è pericoloso !" Lo so anche in quella mia !

04 maggio 2010

Il tempo del mare

Penso che sia lo stesso profumo che avrò sentito più di trenta anni fa. Socchiudo gli occhi e respiro. Si è lo stesso profumo, ne sono sicuro.

Mi lascio alle spalle quella che qui tutti chiamano la piazzetta. Mi infilo tra due baracche, ma che qui poi, sono i ristoranti di questa piazza. Mi affaccio sull'insenatura che questo pugno di terra fa nel mare. Una spiaggia di ciotoli tondi e grigi, una spuma leggera che si infrange sulla riva, più in là il Conero si tuffa nel mare; oltre, nascoste alla vista, le "due Sorelle". Si il profumo è lo stesso: salsedine, legno ammuffito, e poi ogni tanto, seguendo le bizze di un venticello leggero, un profumo di cucina di mare.
Arruffo i capelli di Matti che tenta di far saltare i sassi sul pelo dell'acqua, i "plooff" sordi dei tonfi si susseguono uno via l'altro. Belli 'sti sassi ma troppo rotondi, belli, ma non per saltare sull'acqua. Più in là la figura alta di Leo, che passeggia sul bagnasciuga, mi da le spalle, forse giochicchia con il telefonino o forse è perso anche lui nei suoi pensieri.

Avevo la sua stessa età quando venni qui la prima volta, gli stessi pensieri di un adolescente al secondo ragioneria. La primavera era arrivata da un pezzo, quella primavera che ti fa tornare ad infilare le polo a maniche corte anche se la mattina hai la pelle d’oca. Un mese prima le brigate rosse avevano ucciso Aldo Moro, la scuola si stava consumando nel sole di un’estate imminente. Era andata. Giusto un paio di materie a settembre, forse diritto e qualcos'altro, chi si ricorda più. Tra scioperi, manifestazioni e motivi familiari, non avevo più fogli nel libretto delle giustificazioni. Ma andai lo stesso, andava tutta la classe, andava tutta la scuola e anche qualche professore, c’era il seghino di fine anno. Ma si ! “far sega”, “schissare”, “far tappa”, “far buca”, marinare la scuola insomma, su quell'angolo di mare, su quell'angolo di spiaggia.

Non ricordo come ci arrivai, di quella giornata ho pochi ricordi: gli amici che mi prendevano in giro perché non sapevo nuotare, il terrore di venir scoperto dai miei genitori, le ragazze della classe: più carine de solito e irraggiungibili come sempre. I ciotoli che mi facevano male ai piedi e le scarpe da ginnastica fuori luogo nel costume poco alla moda.
Ricordo che pranzammo su quei sassi, piatti di carta e una pasta che con il pesce io non avrei mai immaginato. Un vecchio pescatore che lavorava per “Anna”, e che se ne stava a crogiolarsi al sole, mi parlò del “Trave”, uno dei pochi posti dove i "moscioli" nascono naturalmente, non allevati. “Ai da rrivà fino al casotto, poi camini sul trave, ma ai da ‘sta tento !Che te ritrovi a culo puzzò ‘nte momento”

E quel profumo, quel leggero sentore di mare e di sugo che torna, e poi fugge mi scappa lontano. Passammo lì anche il pomeriggio perduti in chiacchiere futili e senza senso. Fumai un paio di sigarette, forse le prime. Restai per lo più in silenzio senza storie mirabolanti da raccontare. Ascoltai. Gli amici parlavano di musica impossibile per me, roba importata dalla “Baia degli Angeli”, e io mi sentivo indietro, piccolo, magari anche lontano, cos’era la Baia degli Angeli? Io che avevo un mangiacassette sfigato e poche cassette da infilarci. E ogni tanto quel venticello bastardo, riporta quel profumo, talmente labile che non sai se sia vero o sia frutto dell’immaginazione. Mi ricordo di Roberto, di Daniele, sembravano più grandi di me, più scafati, intraprendenti, e io un bambino fuori luogo.

Metto una mano sulla spalla di Leo e con lo sguardo gli chiedo come va. Sorride, e ammicca sicuro, quasi grande oramai. Matti geloso infila la testa tra il fianco e il mio braccio, gli arruffo i capelli, e restiamo così, su questa spiaggia di sassi, in silenzio. Di fronte allo stesso mare di trenta anni fa, il Conero immobile in quel tuffo infinito, e là sotto, il casotto Fattorini dove comincia il trave. E quel profumo, quel profumo che torna leggero e sottile, quel profumo di :

Boccolotti con le seppie e i moscioli de Portonovo


I boccolotti sono un rigatone corto, una sorta di pacchero corto con il diametro di un rigatone, mi son spiegato? Fa niente.

Allora fate così: prendete dei pomodori rossi e dolci, dei piccadilly vanno benissimo, togliete la buccia immergendoli per 30 secondi in acqua bollente, dopo aver praticato un'incisione a stella sul vertice. Una volta spellati, togliete i semi e metteteli a cuocere a fuoco lento, in una casseruola . Lasciate che l'acqua si assorba quasi del tutto. Ora passateli con un mixer fino ad ottenere una salsa densa, salate. A parte fate soffriggere in poco olio evo uno spicchio di aglio e appena l'olio sarà caldo tuffateci due seppie di media grandezza, che avrete pulito e fatto a striscioline sottili, Lasciatele rosolare ben bene e poi aggiungete qualche cucchiaio di salsa di pomodoro. Fate cuocere a fuoco basso e coperto, e man mano che la salsa si assorbe e restringe, aggiungete ancora, fino a che le seppie non risulteranno belle tenere, un ventina, trenta minuti basteranno. A parte dopo averle pulite, mettete su una padella bella calda i "Moscioli di Portonovo": le cozze. Le cozze di Portonovo, non è tanto per dire, ma vi garantisco che sono diverse, sono un'altra cosa, mi spiace ma è così. Le lasciate aprire e poi fermate il fuoco. Lessate la pasta e cavatela al dente, saltatela in padella con il sugo, e a questo punto aggiungete i moscioli sgusciati. Servite con un filo d'olio, un macinata di prezzemolo, e un cucchiaino di polvere di pomodoro.

Per la polvere di pomodoro: mettete le bucce dei pomidoro, che avete pulito precedentemente, su di una teglia ricoperta di carta forno, lasciatele seccare in forno a 105° per circa un paio d'ore. Quando risulteranno belle secche passatele al mixer, fino a riduerle in polvere.


Ci siete mai stati a Portonovo ?